Assicurazione sulla vita: un conflitto giurisprudenziale destinato ad essere risolto

Assicurazione sulla vita: un conflitto giurisprudenziale destinato ad essere risolto

Sommario: Premessa – 1. Il caso – 2. Il contrasto – 3. Il rinvio

Premessa

In materia di assicurazione sulla vita in favore di un terzo, più volte la Suprema Corte è stata investita della questione concernente l’individuazione dei “beneficiari” e la misura dell’indennizzo da liquidare in loro favore.

Tuttavia, sul punto la giurisprudenza è sempre stata molto ondivaga.

Le difficoltà interpretative sono legate alle diciture che molto spesso ritroviamo nelle clausole generali delle polizze assicurative. Infatti, nella grande maggioranza dei casi, le clausole con le quali si individuano i “beneficiari” prevedono una generica indicazione ai “legittimi eredi”, senza alcuna specificazione ulteriore. Il problema principale è quello di stabilire se detta espressione faccia riferimento a coloro che in astratto rivestono la qualità di erede legittimo, o se invece sia riferita ai soggetti effettivamente destinatari dell’eredità.

Con l’ordinanza n. 33195 del 16 dicembre 2019, la Cassazione da atto dell’esistenza di un contrasto giurisprudenziale e, per gli effetti, rinvia la questione alle Sezioni Unite.

1. Il caso

A.B. conveniva in giudizio una nota compagnia assicurativa al fine di ottenere una diversa liquidazione delle somme spettategli a titolo di indennità, in relazione a quattro polizze assicurative sulla vita sottoscritte dal fratello deceduto, di cui egli era erede unitamente a quattro nipoti (succeduti per rappresentazione alla sorella defunta in data precedente alla stipula dei contratti).

A.B. sosteneva che la quantificazione doveva fondarsi sui principi successori e non sulla mera designazione contrattuale. La domanda veniva prima rigettata in primo grado, e successivamente accolta in appello.

La compagnia assicurativa proponeva così ricorso in Cassazione affidandosi a due distinti motivi.

Con il primo motivo la società ricorrente assumeva che, l’espressione delle clausole generali con la quale il contraente designa come beneficiari in caso di morte “gli eredi legittimi”, indica esclusivamente i beneficiari delle polizze assicurative sulla vita, senza che ciò comporti un rinvio alla disciplina successoria idoneo ad individuare anche la misura delle quote spettanti.

Con il secondo motivo la compagnia censurava la violazione dei criteri prescritti dall’art. 1362 c.c., e lamentava l’interpolazione del significato della clausola. In buona sostanza assumeva che, un contratto deve essere interpretato cercando di ricostruire la comune intenzione delle parti. Inoltre questa deve essere determinata secondo il loro comportamento complessivo, anche posteriore rispetto alla conclusione del contratto.

2. Il contrasto

Inizialmente gli ermellini sostenevano che, nel contratto di assicurazione sulla vita a favore del terzo, la disposizione di cui all’art. 1920 c.c. – secondo cui, per effetto della designazione, il terzo acquista un diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione – doveva essere interpretata nel senso che, il diritto del beneficiario alla prestazione dell’assicurazione trovava fondamento nel contratto, ed era autonomo, cioè non derivato da quello del contraente (Cass. Civ., Sez. I, sent. 10 novembre 1994 n. 9388).

Pertanto, quando in un contratto di assicurazione sulla vita veniva previsto che l’indennità venisse liquidata in favore dei beneficiari designati (o in difetto agli eredi), tale clausola doveva essere interpretata nel senso che il meccanismo sussidiario di designazione del beneficiario era di per sé idoneo a far acquistare agli eredi i diritti nascenti dal contratto stipulato a loro favore. L’individuazione dei beneficiari-eredi andava poi effettuata attraverso l’accertamento della qualità di erede secondo i modi tipici di delazione dell’eredità.

