Acquaiuo’, l’acqua è fresca?… Manco ‘a neve!

Acquaiuo’, l’acqua è fresca?… Manco ‘a neve!

“Acquaiolo, l’acqua è fresca?……Neppure la neve è così fresca!”

Questo proverbio napoletano invita a non chiedere al mercante se la sua merce sia buona. Se ad un commerciante di bibite gli si chiede se le stesse sono fresche, è normale che, per venderle, risponderebbe che lo sono sicuramente più della neve!

È una tipica ipotesi di c.d. dolus bonus. In materia di annullamento del contratto per dolo, le dichiarazioni precontrattuali con le quali una parte cerchi di rappresentare la realtà nel modo più favorevole ai propri interessi non integrano, infatti, gli estremi del dolus malus quando, nel contesto dato, non sia ragionevole supporre che l’altra parte possa aver attribuito a quelle dichiarazioni un peso particolare, considerato il modesto livello di attendibilità che, in una determinata situazione di tempo, di luogo e di persone, è da presumere che possa essere riconosciuta a certe affermazioni consuete negli schemi dialettici di una trattativa (sempre che ad esse non si accompagni la predisposizione di ulteriori artifici o raggiri, idonei a travisare la realtà cui quelle affermazioni si riferiscono).

L’errore ed il dolo costituiscono due causali di annullamento del contratto che si basano sulla falsa percezione della realtà da parte del contraente svantaggiato.

Si differenziano per l’origine della falsa rappresentazione, che è endogena nel caso di errore, ed esogena nel caso di dolo.

In quest’ultima ipotesi la falsa rappresentazione della realtà nella psiche della controparte è determinata dai raggiri posti in essere dal contraente in mala fede.

Il raggiro consiste per l’appunto nella dissimulazione del substrato fattuale costituente la piattaforma della trattativa contrattuale in modo da indurre controparte a ritenerne conveniente la stipulazione.

A seconda della misura, dell’intensità del raggiro, il dolo si distingue in determinante – in assenza del quale il contraente leso non avrebbe stipulato il contratto – ed incidente – in assenza del quale il contraente lo avrebbe stipulato ma a condizioni differenti – (artt. 1439 e 1440 c.c.).

Nonostante il silenzio del codice sul punto, il dolo, quale causa di annullamento del contratto, ricorre quando il raggiro viene posto in essere con modalità tali da trarre in inganno una persona che possegga un livello di avvedutezza ed esperienza media, e comunque proporzionata alla natura ed al valore del contratto che si viene a stipulare.

Quando il raggiro non raggiunga questo livello, si risolve in un mero dolus bonus inidoneo ad ergersi quale causa di annullamento del contratto. D’altro canto, chiunque tende a vantare le caratteristiche del suo bene al fine di concluderne positivamente la trattativa per la cessione.

In questi termini, tali dichiarazioni non sono assolutamente in grado di infierire sul processo di formazione della volontà di un uomo di prudenza media, basato sul modello astratto del “buon padre di famiglia”.

Ugualmente, non può addivenirsi ad una pronuncia di annullamento del contratto quando la controparte non ottemperi a quel minimo di diligenza e di avvedutezza che impone la natura dell’atto che si va a compiere.

Il nostro ordinamento giuridico non protegge gli inesperti a differenza di quanto avveniva nell’ordinamento romano, che con l’emanazione della Lex Laetoria (o Plaetoria) de circumscriptione adulescentium tra il II e III sec. a.c. aveva posto rimedio al problema delle speculazioni che gli affaristi senza scrupoli traevano dai rapporti commerciali con patres familias minori di venticinque anni.

La lex mirava a mitigare il fenomeno per cui gli affaristi riuscivano, senza un fine fraudolento vero e proprio, a stipulare con gli adulescentes contratti a condizioni nettamente favorevoli, abusando dell’inesperienza commerciale di costoro.

La legge in questione, oltre ad un’actio penale popolare, offriva due rimedi, di carattere privatistico e contrattuale, agli adulescentes, purché soggetti sui iuris, per tutelarne il patrimonio.

Si trattava dell’exceptio Legis laetoriae e della restitutio in integrum ex lege Laetoria. Il primo rimedio consisteva in un vera e propria eccezione contrattuale, esperendo la quale il minore poteva rifiutarsi di eseguire il contratto a lui sfavorevole.

