Autocertificazioni e legittimità costituzionale ai tempi del Covid-19

Autocertificazioni e legittimità costituzionale ai tempi del Covid-19

Dubbio e scetticismo.

“Sentimenti ” contrastanti circa le autocertificazioni sottoscritte dinanzi agli agenti di Polizia dopo un controllo sugli spostamenti. Se tali dichiarazioni dovessero essere non veritiere la probabilità di un’azione penale sarebbe, oggi, tutta da dimostrare.

I giuristi stanno lanciando una forte (e veritiera) provocazione: i divieti alla libertà di circolazione per l’emergenza covid-19 mancano di forza ed efficacia di legge in quanto adottati con un Dpcm (Decreto del presidente del Consiglio dei Ministri) che è, cercando tra i ricordi di diritto costituzionale, un atto amministrativo e non un atto avente forza di legge.

Ad oggi sono state “controllate” quasi un milione di persone, dati delle Prefetture alla mano, e di queste circa 43mila sono state denunciate.

La Procura di Genova ha lanciato l’allarme e fa notare come l’elevato numero di denunce che ogni giorno giungono in Procura per inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità ex art. 650 c.p. e per falsa attestazione rischia di ingolfare in modo critico gli Uffici Giudiziari. A Genova, come nel resto d’Italia.

Quanto una persona può essere denunciata ex art. 483 c.p., vale a dire per attestazioni false a Pubblico Ufficiale in un atto pubblico? Rischiando una pena che può arrivare a due anni di reclusione?

E se anche le dichiarazioni fossero “non veritiere” quanto sarebbe per le Procure qualificare come “attestazione” penalmente valutabile una dichiarazione che non potrebbe ritenersi finalizzata a provare la verità dei fatti in essa esposti?

E come potrebbe essere possibile invocare le conseguenze penali previste, ex art. 495 c.p., in caso di dichairazioni mendaci così come indicato dal modello di autocertificazione predisposto dal Ministero dell’Interno?

Se i ricordi di diritto penale aiutano il delitto previsto dall’articolo 495 c.p. viene integrato esclusivamente dalle false attestazioni aventi ad oggetto l’identità, lo stato o altre qualità della persona. E l’ipotesi di dichiarare una falsa identità è, attualmente, piuttosto remota.

Oggi, nel nostro sistema costituzionale, lo “stato di eccezione” giustifica sì delle deroghe, ma queste non devono essere indiscriminate.

Si prospettano due problemi: uno di diritto costituzionale e l’altro di diritto penale.

Le restrizioni alla libertà di circolazione, tutelata dall’articolo 16 della Costituzione, e alla libertà di iniziativa economica, tutelata dall’articolo 41 della nostra Carta fondamentale rappresentano il primo problema.

Le limitazioni sono possibili solo con “legge o atto avente forza di legge”. Come il decreto legge n. 6/2020 con le “zone rosse” nel Nord Italia.

Ma poi le misure estese a tutto il territorio nazionale sono state previste da un Dpcm, un atto amministrativo, con totale e sostanziale elusione della riserva di legge.

La magistratura potrebbe, quindi, ben dubitare della legittimità dei provvedimenti adottati cn Dpcm al di fuori delle originarie zone rosse.

I magistrati potrebbero ritenere illegittimo il provvedimento la cui inosservanza viene contestata e, di conseguenza, disapplicarlo e pronunciare assoluzione. O potrebbero sollevare un’eccezione di legittimità costituzionale.

Sembrerebbe, pertanto, che la tutela penale delle misure di contenimento del Covid-19 si regga – oggi – su un reato c.d. “bagatellare”.

L’art. 650 c.p. prevede infatti la pena dell’arresto fino a tre mesi, alternativa l’ammenda fio a 206 euro.

E’ una contravvenzione, per la quale è possibile definire la vicenda penale con l’oblazione pagando pochi euro.


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Agostina Stano

Avvocato del Foro di Milano Volontaria presso l'associazione Avvocato di Strada Onlus di Milano

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