Afragola, origine del nome: nuovi studi

Afragola, origine del nome: nuovi studi

Sommario: 1. Premessa – 1.1. Brevissimo accenno metodologico – 1.2. Un necessario chiarimento – 2. Pars destruens – 2.1. Alfa privativa o alfa intensiva? – 2.2. Fracha olla (vasi rotti), dai mattoni dell’acquedotto augusteo del Serino – 2.3. Ad fragorem, dal fragore del rivus subterraneus – 2.4. Villa fragorum (borgo delle fragole), ancora in relazione alle fragole – 3. Pars costruens – 3.1. Indietro nel tempo – 3.2. Analisi etimologica della parola Afragola nelle sue varianti – 3.3. Il genio strategico di Annibale – 3.4. Il passaggio usato da Annibale – 4. Conclusione

 

1. Premessa

La toponomastica è senza dubbio una materia indispensabile per lo studio dei luoghi, ma non è una scienza esatta e presenta diversi punti oscuri, come ben testimoniato dal fatto che troppo spesso una stessa denominazione dà luogo a diverse interpretazioni talvolta contrastanti.

La stratificazione linguistica, la mutata geografia dei luoghi, le storpiature dei cronisti medievali, si rivelano ostacoli insormontabili e l’ortografia innalza, in tal modo, una barriera oscura, che vanifica spesso i tentativi dello studioso.

In mancanza, di avvenimenti storici, di scoperte archeologiche e di documenti inoppugnabili e certi nella loro interpretazione, diventa, di conseguenza, davvero arduo ricostruire il nome di una località in base alla sola toponomastica e, diciamolo francamente, si corre il rischio di cadere nella fantasia a buon mercato.

Gli sforzi fatti da molti per dare una spiegazione all’origine del nome Afragola sono indubbiamente degni di lode, indipendentemente dagli esiti raggiunti: essi, infatti, testimoniano l’amore per questa terra e il desiderio di una continuità storica con i padri e con il tessuto vitale che lega passato e presente, nella speranza di un futuro migliore.

Alle tante voci, spesso autorevoli, vogliamo unire la nostra, spinti non dal desiderio di primeggiare, quanto piuttosto dalla convinzione che soltanto da un confronto libero e aperto potrà nascere la soluzione della vexata quaestio in oggetto.

Fedeli all’insegnamento del Petrarca, pur rispettando tutti, non ci <<fidiamo della parola di alcun maestro>>.

Pertanto, dopo aver analizzato le loro conclusioni, tenteremo di dare una nostra, diversa soluzione, che tenga presenti la linguistica, la storia e l’archeologia in particolar modo.

Come sempre nella vita, al di là dei giudizi positivi o negativi, sarà il tempo a dare la sua sentenza.

Noi siamo consapevoli di proporre una soluzione organica e siamo soprattutto convinti di aver tracciato la strada da seguire.

1.1. Brevissimo accenno metodologico

Nella ricostruzione dell’origine del nome Afragola, vogliamo avvalerci del metodo baconiano, chiaro ed incontestabile nella sua immediata evidenza.

Cercheremo, di conseguenza, di abbattere prima gli “idola”, le false convinzioni, nella “pars destruens”.

Subito dopo, nella “pars costruens”, sperando che tale appaia anche al lettore, daremo il nostro contributo all’annosa questione dell’origine del nome Afragola.

1.2. Un necessario chiarimento

Tutti coloro che fino ad oggi hanno trattato dell’origine del nome Afragola, disgiungendo la toponomastica dalla storia e dall’archeologia, sono caduti nella stessa infida trappola e hanno creduto di trovare la soluzione nello studio dei pochi lacerti di documenti medievali in nostro possesso.

L’iscrizione onoraria ritrovata in Afragola, nota erroneamente come ara di Augusto, dimostra con evidenza che, al tempo del primo imperatore di Roma, Afragola era già una comunità ben strutturata e che aveva necessariamente un nome.

Essa non era un oscuro “ager suburbanus urbis territorium”.

L’epigrafe cristiana del primo dopo Cristo, da noi per la prima volta correttamente tradotta, deve essere considerata un valido documento di una comunità ben strutturata.

Essa rimase tale almeno fino al terzo secolo dopo Cristo, come testimoniato da un’altra epigrafe da noi ritrovata e tradotta, il cui dedicante era il villico Camillo.

Tacerò di altri documenti in mio possesso, perché mi risulta sgradevole inneggiare a me stesso, e dirò semplicemente che l’origine del nome Afragola è da ricercare nella storia di Roma.

2. Pars destruens

2.1. Alfa privativa o alfa intensiva?

Rispondiamo subito. Ambedue le ipotesi ci appaiono fuorvianti, malgrado le dotte analisi glottologiche sostenute da diversi studiosi sia del passato che del presente.