Il secondo rimedio, invece, rappresentava una vera e propria actio ripristinatoria, attraverso la quale l’adulescens poteva ottenere il ripristino dello status quo ante, in caso di esecuzione del contratto.

La Lex Laetoria diede indirettamente e non volutamente inizio alla nascita della cura minorum, in quanto l’efficacia deterrente dei suoi rimedi aveva indotto gli stessi affaristi a chiedere agli adulescentes maschi, con cui intraprendevano trattative contrattuali, di farsi consigliare da una persona adulta circa l’opportunità e la convenienza del contratto.

Da ciò derivò una prassi secondo la quale gli adulescentes si rivolgevano al praetor per ottenere la nomina di un “curatore speciale”, che avesse quale unico compito (adempiuto il quale, infatti, il rapporto di curatela si estingueva) quello di fornire un “parere di conformità” sull’utilità del contratto.

Il sistematico ricorso alla figura del curatore speciale, unitamente all’indubbia utilità sociale che rivestiva tale figura, indussero i praetores a costringere indirettamente, tra la fine del periodo preclassico e l’inizio di quello classico, gli adulescentes a non farne mai a meno e si diffuse in tale periodo la prassi di nominare un curatore speciale che assistesse gli adulescentes nella conclusione non di uno specifico affare, ma di tutti i contratti fino a quando costoro non avessero raggiunto il venticinquesimo anno di età.

Quest’istituto arcaico è stato ben presto abbandonato e non ha più trovato ingresso nei successivi ordinamenti giuridici privatistici di derivazione romanistica.

Non è dato rinvenire, infatti, nell’odierno codice civile italiano una norma ad hoc con efficacia protettiva in favore di un soggetto che abbia stipulato contratti a condizioni meno favorevoli a causa della sua inesperienza.

L’ordinamento giuridico attuale protegge i soggetti incapaci di formare una libera e consapevole volontà contrattuale per motivi endogeni (si pensi all’azione di annullamento di cui all’art. 428 c.c. per gli incapaci naturali e a quella generale di annullamento ex artt. 1427 ss. c.c.) o esogeni (azione per la rescissione del contratto, artt. 1447 e 1448 c.c.).

Diversamente, il legislatore non protegge gli inavveduti, ossia coloro che a causa della propria inesperienza stipulano contratti a condizioni svantaggiose.

Ciò costituisce corollario del principio di autoresponsabilità, immanente all’ordinamento giuridico nel suo complesso, secondo il quale ogni soggetto capace di intendere e di volere deve essere in grado di provvedere e tutelare al meglio i propri interessi, non potendo invocare tutela in ordine quelle situazioni di svantaggio economico – patrimoniale alla cui causazione abbia lui stesso contribuito per imprudenza, imperizia, negligenza.


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Avv. Giacomo Romano

Ideatore e Coordinatore at Salvis Juribus
Nato a Napoli nel 1989, ha conseguito la laurea in giurisprudenza nell’ottobre 2012 con pieni voti e lode, presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II, discutendo una tesi in diritto amministrativo dal titolo "Le c.d. clausole esorbitanti nell’esecuzione dell’appalto di opere pubbliche", relatore Prof. Fiorenzo Liguori. Nel luglio 2014 ha conseguito il diploma presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali dell'Università degli Studi di Napoli Federico II. Subito dopo, ha collaborato per un anno con l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli occupandosi, prevalentemente, del contenzioso amministrativo. Nell’anno successivo, ha collaborato con uno studio legale napoletano operante nel settore amministrativo. Successivamente, si è occupato del contenzioso bancario e amministrativo presso studi legali con sede in Napoli e Verona. La passione per l’editoria gli ha permesso di intrattenere una collaborazione professionale con una nota casa editrice italiana. È autore di innumerevoli pubblicazioni sulla rivista “Gazzetta Forense” con la quale collabora assiduamente da giugno 2013. Ad oggi, intrattiene collaborazioni professionali con svariate riviste di settore e studi professionali. È titolare di “Salvis Juribus Law Firm”, studio legale presso cui, insieme ai suoi collaboratori, svolge quotidianamente l’attività professionale avendo modo di occuparsi, in particolare, di problematiche giuridiche relative ai Concorsi Pubblici, Esami di Stato, Esami d’Abilitazione, Urbanistica ed Edilizia, Contratti Pubblici ed Appalti.

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