Aborto (legge n.194/1978) e morale religiosa cattolica

Aborto (legge n.194/1978) e morale religiosa cattolica

Un tema, da sempre acceso tra sostenitori e non, è quello dell’interruzione della gravidanza che, ormai dal 1978, vede la materia tipizzata all’interno della legge n. 194.  Ma ci siamo mai chiesti che rapporto avesse questo tema con il culto cattolico?

Analizzando, dapprima, i rapporti di tale pratica con il culto cristiano è possibile evincere come anche all’interno della stessa Chiesa non sempre si è converso su di uno stesso punto. In generale, sulla base di riferimenti scritturali, la vita è un dono di Dio e dunque all’uomo non è dato disporne.

Così, Papa Giovanni Paolo II ha spiegato, nell’enciclica Evangelium Vitae (dal latino “Vangelo della Vita”), la posizione che la Chiesa assume rispetto a tale pratica. In particolare, al numero 58 dell’enciclica, rubricato con l’inciso “Delitto abominevole dell’aborto” si spiega come “Fra tutti i delitti che l’uomo può compiere contro la vita, l’aborto procurato presenta caratteristiche che lo rendono particolarmente grave e deprecabile. Il Concilio Vaticano II lo definisce, insieme all’infanticidio, «delitto abominevole». […] L’accettazione dell’aborto nella mentalità, nel costume e nella stessa legge è segno eloquente di una pericolosissima crisi del senso morale, che diventa sempre più incapace di distinguere tra il bene e il male, persino quando è in gioco il diritto fondamentale alla vita”, per questa ragione l’aborto procurato viene definito come “l’uccisione deliberata e diretta, comunque venga attuata, di un essere umano nella fase iniziale della sua esistenza, compresa tra il concepimento e la nascita”.  

Maggiori aperture, invece, nella dottrina insegnata da Papa Ratzinger che in una nota emessa dalla Congregazione per la Dottrina della fede, da lui presieduta, afferma che è lecito eseguire l’asportazione dell’utero, nel solo caso che il suo danneggiamento (in seguito al parto, per esempio) rappresenti un grave pericolo attuale per la vita o la salute della donna.

Anche Papa Bergoglio, ormai noto per essere un anticonformista, durante il giubileo del 2016 concesse a tutti i preti del mondo la facoltà di assolvere le donne che hanno abortito, conoscendo bene i condizionamenti che le hanno portate a questa decisione e che “Il perdono di Dio a chiunque è pentito non può essere negato, soprattutto quando con cuore sincero si accosta al sacramento della confessione per ottenere la riconciliazione con il Padre”.

La vita di ogni essere umano è un bene indisponibile per l’uomo e questi è chiamato a difenderla dal concepimento alla morte naturale e alla stessa stregua i cosiddetti metodi di contraccezione d’emergenza, che impediscono l’annidamento del concepito nell’utero materno, vengono considerati abortivi perché impediscono lo sviluppo iniziale della vita del nascituro.

Nonostante il nostro sia uno Stato “laico” ancora oggi molti sono i punti di contatto, soprattutto in campo medico, con il divino.

Si veda, ad esempio, come i richiedenti l’abilitazione all’esercizio della professione ostetrica debbano effettuare il cd. “giuramento di Lucina, una divinità della mitologia romana considerata la dea del parto, prima dell’effettivo svolgersi della professione; o, magari, il cd. “giuramento di Florence Nightingale, cui sono tenuti i neo-infermieri prima di essere inseriti nell’albo professionale, che inizia con l’inciso “Prometto davanti a Dio, in presenza di questa assemblea, di vivere degnamente e di esercitare fedelmente la mia professione […]”, quindi, nettamente eversivo dell’asse laico che caratterizza il nostro ordinamento.

Si pensi, inoltre, a come si sia giunti, soltanto nel 2014, alla revisione del giuramento di Ippocrate (cui sono tenuti ad effettuare i medici prima dell’inizio della professione) che invocava diverse divinità greco-romane.

Storicamente la Chiesa si è mostrata reticente anche nei confronti di altre pratiche eversive degli ideali ecclesiastici come, ad esempio, la procreazione medicalmente assistita o l’eutanasia.

Per la procreazione medicalmente assistita, inizialmente, il «no» cattolico era motivato soprattutto dalla tesi che questo sistema di procreazione non è «naturale», ovvero non avviene secondo «le leggi immutabili» stabilite dal creatore, con le quali è peccato mortale interferire.

La successiva introduzione e diffusione della fecondazione in vitro ha scatenato la Chiesa cattolica anche su un secondo versante: quello del congelamento e della distruzione degli embrioni prelevati in soprannumero allo scopo di aumentare le possibilità di riuscita della fecondazione. Per il Vaticano l’embrione è equiparabile a una persona umana, pertanto la fecondazione in vitro è equiparabile all’aborto procurato.

La Chiesa cattolica, inoltre, è schierata nettamente contro l’eutanasia, considerando tali pratiche equivalenti all’omicidio o al suicidio.

