Accesso documentale e accesso civico in materia di appalti pubblici

Accesso documentale e accesso civico in materia di appalti pubblici

T.A.R. Toscana, 17 aprile 2019, n° 577

Il T.A.R. Toscana, con sentenza n. 577 del 17 aprile 2019, ha statuito un rilevante principio di diritto in tema di accesso documentale e civico nella delicata materia degli appalti pubblici.

Il Consesso Amministrativo principia affermando che in materia di appalti pubblici, complice la laconicità del quadro normativo, la giurisprudenza non ha fin’ora espresso un univoco orientamento in ordine al rivoluzionario istituto dell’accesso civico generalizzato, sollecitando indirettamente, per certi versi, il legislatore a fare chiarezza.

Si è trattata, tuttavia, di un’ulteriore occasione con la quale il G.A. ha specificato, anche in materia di appalti, il diverso ambito applicativo e il diverso grado di profondità dell’accesso documentale (art. 22 e ss.gg. legge 241/1990), accesso civico semplice (art. 5, comma1, d.lgs. 33/2013) ed accesso civico generalizzato (art. 5, comma 2, d.lgs. 33/2013).

Nel caso de quo, la società “DIDDI S.r.l.” si classificava seconda in graduatoria nella procedura di gara avviata da CONSIP S.p.a. volta all’individuazione del soggetto cui affidare il “Servizio Integrato di Energia per le Pubbliche Amministrazioni”, nella quale risultava aggiudicataria, con comunicazione del 12/12/2014, la società “C.N.S.”

Nel dicembre del 2018 la “DIDDI S.r.l.” presentava istanza di accesso documentale (ex art. 22 e ss.gg., l. 241/1990) all’USL Toscana Centro, con la quale chiedeva l’ostensione della documentazione successiva alla stipula contrattuale tra S.A. ed aggiudicataria, al fine di verificare che l’esecuzione del contratto si svolgesse nel rispetto delle condizioni del disciplinare di gara.

Ciò in virtù dell’art. 140 del d.lgs 163/2006 (applicabile ratione temporis), oggi 110 del d.lgs. 50/2016, il quale disponeva, in caso di inadempienza da parte dell’aggiudicatario, l’automatica risoluzione contrattuale e la facoltà della Stazione Appaltante di interpellare progressivamente i concorrenti della gara al fine di stipulare un nuovo contratto per l’affidamento del completamento dei lavori, dovendo procedersi all’interpello del soggetto che ha formulato la prima miglior offerta escluso l’originario aggiudicatario.

Si opponeva all’ostensione la società C.N.S., la quale eccepiva l’insussistenza dei presupposti legittimanti l’istanza di accesso documentale.

La P.A., per le stesse ragioni, rispondeva con provvedimento di diniego.

Ricorreva innanzi al T.A.R. la DIDDI S.r.l. deducendo la violazione dei principi in tema di accesso, violazione degli artt. 3 e 5 del d.lgs. 33/2013, eccesso di potere per errore suoi presupposti e conseguente travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, illogicità e contraddittorietà della motivazione, ingiustizia grave e manifesta.

Parte ricorrente, in giudizio, sosteneva che l’accesso documentale avrebbe dovuto essere riconosciuto dalla P.A., essendo titolare di un interesse legittimo qualificato e concreto, e, in subordine, in luogo di quello documentale, ove denegato, avrebbe dovuto essere riconosciuto, in ogni caso, l’accesso civico generalizzato disciplinato dal d.lgs. 33/2013.

Più in particolare, a parere del ricorrente, l’accesso civico generalizzato rappresenterebbe, ormai, la regola generale del sistema in tema di trasparenza, rappresentando quello documentale un’ipotesi eccezionale atta ad operare nelle residuali ipotesi previste da apposita legge.

La P.A., costituitasi in giudizio, eccepiva, preliminarmente, il difetto di legittimazione passiva, essendo Stazione Appaltante la Consip S.p.a., e, nel merito, il rigetto della domanda attorea per insussistenza delle condizioni di cui all’art. 22 e ss.gg. della l. 241/1990, quale unica tipologia di accesso ammissibile rispetto agl’atti esecutivi del contratto stipulato a valle dell’aggiudicazione.

