Aggressione da parte di un cane e reato di lesioni colpose. La posizione di garanzia del proprietario

Aggressione da parte di un cane e reato di lesioni colpose. La posizione di garanzia del proprietario

Se un cane aggredisce una persona il proprietario dell’animale risponde di lesioni colpose anche se non è presente al momento dell’aggressione? E ancora, la proprietà dell’animale è “conditio sine qua non” perché sussista una responsabilità penale per il reato di lesioni?

Traducendo questi interrogativi in linguaggio “legalese” l’interrogativo riguarda la possibilità di affermare una responsabilità penale solo in forza del nesso di causalità tra condotta ed evento dannoso senza che vi sia stata almeno una colpa ascrivibile al proprietario del cane. Oppure -e diversamente- richiedere  come presupposto di responsabilità (penale) che il proprietario del cane debba comunque avere avuto la la possibilità di influire sul divenire causale.

La fattispecie è tutt’altro che teorica e vede numerosi arresti da parte della giurisprudenza. Partiamo dal più recente, a mia conoscenza e di cui alla sentenza della Cassazione penale n.9024/2022 . Cercherò di delineare quello che potrebbe essere definito un orientamento consolidato.

Un bimbo di due anni durante una passeggiata viene aggredito dal cane di Caia  condotto dalla di lei figlia (Tizia), maggiorenne. Indagata per lesioni colpose, Caia impugna senza successo il sequestro preventivo del cane prima avanti al Giudice di Pace e dopo avanti al Tribunale del riesame. Ricorre in Cassazione evidenziando come al momento dell’aggressione ella fosse al lavoro avendo lasciato il cane regolarmente custodito dentro casa. Alcun potere di vigilanza e controllo avrebbe dunque potuto avere  sul cane accompagnato in passeggiata dalla di lei figlia Tizia.

La Corte condivide invece il ragionamento del Tribunale del riesame che ha riconosciuto la negligenza di Caia nel non avere  impedito che il cane fosse condotto fuori dall’abitazione da persona non adeguata (la figlia indicata come convivente che secondo quanto riferito da un teste sarebbe rimasta “impietrita”davanti all’aggressione portata dal cane al bambino) e in dispregio delle prescrizioni impartite dal servizio veterinario (con  museruola) nonostante le plurime aggressioni già poste in essere dal cane in precedenza.

Significativa la sentenza (ormai antica) sempre della Cassazione penale n.34765/2008.

Marito e moglie, comproprietari di un medesimo cane, sono condannati in primo grado per il reato di lesioni colpose cagionate dal loro animale in danno di un bambino. La Corte di Appello  assolve il marito confermando la condanna dell’a moglie.  Fondamentale, ai fini dell’intelligenza dell’intera disamina, la motivazione della Corte di appello con cui viene assolto il marito poiché intervenuto nella vicenda in un secondo momento quando il bambino era già stato azzannato così censurando come la sentenza di condanna del Tribunale avesse fondato la colpevolezza di quello sulla sola base del titolo di proprietà del cane.

Invero per la Cassazione la motivazione di cui al secondo giudice avrebbe violato  l’art. 40 del c.p. secondo il quale non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo. Nel premettere come il marito fosse in casa al momento dell’aggressione ed era accorso udendo le urla della di lui moglie e della madre del bambino aggredito riuscendo a bloccare il cane, la Cassazione afferma che l’obbligo di controllo del cane incombeva di diritto sul suo proprietario, e dunque anche al marito. Di fatto incombeva sulla persona dominante rispetto all’animale l’obbligo di impedire che la moglie uscisse con un cane che non era in grado di controllare come anche l’obbligo di verificare comunque che l’uscita avvenisse con l’adozione delle prescritte cautele (museruola, guinzaglio), cautele che non furono adottate.

Dunque la responsabilità in capo al marito non era ascrivibile per responsabilità oggettiva (e dunque in conflitto con il primo comma dell’art. 40 c.p.) quanto invece in relazione agli obblighi che per quello derivano dalla posizione di garanzia collegata al fatto di essere lui solo la persona che poteva controllare le sue reazioni. Segue l’annullamento della sentenza con rinvio per nuovo esame.

Tra queste due pronunce (n.9024/2022 e 34765/2008) ve ne sono diverse altre che sinteticamente di seguito richiamo.

Cass. pen. n. 36151/21: il proprietario del cane (Tizio) è assente da casa e il di lui figlio, minorenne,  contro ogni ordine e raccomandazione impartitagli dal padre, decide di portare in passeggiata il cane che, senza museruola, aggredisce una terza persona. L’aggressione da parte del cane non era – a dire di Tizio che in quel momento era assente – né prevedibile, né evitabile. L’iniziativa assunta dal di lui figlio rappresentava un elemento del tutto sufficiente ed autonomo a determinare l’evento, escludendo così, in ogni suo aspetto, possibili responsabilità del padre in qualità di proprietario del cane.

Di diverso avviso la IV sez. della Corte d Cassazione secondo cui il proprietario di un cane risponde a titolo di colpa delle lesioni cagionate a terzi dallo stesso animale anche qualora ne abbia affidato la custodia a persona non in grado di esercitare su di esso una effettiva custodia o di contenerne il naturale slancio.