Ove mancassero poi nel contratto dei criteri di ripartizione delle quote tra una pluralità di eredi, ai fini della liquidazione dell’indennità, le stesse dovevano presumersi uguali, essendo contrattuale la fonte regolatrice del rapporto.

Di diverso avviso, invece, è risultata essere l’interpretazione offerta dalla stessa Cassazione con la successiva pronuncia n. 19210/2015. Con essa è stato ritenuto che, pur acquistando il terzo un diritto proprio, esso non poteva ritenersi svincolato dalle regole successorie.

Infatti lo stipulante, designando in caso di morte la corresponsione dell’indennizzo agli eredi (testamentari o legittimi), non solo ha voluto individuare i destinatari dei diritti nascenti dal negozio, ma ha voluto anche determinare l’attribuzione dell’indennizzo in misura proporzionale alla quota in cui ciascuno è succeduto, atteso che in assenza di diverse specificazioni, lo scopo perseguito dallo stipulante è quello di assegnare il beneficio nella stessa misura regolata dalla successione.

Tuttavia tale orientamento può essere considerato come una battuta di arresto. Difatti, successivamente la giurisprudenza è ritornata sui suoi passi, riaffermando che la designazioni degli eredi (testamentari o legittimi) quali beneficiari del contratto, non è di per sé idonea ad assoggettare il rapporto alle regole della successione ereditaria, trattandosi di una mera indicazione del criterio di individuazione dei beneficiari, in funzione della loro astratta appartenenza alla categoria dei successori (Cass. Civ., Sez. II, sent. 21 dicembre 2016 n. 26606; Cass. Civ., Sez. VI, sent. 15 ottobre 2018 n. 25635).

Questo contrasto merita una risoluzione definita. Lo merita sopratutto per le diverse conseguenze che le due interpretazioni dell’art. 1920, co. 3, c.c., conducono. Infatti, nel primo caso, l’indennizzo dovrà essere suddiviso in parti uguali fra coloro che rivestono la qualifica di “erede legittimo”. Nel secondo caso, il quantum dovrà essere parametrato pro quota in base alle ordinarie regole successorie.

3. Il rinvio

Con l’ordinanza del 16 dicembre 2019 n. 33195 la Corte ha rimesso alle Sezioni Unite il seguente quesito:

“a) se in materia di assicurazione sulla vita in favore di un terzo, in presenza della diffusa formula contrattuale, presente anche nel contratto in esame e genericamente riferita ai “legittimi eredi”, detta espressione sia meramente descrittiva di coloro che, in astratto, rivestono la qualità di eredi legittimi o se debba intendersi, invece, che sia riferita ai soggetti effettivamente destinatari dell’eredità;

b) se la designazione degli eredi in sede testamentaria possa interferire, in sede di liquidazione di indennizzo, con la individuazione astratta dei legittimi eredi;

c) se, in tale seconda ipotesi, il beneficio indennitario debba ricalcare la misura delle quote ereditarie spettanti ex lege o se la natura di “diritto proprio” sancita dalla norma (cfr. art. 1920 c.p.c., u.c.) imponga una divisione dell’indennizzo complessivo fra gli aventi diritto in parti uguali“.

In attesa della risposta delle Sezioni Unite, permane il dubbio circa la corretta interpretazione della fattispecie.


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Dott. Filippo Foca

Laureato all'Università di Bologna nel 2017 con tesi di laurea correlata in Diritto Commerciale e Penale dal titolo "L’abuso di informazioni privilegiate tra normativa italiana ed europea" ottenendo dalla stessa il massimo punteggio disponibile. Fin subito dopo il titolo di laurea ha iniziato a svolgere la pratica forense presso lo Studio CMI Studio Legale & Associati. Ad oggi collabora con lo Studio Legale BCT. L'attività professionale svolta riguarda il campo del diritto civile, commerciale, societario, bancario, e sportivo. Partecipa inoltre ad eventi di natura giuridica come moderatore o relatore.

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