Sono essi caduti nelle infide acque della toponomastica, presa come unico parametro culturale del dibattuto argomento in questione.

In Italia, la diffusione delle fragole risale al 234 a.C. e, presso i Romani, la fragola aveva spesso una funzione esclusivamente ornamentale.

La prima coltivazione del dolce frutto nel bel Paese risale al quattordicesimo secolo, mentre il suo uso intensivo ha inizio nel diciottesimo secolo.

Senza alcuna necessità di sofisticate quanto oziose argomentazioni, la storia della nascita, della coltivazione e della diffusione della fragola, esclude a priori l’origine del nome Afragola legata a questo frutto.

Sostenere ancora questa tesi, e lo diciamo senza peli sulla lingua, è ignoranza grossolana, è negazionismo storico.

2.2. Fracha olla (vasi rotti), dai mattoni dell’acquedotto augusteo del Serino

Tale tesi fu proposta, per la prima volta, da Domenico Chianese nel libro “I casali antichi di Napoli”.

Essa troverebbe una ulteriore conferma sia nell’antico villaggio dell’Arcopinto, il cui nome deriverebbe da una arcata dipinta dell’acquedotto del Serino, sia nel villaggio dell’Arcora, che, secondo molti, deriverebbe dal latino “arcora”.

Tutto, ad ogni modo, ci riporterebbe all’acquedotto ideato da Agrippa.

Abbiamo, in altri articoli, più volte parlato dell’acquedotto del Serino e, senza falsa modestia, abbiamo rivendicato la scoperta in Afragola del rivus subterraneus menzionato dal Lettieri.

In questa sede, brevitate calami, ci limiteremo a ribadire che in Afragola l’acquedotto era, come nella normalità dei casi, un rivus subterraneus.

Vale la pena precisare, a questo punto, che il percorso sotterraneo era una costante tematica degli acquedotti romani; solo in situazioni particolari l’acquedotto veniva costruito in superficie e ciò avveniva principalmente per superare l’attraversamento di corsi d’acqua o per evitare notevoli depressioni del terreno.

Le arcate, inoltre, erano costruite dai Romani solo per gli acquedotti in superficie ed avevano anche la funzione di accentuare l’attenzione sulla grandezza e sulla potenza di Roma, cosa che avveniva soltanto in una grande città.

Sulla base di queste sole considerazioni, pertanto, è da escludere tassativamente l’uso di arcate dell’acquedotto augusteo in Afragola, a meno che non si voglia riscrivere un trattato di architettura poggiato sull’imperante scienza della fantasia e del sensazionale a tutti i costi.

In quanto, poi, alla parola “arcora” è forse il caso di ricordare che la sua etimologia è alquanto incerta, talvolta associata al culto di Ercole, talvolta ad una “arca”, nel senso di granaio o come termine agrimensorio indicante un quadrato costruito simile ad una “arca”.

“Arcora”, di conseguenza, non ha nulla a che vedere con le arcate dell’acquedotto, anche attenendoci alla sola etimologia della parola.

2.3. Ad fragorem, dal fragore del rivus subterraneus

Tale ipotesi fu avanzata per la prima volta da Angelo Giacco, nel 1946 e fu ripresa qualche decennio fa da Giuseppe Salomone.

Tra quelle finora analizzate, questa ultima ipotesi potrebbe apparire la più convincente, ma alcuni dettagli ci lasciano alquanto perplessi.

Dalla lettura di Frontino (De aqua urbis Romae) e dalla lettura di Vitruvio (De architettura) sappiamo che, nel caso di acque sotterranee, venivano scavati pozzi e cunicoli che immettevano le vene in un unico condotto.

Il passaggio successivo dell’acqua era la sosta nelle piscinae lunariae (vasche di depurazione), dove venivano fatte depositare le prime impurità dell’acqua.

Da esse, poi, l’acqua veniva portata nel canale che la trasportava, mantenendo una pendenza leggera e costante, al fine di assicurare uno scorrimento regolare e non impetuoso.

Appare, di conseguenza, poco probabile l’origine del nome Afragola dal fragore del rivus subterraneus, che veniva costruito, al contrario, in modo da consentire all’acqua una discesa regolare, senza fragore.

La parola “fragore”, poi, deriva dal latino “frango” ed indica propriamente una rottura, evenienza da escludere a priori.

2.4. Villa fragorum (borgo delle fragole), ancora in relazione alle fragole

Gaetano Capasso, non nuovo a certe affermazioni di dubbio valore, afferma che tale denominazione la si ritrova in documenti angioini ed aragonesi.

