Agente di commercio in forma di Sas: sul pignoramento del compenso si applica la regola “del quinto”?

Agente di commercio in forma di Sas: sul pignoramento del compenso si applica la regola “del quinto”?

Il pignoramento ad opera di Equitalia nei confronti di un soggetto debitore agente di commercio che esercita la sua attività sotto forma di società in accomandita semplice è esente dall’applicazione del limite del quinto?

Il pignoramento che abbia la sua genesi in un debito contratto con l’Agenzia delle Entrate non segue gli ordinari percorsi previsti dal Codice di Procedura Civile per quanto concerne il procedimento esecutivo ma, piuttosto, trova la sua natura causale nel Decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 e successive modifiche. Tale previsione normativa ha introdotto nell’ordinamento giuridico un procedimento privilegiato per l’ente concessionario per la riscossione che permette una riscossione coattiva più rapida rispetto a quella prevista agli articoli 545 C.p.C. e seguenti. La procedura in oggetto ha carattere stragiudiziale e non richiede la presenza del Giudice per la fase iniziale della riscossione. Come previsto dall’articolo 72 bis del suddetto D.P.R.: “[…] l’atto di pignoramento dei crediti del debitore verso terzi può contenere, in luogo della citazione di cui all’articolo 543, secondo comma, numero 4, dello stesso codice di procedura civile, l’ordine al terzo di pagare il credito direttamente al concessionario, fino a concorrenza del credito per cui si procede […] nel caso di inottemperanza all’ordine di pagamento, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 72, comma 2.. Il disposto normativo chiarisce il motivo per cui il terzo pignorato debba pagare immediatamente e senza dover comparire in udienza: ciò in quanto l’articolo 72 comma 2 dichiara la necessità dell’udienza di comparizione solamente nel caso in cui il terzo non provveda al pagamento.

Per quanto attiene all’oggetto della procedura esecutiva, il successivo art. 72 ter, rubricato “Limiti alla pignorabilità” cosi stabilisce: “Le somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate dall’agente della riscossione in misura pari ad un decimo per importi fino a 2.500 euro e in misura pari ad un settimo per importi superiori a 2.500 euro e non superiori a 5.000 euro. Resta ferma la misura di cui all’articolo 545, quarto comma, del codice di procedura civile, se le somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, superano i cinquemila euro”. Il Legislatore ha quindi previsto per la presente fattispecie tre soglie limite ulteriori rispetto alla disciplina codicistica: soglie oltre le quali il concessionario della riscossione non può pignorare “le somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro” (medesima perifrasi riscontrabile nel dettato normativo dell’art. 545 C.p.C.).

Le norme di riferimento appena citate sono applicabili dunque anche ad un agente di commercio che opera sotto forma di S.a.s.?

I passaggi logici per poter arrivare ad una decisione condivisa sono due: in primis è necessario verificare se la disciplina in esame possa attanagliarsi alla figura dell’agente di commercio e, secundis, se l’esercizio dell’attività in forma societaria possa rappresentare un limite all’applicazione della disciplina stessa.

Può sicuramente essere di supporto la disamina del contratto intercorso tra il terzo pignorato ed il debitore al fine di  verificare l’origine causale dei pagamenti con, tuttavia, la considerazione che a nulla rileva che le parti abbiano stipulato un mandato di agenzia, stante la necessità di verificare se le somme oggetto del pignoramento possano essere definite come “stipendi, salari o altre indennità”. Risulta essenziale, oltre a ciò, comprendere quale sia il significato del riferimento al “rapporto di lavoro o di impiego”. Tale espressione si ritiene debba essere interpretata in coerenza con la normativa generale mediante un procedimento di analogia sistematica: si potrebbe quindi affermare che il Legislatore, con tale locuzione, abbia voluto intendere soltanto i rapporti di lavoro subordinato e parasubordinato. A fondamento di quanto appena sostenuto, giova considerare come termine di analogia quanto previsto dal Legislatore all’art. 409 C.p.C., rubricato “Controversie individuali di lavoro”, ove viene elencata ogni tipologia di rapporto di lavoro a cui si possono applicare le norme riferibili al Titolo IV C.p.C. e, quindi, a cui si può accostare la nozione di lavoro subordinato e parasubordinato.