Interventi legislativi statali in materia di aborto

Il compito di prestare attenzione al mutamento dei valori, o alle esigenze particolari di nuove culture è primariamente del legislatore, ma, di certo anche della Corte costituzionale, delle magistrature di merito e dell’attività amministrativa.

Alla fine degli anni ’60 vi fu l’esigenza di prevedere alcuni nuovi diritti realizzando un processo di svecchiamento istituzionale, introducendo, tra i tanti, il diritto all’interruzione alla gravidanza e l’istituzione dei consultori familiari.

Il Consultorio Familiare è un servizio che si occupa della promozione e della tutela della salute della donna, dei giovani e della coppia. Al suo interno si svolgono servizi di sostegno alla genitorialità, di assistenza alla famiglia, alla maternità e paternità consapevole, all’educazione sessuale e alla contraccezione per i giovani.

È un servizio pubblico e gratuito rivolto alle donne, alle coppie, alle famiglie ed ai giovani con servizi e consulenze relativi a metodi contraccettivi, applicazione della legge 194/1978, supporto all’affido e all’adozione nazionale ed internazionale e consulenza psicologica, ginecologica e ostetrica.

Analizzando più da vicino, invece, la legge sull’interruzione della gravidanza, questa permise di sopperire alle pratiche clandestine dell’aborto e senza adeguata protezione ed inserendosi nel contesto di un nuovo valore morale: la tutela della maternità consapevole. Fu superata la visione del pensiero unico cattolico in materia di maternità, in favore del riconoscimento del diritto di scelta dei genitori. Implicitamente si prendeva atto che la sessualità non è esclusivamente finalizzata alla procreazione della prole, ma appartiene al mondo delle pulsioni umane legittime e non da regolare per legge.

La normativa consente di abortire entro un determinato lasso di tempo dal concepimento, superato il quale l’aborto è possibile solamente se terapeutico, cioè se giustificato dalle condizioni di salute della donna. Fuori da queste ipotesi, l’aborto costituisce reato (ex artt. da 545 a 548 c.p); allo stesso modo, abortire al di fuori delle strutture sanitarie o con metodi non approvati costituisce ugualmente un illecito.

Pertanto, alla gestante è consentito abortire entro i primi novanta giorni dal concepimento qualora ritenga che vi siano circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione anche alle sue condizioni economiche, sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito. Sostanzialmente, è ammissibile anche per un mero “capriccio” della donna.

Trascorsi i 3 mesi, si può ricorrere all’interruzione volontaria della gravidanza solamente nel caso in cui il parto o la gravidanza stessa possano mettere a repentaglio l’incolumità psico-fisica della madre. Ovviamente, in quest’ultima ipotesi, il rischio per la salute in cui può incorrere la donna deve essere accertato.

Se la donna è di età inferiore ai diciotto anni, per l’aborto è richiesto l’assenso di chi esercita la responsabilità genitoriale o di chi ne fa le veci; nei primi novanta giorni, quando vi siano seri motivi che impediscano o sconsiglino la consultazione dei genitori, oppure questi, interpellati, rifiutino il loro assenso o esprimano pareri tra loro difformi, il consultorio, la struttura socio-sanitaria o il medico di fiducia presso cui si è rivolta la donna, interpella il giudice tutelare territorialmente competente affinché prenda una decisione.

Il giudice tutelare, entro cinque giorni, sentita la donna e tenuto conto della sua volontà, delle ragioni che adduce e della relazione trasmessagli dal consultorio o dalla struttura medica, può autorizzarla, con atto non soggetto a reclamo, a decidere per l’interruzione della gravidanza. In poche parole, se la madre ritenga non opportuno mettere a conoscenza dei propri genitori del suo stato di gravidanza, oppure se questi ultimi prendono decisioni contrastanti, sarà il giudice tutelare a decidere se accogliere o meno la richiesta di aborto.

Ai fini dell’interruzione della gravidanza dopo i primi novanta giorni, indipendentemente dall’assenso di chi esercita la responsabilità genitoriale o la tutela, alla minore degli anni diciotto può essere praticata l’interruzione di gravidanza quando vi sia un imminente pericolo di vita per la stessa.

La legge, per evitare pericolosissime interruzioni di gravidanza fai-da-te, ha stabilito che l’aborto possa essere praticato solamente negli ospedali e nelle strutture sanitarie dotate di servizio ostetrico-ginecologico. Secondo la legge, il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie (es. infermieri) non è tenuto a prendere parte agli interventi per l’interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza con preventiva dichiarazione.

In ogni caso le ASL, al fine di assicurare il servizio pubblico, devono individuare nei loro organici, l’assunzione di personale qualificato non obiettore.


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Francesco Di Iorio

Francesco Di Iorio, autore di diversi articoli per Salvis Juribus, collabora con la rivista sin dall'anno 2020. Laureato in Giurisprudenza con voto 110/110. Appassionato di Diritto Costituzionale, presenta la sua tesi dal titolo "Discriminazioni di genere: giurisprudenza costituzionale ed evoluzione normativa". Praticante notaio dal febbraio 2021, sta approfondendo i suoi studi nelle materie tipiche concorsuali presso una Scuola notarile in Roma.

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