Ne prendiamo atto. Peccato, però, che tali documenti siano stati conosciuti e studiati soltanto dal nostro simpatico storico.

Giovanni Pontano, massimo esponente dell’umanesimo meridionale, pur parlando della fertilità del suolo afragolese ed elogiandone i prodotti, non ha mai parlato (del resto, non poteva) di fragole, la cui coltivazione era appena nata in Italia.

Uno studioso d’assalto, tra le tante amenità che è solito sbandierare, attribuisce a Gennaro Aspreno Rocco la denominazione di “Villa fragorum”.

Povero Rocco, devi sopportare le falsità anche da morto: per nostra fortuna, l’alto tuo ingegno e la solida tua cultura sono a tutti noti.

Il poeta afragolese, in realtà, pur interessandosi di archeologia campana, non ha mai fatto uno studio sull’origine di Afragola, con buona pace di chi da tempo afferma il contrario.

In realtà, sembra che il primo autore ad usare l’espressione “Villa fragorum” sia stato il dotto frate Domenico de Stelleopardis nella “Relatione historica”, opuscolo che mal s’addice alla solida cultura aristotelica e tomista del frate domenicano.

A parte la dubbia attribuzione dell’opuscolo, merita, ad ogni modo, particolare attenzione la critica del Chiarito che definì l’operetta un ammasso di bugie e di invenzioni.

De hoc alia verba inania sunt.

3. Pars costruens

3.1. Indietro nel tempo

Dopo la battaglia di Canne, che a molti apparve come l’inizio del declino di Roma, Annibale ottenne risultati strategici di vasta portata.

Molte città, prese dal terrore, rinunciarono al foedus di amicizia stipulato con la città eterna e passarono al generale cartaginese, che ora adoperando la forza, ora cercando di convincere con astute promesse, tentò di togliere a Roma gran parte della sua forza.

Annibale, dunque, si recò subito in Campania, dove ottenne la defezione di Capua, inferiore solo a Roma per importanza e ricchezza.

Ottenuta l’alleanza di Capua, tentò, dopo averla inutilmente blandita, di sottomettere Neapolis, dopo aver condotto il suo esercito nel territorio di Nola.

L’arrivo del pretore Marcello, lo costrinse, però, ad una variazione del suo piano strategico.

Si recò, allora, a Nuceria e la distrusse.

Dopo un secondo, vano tentativo di occupare Nola, la più importante delle città di origine osca, si diresse ad Acerra, tentando di convincere la città ad arrendersi volontariamente.

Visto vano ogni tentativo in tal senso, la assediò.

Gli acerrani opposero una fiera ed eroica resistenza, ma, quando si resero conto che ogni tentativo di lotta era ormai vano, prima che le trincee cartaginesi fossero messe in comunicazione tra loro, fuggirono di notte attraverso un sentiero ignoto al generale cartaginese.

3.2. Analisi etimologica della parola Afragola nelle sue varianti

Per cultura ed esperienza, sappiamo per certo che l’analisi toponomastica è tanto più lontana dal vero quanto più articolata e complessa appare; sappiamo anche che la verità è sempre senza orpelli.

Ciò premesso, ci limiteremo ad una semplice riflessione: Afraore, Aufrangula, Afragore, Afraone, Afraola, Afragola: tutti questi nomi ci portano a considerare che il nome in oggetto è indubbiamente formato da due precise parole, cioè, da “afra” e da “gula” quest’ultima ora in latino classico, ora storpiata da incauti copisti.

“Afra” sta indubbiamente a significare “africana”, mentre “gula” oppure “os” stanno a significare un passaggio, che non deve essere inteso in senso strettamente geografico.

Sarebbe poco accorto, lo diciamo a scanso di equivoci, arzigogolare sulla inesatta concordanza di “afra” con “ore”: una simile osservazione, strettamente legata ai canoni interpretativi della toponomastica, vanificherebbe tutto quanto finora affermato e non a caso abbiamo precisato il concetto nella premessa di questo articolo.

3.3. Il genio strategico di Annibale

Theodor Mommsen, nella “Storia di Roma”, afferma che Annibale si distingueva soprattutto per la sua furbizia.

<<Gli piaceva prendere sempre delle strade inattese e gli erano familiari le imboscate e gli stratagemmi di ogni genere, ma possedeva anche somma previdenza ed inusitata energia risolutiva>>: così si esprime il grande storico ed epigrafista tedesco.

Il generale cartaginese studiava con meticolosa cura il carattere e le debolezze dei suoi antagonisti e non attaccò mai frontalmente una città o un esercito schierato a battaglia; aveva, inoltre, spie permanenti in ogni città che intendeva attaccare, perfino a Roma.

