APPALTI: l’aggiudicazione può essere subordinata al pagamento di un salario minimo

APPALTI: l’aggiudicazione può essere subordinata al pagamento di un salario minimo

Corte di Giustizia dell’Unione europea, 17 novembre 2015, causa C-115/14

a cura di Claudia Tufano

Il diritto dell’Unione europea, non impedisce l’esclusione, dalla gara di aggiudicazione di un appalto pubblico, di un offerente che si rifiuti di pagare un salario minimo al personale assegnato all’esecuzione della prestazione oggetto del contratto d’appalto.

Il fatto

La città di Landau (Renania- Palatinato, Germania), in virtù di una normativa regionale, aveva escluso dalla partecipazione ad una procedura di appalto pubblico riguardante i servizi postali della città, un’impresa tedesca che aveva omesso di dichiarare, contrariamente alle disposizioni del bando di gara e nonostante una lettera di sollecito, che la stessa si impegnava, in caso di aggiudicazione dell’appalto, a versare un salario minimo al personale assegnato all’esecuzione delle prestazioni. Su ricorso presentato dall’impresa esclusa, il Tribunale regionale tedesco proponeva rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia europea, affinché potesse stabilire la compatibilità della normativa regionale con la direttiva 2004/18, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi.

La decisione

La Corte di Giustizia chiarisce la portata della direttiva 2004/18 secondo la quale le amministrazioni aggiudicatrici possono esigere condizioni particolari, basate anche su considerazioni di tipo sociale, in merito all’esecuzione dell’appalto purché siano compatibili con il diritto comunitario e siano precisate nel bando di gara o nel capitolato d’oneri. Nel caso d’esame, la fissazione di un salario minimo da erogare ai lavoratori che eseguiranno la prestazione di lavoro, può essere considerata istanza di tipo sociale, in quanto volta a combattere le distorsioni della concorrenza che possono verificarsi nell’attribuzione di appalti pubblici per effetto dell’utilizzo di manodopera a buon mercato e ad alleviare gli oneri che ne risultano per i sistemi di protezione sociale. Tale obbligo, quindi, risulta trasparente e non discriminatorio e compatibile con un’ulteriore direttiva europea, la direttiva 96/71 sul distacco dei lavoratori, che prevede una tariffa salariale minima volta a proteggere e garantire i lavoratori distaccati dalle imprese stabilite in altri Stati membri, per l’esecuzione dell’appalto pubblico. La direttiva 2004/18 è applicabile alla fattispecie in esame perché il valore dell’appalto di cui trattasi nel procedimento principale supera manifestamente la pertinente soglia d’applicazione della stessa direttiva (euro 200.000), si deve, pertanto, considerare che tale appalto presenta un interesse transfrontaliero certo.

In definitiva la Corte di Giustizia dell’Unione europea chiarisce che la direttiva 2004/18 non osta ad una normativa che preveda l’esclusione, dalla partecipazione ad una procedura di appalto pubblico, degli offerenti e dei loro subappaltatori che si rifiutino di impegnarsi, mediante una dichiarazione scritta allegata alla loro offerta, a versare un salario minimo prefissato al personale assegnato all’esecuzione delle prestazioni.

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Claudia Tufano

Nata a Napoli nel 1987, ha conseguito la laurea in giurisprudenza nel luglio 2012, presso l'Università degli studi Federico II di Napoli, discutendo una tesi in diritto amministrativo dal titolo "Commento alla sent. TAR Umbria n. 23/2010. L'abusivismo edilizio", relatore Prof. Lorenzo Liguori. Da novembre 2012 a maggio 2014 inizia il tirocinio forense presso uno studio legale, occupandosi prevalentemente di contenzioso amministrativo e civile. Nel luglio 2014 consegue il diploma presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali. Nel gennaio 2016 è abilitata all'esercizio della professione forense.

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