Assegno di mantenimento: analisi critica della sentenza n. 11504/2017

Assegno di mantenimento: analisi critica della sentenza n. 11504/2017

La rivoluzionaria sentenza della Cassazione n. 11504/2017 ha ridisegnato i margini entro i quali sarà possibile ottenere il riconoscimento del diritto all’assegno di mantenimento.

Si abbandona infatti, per la determinazione dell’assegno di mantenimento, il criterio del “tenore di vita goduto in costanza di matrimonio”, per dare spazio ad un nuovo criterio, ovverosia quello dell’autosufficienza.

La Cassazione ha infatti ritenuto da tempo che il riconoscimento al diritto di mantenimento dovrà avvenire solo ed esclusivamente laddove il coniuge richiedente si trovi realmente in condizioni economiche del tutto disagiate, negando invece tale riconoscimento laddove lo stesso sia perfettamente in grado di svolgere attività lavorativa, attività che permetta al coniuge richiedente di rendersi del tutto autonomo economicamente.

L’eliminazione del criterio del tenore di vita in costanza di matrimonio  si deve ad una definitiva inversione di tendenza: tale criterio infatti rappresentava uno dei criteri più discussi in sede di determinazione della somma da versare a titolo di mantenimento.

Determinare la somma dovuta a titolo di mantenimento considerando anche il tenore di vita tenuto dai coniugi durante il matrimonio, comportava infatti notevoli scontri in sede di giudizio ove da una parte si poneva il richiedente che sperava di mantenere immutate le proprie condizioni economiche, nonostante la separazione, e dall’altra invece il coniuge che si rifiutava di dovere “sborsare” somme rilevanti all’ex coniuge, interessi che risultavano e risultano sempre difficili da contemperare nei casi concreti.

Tale radicale cambiamento di rotta è evidentemente dettato dall’evoluzione della società stessa, in cui ormai da tempo anche le donne (soggetti che principalmente, non lavorando, formalizzano la richiesta di mantenimento) svolgono attività lavorative e sono in grado di garantirsi un reddito mensile che gli permetta di mantenersi in modo del tutto autonomo.

Tuttavia tali ultimi orientamenti sempre più orientati alla riduzione del riconoscimento del diritto al mantenimento se non in casi davvero necessari, hanno determinato e comportano di fatto, quale effetto diretto, una maggiore difficoltà dal punto di vista probatorio.

In un contesto storico in cui “la donna” è in grado di lavorare – poiché munita di ottimi titoli per potere accedere alle più svariate attività lavorative – risulta spesso difficile dimostrare quando possa dirsi autonoma dal punto di vista economico, stante la crisi economica che sta interessando il nostro Paese.

A seguito della nuova pronuncia un ulteriore difficoltà sarà quella di dovere provare l’autosufficienza o meno del coniuge richiedente.

In particolare quando ed in presenza di quali condizioni potrà dirsi che l’ex coniuge sia o no “autosufficiente” in modo tale da poter negare il diritto ad un assegno di mantenimento?

Sarà dunque soltanto la diretta applicazione del nuovo criterio che permetterà di potere stabilire entro quali margini si potrà ancora godere del diritto al mantenimento.

Di certo questa rivoluzionaria inversione di rotta degli ermellini ridurrà quanto meno le aspettative di ex mogli che, del tutto contrarie a svolgere una qualsiasi attività lavorativa, hanno potuto ottenere somme a titolo di mantenimento, anche piuttosto elevate.


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Alessandra Di Marco

Laurea in Giurisprudenza presso Università degli studi di Palermo con tesi in diritto processuale penale: "Processo Penale e Diritto di Informazione". Iscritta all'albo degli Avvocati di Caltanissetta.

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