Egli stesso, in diverse circostanze, andò a cercare di persona le informazioni che gli erano necessarie, sotto mentite spoglie.

Anche nell’attaccare Acerra, Annibale non si smentì: sorprese alle spalle l’infelice città, dopo aver condotto il suo esercito attraverso sentieri ignoti, ricoperti da una fitta e quasi impenetrabile boscaglia.

I sentieri battuti dall’esercito cartaginese, con ogni probabilità, passavano proprio attraverso l’odierna Afragola.

Prima che la città fosse irrimediabilmente distrutta, diversi Acerrani, considerato vano ogni ulteriore tentativo di resistenza, di notte scapparono dalla città, percorrendo a ritroso gli stessi sentieri ad essi tanto fatali.

3.4. Il passaggio usato da Annibale

Mentre l’infelice città di Acerra bruciava e mentre i cartaginesi facevano strage degli inermi cittadini, coloro che tra gli acerrani erano sfuggiti alla strage tentarono, di notte, di trovare riparo tra le città che erano rimaste fedeli a Roma, mentre le fiamme si levavano nel cielo alte e fatali.

Non tutti, però. Alcuni si fermarono proprio sul suolo dell’attuale Afragola, abitata all’epoca da sparsi pagi della civiltà osco-sannita, pagi formati originariamente proprio da acerrani che a varie riprese erano scappati dalla loro città, per trovare riparo contro le frequenti esondazioni del Clanio (pochi sanno, ma è necessario avere questa informazione, che secondo il Lubker, il Mommsen e altri importanti archeologi tedeschi e americani, Acerra è di origine osca).

Rimasti sul suolo dell’attuale Afragola, essi, ad indicare l’infelicissima loro sorte, chiamarono quel luogo “passaggio africano”, ad indicare la strada battuta da Annibale per distruggere la loro patria, che, con la lex Papiria, era divenuta municipium sine suffragio.

Un filo diretto, dunque, lega Acerra ed Afragola, malgrado la presenza sul nostro territorio di una più avanzata, ma marginale, civiltà osco-calcidica, da considerare come una propaggine di Neapolis.

Afraore, quindi, è senza dubbio da ritenersi il più antico e veritiero lacerto documentario circa la vera origine del nome Afragola, nel senso or ora chiarito.

Il vero nome di Afragola, quale ci era stato tramandato dall’antichità romana, purtroppo è andato perduto con l’iscrizione onoraria dedicata all’imperatore Augusto, iscrizione distrutta dall’ignoranza e dall’inerzia, per farne brecciame.

4. Conclusione

Né fragole né acquedotto: l’origine del nome Afragola è da ricercare nella storia, nel tentativo di Annibale di stroncare la potenza di Roma dopo l’eccidio di Canne, togliendo alla futura “caput mundi” alleanze preziose e viveri.

L’archeologia dimostra che Afragola, al tempo di Cesare Ottaviano Augusto aveva una sua identità ben strutturata.

L’epigrafia, senza ombra di smentita, conferma l’identità di Afragola come centro ben strutturato attraverso l’iscrizione onoraria, che soltanto gli ignoranti a tutto tondo si ostinano ancora a definire ara di Augusto.

L’ingegneria idraulica, i trattati di Vitruvio e di Frontino, dimostrano che il termine Afragola non può derivare dal fragore delle acque, dal momento che il rivus subterraneus aveva una pendenza dolce e costante, in netto contrasto con il fragore delle acque.

La toponomastica afferma che “arcora” non ha nulla a che vedere con le arcate dell’acquedotto, le quali, ad ogni modo, venivano usate soltanto per superare importanti depressioni del terreno o per consentire l’attraversamento di notevoli corsi d’acqua.

In quanto alle fragole, ci sia consentita una battuta secca e amara: legare l’origine di Afragola a questo frutto è mercanzia a buon mercato, roba da asini calzati e vestiti, offesa all’intelligenza delle persone.


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Andrea Romano

Laureato in Lettere classiche, fondatore del disciolto gruppo archeologico di Afragola, Andrea Romano è autore di numerose pubblicazioni a carattere storico, artistico e letterario. Le sue competenze in campo archeologico l’hanno portato a scoprire numerose necropoli e ad individuare l’ubicazione dell’acquedotto augusteo in Afragola, suo paese d’origine. Prossimo alla pensione, attualmente è docente di religione presso la Scuola Secondaria di primo grado “Angelo Mozzillo”, pittore del quale ha scritto l’unica biografia esistente, dopo aver raccolto e analizzato quasi tutte le tele dell’artista afragolese, prima quasi del tutto ignorato. Ricercatore instancabile, ha portato alla luce un manoscritto inedito di Johannes Jørgensen, di prossima pubblicazione.

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