Cass. pen. n.14189/2021: nella vicenda scrutinata un cane randagio da tempo “accudito” da chi civilmente non era il proprietario aveva causato un incidente in cui aveva riportato danni importanti un motociclista. Si legge in sentenza come l‘insorgere della posizione di garanzia relativa alla custodia di un animale prescinde dalla nozione di appartenenza e che dunque risulta irrilevante il dato della registrazione del cane all’anagrafe canina ovvero dalla apposizione di un micro chip di identificazione, atteso che l’obbligo di custodia sorge ogni qualvolta sussista una relazione anche di semplice detenzione tra l’animale e una data persona, in quanto l’art. 672 c.p., collega il dovere di non lasciare libero l’animale o di custodirlo con le debite cautele al suo possesso, da intendere come detenzione anche solo materiale e di fatto, non essendo necessaria un rapporto di proprietà in senso civilistico. Nello stesso senso Cass. pen. n. 20102/2018 in un caso analogo.

Cass. pen. IV sez. 31874 del 2019: un bimbo di anni cinque stringendo la mano della di lui nonna entra all’interno di un’aera cani senza introdurvi alcun animale. Nel mentre la nonna si accinge a richiudere la porcina di ingresso in tale area, un cane ivi presente aggredisce il bambino. La proprietaria del cane – che al momento dell’aggressione si trovava all’interno della medesima area cani, seduta su di una panchina, non si accorgeva di quanto stava accadendo per intervenire solo perché  richiamata dalle urla della nonna – veniva condannata in primo e secondo grado per lesioni (art. 590 cp) e per  avere  omesso di custodire il proprio cane con le debite cautele (art. 672 cp). Quindi ricorreva in Cassazione che confermava la condanna.

Proprio la giurisprudenza della corte di legittimità (la Cassazione) in più occasioni  aveva  precisato che in tema di lesioni colpose la posizione di garanzia del detentore del cane impone l’obbligo di controllo e custodia così da adottare ogni cautela per prevenire possibili aggressioni a terzi e a fronte di un cane che per razza, mole e indole si palesi più aggressivo, l’obbligo di custodia risulterebbe aggravato. Il danno alla persona, in questo caso al bambino, aveva assorbito l’illecito amministrativo pur dovendosi individuare la colpa in forza dei parametri di cui all’art. 672 cp  (malgoverno di animali).

La proprietaria del cane avrebbe potuto, anzi dovuto, prevedere i possibili e  non improbabili sviluppi causali della propria incauta custodia per il fatto di  essere proprietaria di un animale e che quello per le caratteristiche naturali doveva considerarsi potenzialmente pericoloso; quanto alla condotta della nonna che aveva introdotto inspiegabilmente un bimbo all’interno dell’area cani senza condurne uno non viene rilevata alcuna imprevedibilità ed eccezionalità.

Cass.pen. n. 30548/2016: ennesima aggressione in danno di un bambino. Al momento dell’incidente il cane era stato affidato al padre dell’imputato  il quale ne curava la e la vigilanza. Il giudice di pace esclude la responsabilità del padrone del cane in quanto “al momento del fatto, l’animale era custodito dal di lui padre”. Giunti in Cassazione questa riconosce che il giudice di prime cure aveva “adeguatamente e logicamente evidenziato che, in relazione a quel periodo limitato della stagione, l’animale era effettivamente custodito da persona diversa dell’imputato il quale aveva perso qualsiasi potere di vigilanza e di controllo diretto sullo stesso, così da potersi affermare che fosse il genitore dell’imputato a gestire l’animale e ad assumere ogni obbligo, anche precauzionale teso a impedire che l’animale potesse nuocere a terzi”. In altri termini per la Cassazione il Giudice di Pace aveva correttamente escluso la responsabilità penale dell’imputato, dal momento che, al momento del sinistro, egli non poteva essere considerato custode e responsabile del cane, il quale era stato affidato al padre dell’imputato stesso.

Cass. pen. 5 ottobre 2011 n. 36069: la vicenda prende le mosse da un episodio che vede protagonisti due cani, uno di grossa taglia ed uno di piccola taglia, portati al guinzaglio. L’animale di grossa taglia azzanna il più piccolo, costringendo il proprietario di quest’ultimo a cercare di dividerli e ricevendo anch’egli un’azzannata sulla mano con asportazione di una falange.

Per la Cassazione chi ha in affidamento anche temporaneo un cane è tenuto alla custodia del medesimo, obbligo di custodia che sorge ogni qualvolta sussista una relazione anche di semplice detenzione tra l’animale e una data persona, in quanto l’art. 672 cod. pen. collega il dovere di non lasciare libero l’animale o di custodirlo con le debite cautele al suo possesso, da intendere come detenzione anche solo materiale e di fatto, non essendo necessaria un rapporto di proprietà in senso civilistico. Non solo ma l’imputata, proprio perché semplice “detentrice” del cane, avrebbe dovuto prestare maggiore attenzione alle sempre possibili ed imprevedibili comportamenti che gli animali domestici possono porre in essere, e proprio la museruola, in tal senso, sarebbe risultata determinante al fine di evitare l’accadimento dei fatti. Va riconosciuta, pertanto, conclude la Cassazione, anche in capo alla semplice “affidataria” la responsabilità per le lesioni procurate dal cane che la stessa conduceva, non essendo richiesta dalla norma un rapporto di proprietà in senso civilistico.

Volendo individuare  un principio che emerge dall’analisi delle pronunce di cui si è fin qui detto il presupposto per una accertanda responsabilità (penale) non va individuato nella  proprietà del cane che ha aggredito quanto nel fatto che  il proprietario o detentore del cane abbia  comunque avuto la la possibilità di influire sul divenire causale, non potendo trovare albergo una mera responsabilità oggettiva (art. 40 cp. comma 1). Quella posizione di garanzia che pacificamente la giurisprudenza “incolla” al proprietario-detentore dell’animale si riflette nell’art. 672 del codice penale che,  nonostante l’intervenuta depenalizzazione, costituisce termine di riferimento per la valutazione della colpa in tema di  omessa custodia di animali (art. 40 c.p. comma 2).


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