Abuso del diritto e legittima difesa

Abuso del diritto e legittima difesa

IL DIVIETO DI ABUSO DEL DIRITTO

L’art. 7 del progetto definitivo del codice civile del 1942 prevedeva che “nessuno può esercitare il proprio diritto in contrasto con lo scopo per il quale il diritto gli fu riconosciuto”. La norma, tuttavia, fu espunta dal testo e ad oggi il sistema codicistico italiano non contiene una generale previsione del divieto di abuso del diritto. Ciò nonostante, la giurisprudenza maggioritaria ritiene vigente, nel nostro ordinamento, un principio generale alla stregua del quale nessuno può esercitare un proprio diritto in contrasto con lo scopo per cui tale diritto è stato riconosciuto o per finalità che eccedano i limiti stabiliti dalla legge. Ogni diritto pertanto – oltre ai limiti specifici dettati dalla norma attributiva – conosce un limite generale al suo concreto esercizio, oltrepassato il quale si configura l’abuso.

La giurisprudenza di legittimità, compiendo uno sforzo interpretativo, ha individuato gli elementi costitutivi del divieto di abuso del diritto:

  1. La titolarità di un diritto soggettivo;

  2. La possibilità di esercitare il diritto secondo una pluralità di modalità;

  3. La scelta di una modalità censurabile di esercizio del diritto da parte del titolare, che ecceda i limiti stabiliti dalla legge o che in concreto contrasti con lo scopo per il quale tale diritto è stato riconosciuto, realizzando una sproporzione ingiustificata tra beneficio del titolare stesso ed il sacrificio cui è costretta la controparte.

Tradizionalmente, tale principio ha trovato applicazione in campo civilistico: tuttavia, il suo carattere generale, consente di rinvenirne applicazioni anche in capo penale.

LA SCRIMINANTE DELLA LEGITTIMA DIFESA

Ne è un chiaro esempio la scriminante della legittima difesa, disciplinata dall’art. 52 c.p., a norma del quale “non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa”. Con la scriminante in discorso, il legislatore riconosce all’aggredito il diritto di autotutelarsi mediante una reazione difensiva. Perché tale difesa sia legittima – e dunque scriminata – tuttavia, è necessario che la stessa si muova entro i limiti tipizzati dalla norma, superati i quali si configura l’abuso del diritto, con le conseguenze che si vedranno oltre.

I LIMITI DELLA LEGITTIMA DIFESA

Quanto ai limiti entro i quali la difesa può dirsi legittima viene in rilievo, in primo luogo, il pericolo attuale di un’offesa ingiusta ad un diritto proprio o altrui. L’offesa ingiusta deve intendersi come offesa non iure, ossia prodotta in assenza di qualsiasi norma volta ad imporla o autorizzarla.[1] Oggetto dell’aggressione può essere qualunque diritto, da intendersi lato sensu come situazione soggettiva giuridica attiva, comprensiva dunque dei diritti potestativi e degli interessi legittimi.[2] Quanto ai diritti propriamente detti, va pacificamente riconosciuta tutela a tutti i diritti personali ed anche a quelli patrimoniali.[3]

Perché si configuri la scriminante in discorso non è necessaria la realizzazione dell’offesa, ma è sufficiente il pericolo della stessa. Tale pericolo, tuttavia, deve essere attuale e cioè, secondo dottrina e giurisprudenza, imminente e persistente. E’ imminente il pericolo incombente al momento del fatto; quanto al pericolo persistente, si tratta dei casi in cui l’aggressione, già iniziata, non si è ancora conclusa, rendendo così necessaria una reazione al fine di scongiurare la protrazione dei suoi effetti dannosi.[4]

Ulteriore requisito necessario per il configurarsi della scriminante in questione, è costituito dalla necessità di difendersi, che si verifica quando il pericolo non può essere evitato altrimenti. In altri termini, la difesa del diritto deve risultare impossibile se non attraverso la reazione difensiva posta in essere, non sostituibile con un’altra parimenti efficace ma meno dannosa. La reazione difensiva, peraltro, deve essere proporzionata all’offesa minacciata. Tale caratteristica, secondo la dottrina, ha funzione riequilibratrice dei contrapposti diritti costituzionalmente tutelati:[5] la scelta tra le possibili modalità di esercizio del diritto, infatti, può essere censurata quando, alla luce di una valutazione comparativa, vi sia una ingiustificata sproporzione tra reazione dell’aggredito e sacrificio del bene dell’aggressore.

RIMEDIO A FRONTE DELL’ABUSO DEL DIRITTO

Nel caso in cui i limiti ora elencati vengano oltrepassati, l’ordinamento reagisce mediante il rifiuto di tutela. In altre parole, la sanzione giuridica all’abuso del diritto consiste nell’impedire all’autore del comportamento abusivo di conseguire il vantaggio che discende dalla concreta modalità di esercizio del suo diritto. In siffatte ipotesi, pertanto, la scriminate della legittima difesa non potrà trovare applicazione e il fatto tipico realizzato mediante la reazione difensiva, di conseguenza, sarà punibile.


[1] MANTOVANI, Diritto penale, 269.

[2] GAROFOLI, Manuale di diritto penale, 661.

[3] VIGANO’, in DOLCINI – MARINUCCI, Codice penale commentato, 467.

[4] GAROFOLI, op. cit., 663.

[5] FLORA, Brevi riflessioni sulla recente modifica dell’art. 52 c.p.: il messaggio mass mediatico e il vero significato della norma, in Riv. it. Dir. e proc. pen. 2006, 02, 461.


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