Il T.A.R., previa discussione delle parti, ha così deciso:

L’istanza formulata dal ricorrente sottende una richiesta di indagine esplorativa volta alla ricerca di condotte inadempienti al momento insussistenti, non risultando le stesse dalle PP.AA. interessate né, tantomeno, da elementi probatori allegati all’atto introduttivo dalla ricorrente.

Una richiesta di accesso documentale di questo tenore non può che essere considerata inammissibile poiché l’accesso ex art. 22 della l. 241/1990 non va inteso quale strumento di controllo diffuso e generalizzato sul perseguimento del fine istituzionale della P.A. e sulla gestione delle risorse a disposizione della stessa.

Non può, allo stesso tempo, ritenersi ammissibile, rispetto ai medesimi fatti di causa, l’accesso civico generalizzato di cui al d.lg. 33/2013.

In particolare, il G.A. specifica che il legislatore, con l. 97/2016 (FOIA), ha introdotto all’art. 5, comma 2, d,lgs. 33/2013, di fianco all’accesso civico semplice, l’accesso civico generalizzato.

Un istituto con il quale si è concretizzato, a parere di molti, il cd. “regime del potere visibile” in quanto, a prescindere da qualsiasi tipo di interesse di cui sia portatore il privato cittadino che promuova l’istanza, la P.A. è tenuta a garantire l’ostensione integrale dei documenti detenuti che non siano già oggetto dell’obbligo di pubblicazione.

E tuttavia, consapevole della dirompenza giuridica di tale istituto, nel rispetto di un equilibrato contemperamento tra gli opposti interessi (pubblici – privati), l’organo legiferante ha posto, da un lato, degli argini all’operatività dell’istituto citato ipostatizzati all’art. 5 bis, comma 1 e 2, d.lgs. 33/2013 e, dall’altro, mantenendo salvi ed inalterati gli ambiti applicativi dell’accesso documentale ed accesso civico semplice (art. 5, comma 11, d.lgs. 33/2013).

Nello specifico tali norme dispongono:

  • art. 5, comma 11, d.lgs. 33/2013: restano fermi gli obblighi di pubblicazione previsti dal Capo II, nonché le diverse forme di accesso degli interessati previste dal Capo V della l. 241/1990;

  • art. 5-bis, comma 3, d.lgs. 33/2013: il diritto di cui all’art. 5, comma 2, è escluso nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l’accesso è subordinato dalla disciplina vigenti al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all’art. 24, comma 1, legge 241/1990.

Un reticolo normativo in virtù del quale, tracciando  un sapiente punto di equilibrio, espressione dell’imparzialità che deve sempre scandire l’incedere della P.A., a maggior ragione in una materia tanto delicata quale gli appalti pubblici, il T.A.R. ha statuito che per quanto concerne dati, informazione e documenti inerenti la fase esecutiva, successivi alla stipula del contratto di appalto, il quale dà vita ad un rapporto paritario tra P.A. e privato, l’unica tipologia di accesso ammissibile è, previa sussistenza delle stringenti condizioni di legge, quello previsto dall’art. 22 e ss.gg. della l. 241/1990 (accesso documentale).

Diversamente, laddove la richiesta di ostensione abbia ad oggetto dati e documenti della fase pubblicistica di gara, ferma restando l’operatività dell’accesso civico semplice, trova terreno fertile d’elezione l’accesso civico generalizzato, così come, del resto, confermato dall’art.37, comma 1, lett. b) del d.lgs.33/2013, di recente modificato dall’art.31, comma 1, d.lgs. 97/2016.

In conclusione, può, dunque, affermarsi che in materia di appalti l’accesso, generalmente inteso, è soggetto ad una complessa disciplina giuridica di carattere generale e speciale, la quale, a seconda della fase di gara e della tipologia di atto e/o documento di cui si richieda l’ostensione , legittima, nel rispetto dei presupposti di legge, una forma piuttosto che l’altra.

Avv. Domenico Ronca

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