Atti sessuali con minorenne: il dubbio sull’età scrimina solo se diligentemente valutato

Atti sessuali con minorenne: il dubbio sull’età scrimina solo se diligentemente valutato

Cass. pen., sez. III, 23 aprile 2019, n. 17370

La vicenda. Un uomo, originario della Cina, veniva imputato per il reato di violenza sessuale nei confronti di una ragazza all’epoca dei fatti minore di anni 14, <<consistente in rapporti completi consumati in tre differenti occasioni>>. La Corte d’appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Vicenza, rideterminava la pena, applicata l’attenuante di cui all’art. 609-quater, quarto comma, cod. pen., nella misura di anni 1, mesi 6, giorni 20 di reclusione.

L’uomo proponeva ricorso per cassazione sostenendo che i rapporti erano stati consensuali. Sosteneva, poi, di essere stato ingannato sull’età della ragazza, di aver manifestato l’intenzione di sposarla dopo aver saputo che era incinta e adombrava l’ipotesi che avesse assunto farmaci per abortire e che fosse andata in ospedale per ricevere le pratiche del caso.

In particolare, lamentava che il perito non aveva indicato la metodologia usata nelle analisi diagnostiche e non aveva tenuto conto del <<differente sviluppo delle popolazioni asiatiche rispetto a quelle occidentali>> indicando, al riguardo, un margine di errore di due anni in eccesso o in difetto che, nella specie, sarebbero stati dirimenti. Concludeva, pertanto, nel senso che il diniego della rinnovazione della perizia non solo avrebbe integrato il vizio d’illegittimità della mancata acquisizione di una prova decisiva, ma anche quello di manifesta illogicità e contraddittorietà della decisione.

La decisione. Già il Tribunale aveva osservato che il perito aveva concluso in modo argomentato che <<l’età ossea della persona offesa era coerente con l’età desumibile dai suoi documenti d’identità>>; inoltre, in primo grado era emerso che l’imputato aveva <<comunque saputo che la data di nascita sul documento era falsa>> e, dunque, egli <<non poteva considerarsi irresponsabile perché l’incertezza della data di nascita avrebbe imposto uno specifico impegno conoscitivo. Accontentandosi invece delle rassicurazioni della ragazza, ammesso di averle effettivamente ricevute, aveva consapevolmente accettato il rischio di compiere atti sessuali con una dodicenne>>.

Gli Ermellini hanno affermato che la Corte territoriale ha motivatamente escluso la rinnovazione della perizia sull’età della ragazza, perché la relativa richiesta non appariva sufficientemente giustificata in ragione della solidità, logicità e congruenza del parere del perito, il quale aveva ben spiegato i criteri utilizzati nel corso dell’indagine tesi a ridurre il margine d’errore, parere peraltro corroborato dalle risultanze del documento identificativo e dalle dichiarazioni della ragazza.

Già il primo Giudice aveva dimostrato, infatti, come le dichiarazioni dell’imputato, lungi dal giustificare un’ipotesi assolutoria, avevano finito per suffragare la sua responsabilità.

Tali conclusioni sono state condivise dalla Corte territoriale e sono state confermate anche in Cassazione, perché è parimenti consolidato in giurisprudenza l’orientamento secondo cui l’ignoranza o il dubbio dell’età della persona offesa scriminano solo se diligentemente valutati dall’imputato (Cass., Sez. 3, n. 775 del 4/4/2017, dep. 2018, VH, Rv 271862), ciò che nella specie non è avvenuto.


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