Art. 65O c.p. e “Coronavirus”

Art. 65O c.p. e “Coronavirus”

L’attuale emergenza epidemiologica legata al diffondersi del virus COVID – 19 (c.d. “Coronavirus”), ha riportato in auge l’art. 650 c.p., reato di natura contravvenzionale con cui si apre il Libro III del Codice Penale; il suddetto articolo  è infatti richiamato dall’art. 3 comma 4 del Decreto Legge 23 febbraio 2020 n. 6, concernente “Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID – 19”.

L’art. 650 c.p., rubricato “Inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità”, punisce chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragione di giustizia, sicurezza pubblica, ordine pubblico o d’igiene, con la pena dell’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a 206 euro, salvo che il fatto costituisca più grave reato. Il bene giuridico tutelato dalla disposizione è la “polizia di sicurezza”, rientrante in un’accezione lata di ordine pubblico, la cui lesione viene sanzionata a seguito dell’inosservanza di un provvedimento “legalmente dato” dalle autorità avente il potere di imporre o vietare una certa condotta, limitando pertanto la libertà di autodeterminazione dell’individuo.

La previsione incriminatrice di cui a all’art. 650 c.p., stante la clausola di riserva presente nella disposizione, ”è norma di natura sussidiaria che trova applicazione solo quando l’inosservanza del provvedimento dell’autorità non sia sanzionata da alcuna norma, penale o processuale o amministrativa” (Cass. Pen., 25 ottobre 2005, n. 43398) e comunque nel caso in cui “la violazione del provvedimento non sia altrimenti sanzionata” (Cass. Sez. III, 7 giugno 2019, n. 25322). Parte della giurisprudenza di legittimità ritiene peraltro che la  clausola di sussidiarietà contenuta nella contravvenzione prevista dall’art. 650 c.p. operi esclusivamente nel rapporto tra fattispecie aventi entrambe natura penale (Cass. Pen., 25 novembre 2014, n. 51186). La disposizione in parola, inoltre, è considerata un esempio di norma penale “in bianco”, in considerazione del fatto che il precetto della norma viene individuato da una fonte di rango inferiore alla legge, in questo caso da un decreto legge, con buona pace di chi ha sostenuto che il decreto legge non possa essere fonte di norme penali (ex multis, Marinucci – Dolcini, Manuale di Diritto Penale – Parte Generale, Milano, 2018, pp. 45 e ss.). Secondo tale autorevole dottrina, infatti, la caducità intrinseca del decreto legge in caso di mancata conversione produce effetti sulla libertà personale non più reversibili, tanto nel caso di nuove incriminazioni quanto nel caso di inasprimento di un preesistente trattamento sanzionatorio. Tale soluzione interpretativa è stata propugnata anche dalla Corte Costituzionale in diverse pronunce (sul punto, tra le tante, cfr. Corte Cost. 12 ottobre 2012, n. 230).

Il soggetto attivo del reato è il destinatario del provvedimento legalmente dato dall’autorità che potendo ottemperarvi non vi abbia adempiuto. Giova ricordare peraltro che il soggetto attivo del reato ex art. 650 c.p. è non solo la persona fisica nei confronti della quale l’ordine è stato emesso, ma anche il legale rappresentante di persona giuridica, dal momento che tanto la lettera della legge quanto la sua ratio, anche alla luce del principio di uguaglianza di cui all’articolo 3 della Costituzione, non consentono un’interpretazione dell’art. 650 c.p. dalla quale esulino le persone giuridiche. Persona offesa del reato in parola è “la collettività nel cui interesse l’ordine deve essere adempiuto”, mentre il privato che lamenta un pregiudizio dall’inosservanza del provvedimento può assumere solamente la qualifica di danneggiato dal reato (Cass., Sez. III, 23 agosto 2016, n. 3528).

Ai fini della configurabilità della fattispecie di cui all’art. 650 c.p., per quanto concerne l’elemento psicologico del reato, è sufficiente la mera colpa, come per tutte le contravvenzioni; tuttavia sia la giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. I, 11 marzo 1995, n. 2398) che quella di merito (Trib. Palermo, 25 novembre 2006, n. 2994) paiono orientate nel senso di richiedere una forma di intenzionalità alla base dell’omissione, che renda evidente l’intenzione dell’agente di inosservare senza giustificazione l’ordine datogli.

In punto di consumazione del reato, sia che l’ordine dell’Autorità imponga un obbligo di fare, sia che imponga un obbligo di astenersi dal fare, indipendentemente dall’indicazione di un termine, il soggetto dovrà conformare la sua condotta al comando, e, in caso di inottemperanza, la consumazione del reato di natura omissiva permanente inizierà a decorrere  dall’inutile scadenza del termine prefissato dall’autorità e, in difetto, dalla scadenza di quel termine entro il quale ragionevolmente il soggetto sarebbe stato in grado di obbedire, secondo una valutazione discrezionale del giudice che terrà conto del caso concreto e del tipo di adempimento richiesto. In proposito, occorre sottolineare che ai fini del giudizio di responsabilità in ordine al reato di cui all’art. 650 c.p., il giudice è tenuto a verificare preventivamente la legalità formale e sostanziale del provvedimento che si assume violato, sotto i tre profili della violazione di legge, dell’eccesso di potere e della incompetenza. Nel caso in cui  uno di tali profili dovesse ritenersi mancante, l’inosservanza del provvedimento non integrerebbe il reato in parola in quanto il provvedimento stesso non sarebbe stato emanato legittimamente (Cass. Sez. I, 7 dicembre 2018, n. 54841).

Come precedentemente riportato, l’art. 3 comma 4 del Decreto Legge 23 febbraio 2020 n. 6 richiama espressamente la fattispecie di cui all’art. 650 c.p.: “Salvo che il fatto non costituisca più grave reato, il mancato rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è punito ai sensi dell’art. 650 del codice penale”. Appare evidente che il riferimento all’art. 650 c.p. riguarda i provvedimenti legalmente dati per ragioni igieniche e sanitarie, tra i quali deve senz’altro annoverarsi anche l’Ordinanza del Ministero della Salute del 21 febbraio 2020, nonostante il testo non presenti alcun richiamo all’art. 650 c.p. La medesima considerazione deve farsi peraltro anche per il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1 marzo 2020, recante ulteriori disposizioni attuative del Decreto Legge 23 febbraio 2020 n. 6.


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