Qualora si riuscisse a ricondurre la figura dell’agente di commercio nel novero dei rapporti di lavoro a cui si applica l’art. 409 C.p.C., si potrebbe considerare verosimile l’applicazione alla stessa anche del limite di pignorabilità del quinto. Il presente passaggio logico trova presupposto giuridico nella sentenza della Corte di Cassazione n. 685 del 2012 ove afferma che “In tema di espropriazione forzata presso terzi, le modifiche apportate […] hanno comportato la totale estensione al settore del lavoro privato delle disposizioni originariamente dettate per il lavoro pubblico. Ne consegue che i crediti derivanti dai rapporti di cui al n. 3 dell’art 409 sono pignorabili nei limiti del quinto previsto dall’art. 545”. Si tratterebbe quindi di effettuare una valutazione a contrario, ovverosia verificando quali fattispecie non siano ricomprese nel disposto dell’art. 409 C.p.C. e, di conseguenza, non siano oggetto dell’applicazione dell’eccezione del quinto.

Parrebbe quindi risolto in senso affermativo il primo passaggio logico sopra premesso.

Purtuttavia, al punto numero 3 del primo comma del citato articolo viene espressamente previsto: “Si osservano le disposizioni del presente capo nelle controversie relative a: 3) rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato”. Fuor di dubbio, quindi, che la figura dell’agente di commercio, qualora eserciti un’attività continuativa e coordinata, prevalentemente personale, sarebbe soggetta alle norme riferibili ai rapporti “di lavoro e di impiego” di cui all’articolo 72 ter del D.P.R. n. 602/1973 o di cui all’art. 545 C.p.C.. A tale conclusione si può ben giungere se si verifichino l’esistenza dei requisiti previsti dall’art. 409 c.p.c. della “prestazione continuativa, coordinata e personale”.

Nulla questio circa i primi due requisiti; necessaria invece la disamina sul significato dell’aggettivo “personale”. Non riscontrando in alcuna norma del codice un chiarimento in merito, il tema è stato oggetto di numerose decisioni giurisprudenziali. Interessata della questione nel corso degli anni, la Suprema Corte ha mantenuto una linea interpretativa uniforme: “Va esclusa la competenza del giudice del lavoro allorché si prospetti che l’attività viene realizzata attraverso una struttura organizzativa piramidale” (Cass. Civ. n. 8214/2009), ovvero “La prevalenza personale va esclusa laddove l’attività dell’agente abbia natura imprenditoriale (98/709, 94/2836); “l’attività esercitata da una società, anche se di persone fisiche, e quindi, non riveste, cosi come richiesto dall’art. 409 n. 3, carattere prevalentemente personale” (11/9273; 11/8940) o ancora “In materia di rapporti di agenzia ove l’agente abbia organizzato la propria attività di collaborazione in forma societaria. Anche di persone, o comunque si avvalga di una autonoma struttura imprenditoriale, non è ravvisabile un rapporto di lavoro coordinato e continuativo ai sensi dell’art 409, c. 1, n. 3” (Cass. Civ. n. 3029 del 2015).

Risulta ormai evidente come la figura della S.a.s. che svolga attività di agenzia non rientri nel novero delle figure previste dal Legislatore all’art. 409 C.p.c. e, per l’effetto, non sembrerebbe neppure rientrare nelle categorie di “rapporto di lavoro ed impiego” previste all’art. 545 C.p.C. e 72ter D.P.R. n. 602/73 a cui si applica il limite del quinto dello stipendio.

In conclusione, un terzo pignorato per un debito di un suo agente di commercio che, purtuttavia, esercita la propria attività sotto forma di S.a.s., sarà tenuto alla corresponsione ad Equitalia della totalità dell’importo mensilmente erogato all’agente senza poter/dover trattenere il quinto dello stesso.


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Avvocato e dottore in economia, Junior Partner dello Studio Mainini & Associati, Istruttore federale di vela. Laureato in Giurisprudenza e in Economia all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Ha frequentato un corso di specializzazione di un anno in diritto di impresa all'Università Bocconi di Milano. Assistente di diritto privato all'Università Statale di Milano, facoltà di Scienze Politiche.

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