Automatismi e comunicazioni antimafia: profili di illegittimità costituzionale

Automatismi e comunicazioni antimafia: profili di illegittimità costituzionale

Con ordinanza del 29 aprile 2021, n. 448, il T.A.R. per il Piemonte ha sottoposto al vaglio di legittimità della Corte Costituzionale l’automatismo interdittivo derivante ipso iure dalla adozione di una comunicazione antimafia, ai sensi degli artt. 84, comma 2, e 67, comma 8, del d.lgs. n. 159/2011, con peculiare riferimento al reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti accertato con sentenza anche non definitiva di condanna, confermata in appello, di cui all’art. 452-quaterdecies c.p.

La problematica degli automatismi sanzionatori pervade, prevalentemente, la materia penale in quanto gli stessi non consentono di calibrare la pena alle specificità del caso concreto, impedendo la attuazione dei principi di rango costituzionale della personalità della responsabilità penale (art. 27, comma 1, Cost.) e della necessaria individualizzazione del trattamento sanzionatorio. Allo stesso modo, gli automatismi frustrano la funzione rieducativa della pena che, essendo percepita come ingiusta dal reo, è inidonea a fungere da stimolo per un percorso di ravvedimento e di risocializzazione (art. 27, comma 3, Cost.).

Nell’ambito delle misure di prevenzione antimafia, preordinate ad anticipare la soglia della tutela ad un momento prodromico al radicarsi delle associazioni di stampo mafioso all’interno della pubblica amministrazione e nel mercato, la componente sanzionatoria è assente e/o del tutto residuale rispetto alla finalità di deterrenza e non vengono in rilievo le istanze garantiste insite nella graduazione della pena e nella funzione rieducativa. Tuttavia, anche relativamente all’espletamento della funzione di prevenzione generale, si è posto un problema di proporzionalità, ai sensi dell’art 3 della Costituzione, degli automatismi interdittivi discendenti ipso iure dalla adozione di una comunicazione antimafia, con peculiare riferimento al reato previsto dall’art. 452-quaterdecies c.p.

L’art. 84, comma 2, del d.lgs. n. 159/2011, difatti, attribuisce al prefetto un potere vincolato di adottare la comunicazione antimafia quando accerti la sussistenza di una delle cause di decadenza, sospensione o divieto di cui all’art. 67 del medesimo corpus normativo. A differenza delle informazioni antimafia (artt. 87 e ss.), ove il prefetto è tenuto in aggiunta ad accertare che sia intervenuto un tentativo di infiltrazione mafiosa alla luce del quadro indiziario grave, preciso e concordante e dei collegamenti informatici, nelle comunicazioni antimafia è assente qualsivoglia profilo di valutazione discrezionale ed il prefetto al cospetto di una delle cause di decadenza, sospensione o divieto, è obbligato ad adottare il provvedimento. Nonostante tale profondo divario tra la comunicazione e la informazione antimafia, l’art. 67 del d.lgs. n. 159/2011 dispone che da entrambe derivino una serie di effetti interdettivi tra cui: i destinatari delle misure di prevenzione (libro I, titolo I, capitolo II) non possono ottenere licenze o autorizzazioni; concessioni di acque pubbliche, beni demaniali o servizi pubblici; iscrizioni negli elenchi di appaltatori e fornitori di opere, beni e servizi; attestazioni di qualità per lo svolgimento di lavori pubblici; contributi, finanziamenti o mutui agevolati da parte dello Stato, enti pubblici o Comunità europee. Nonché il provvedimento definitivo impone il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione.

I pervasivi effetti di tipo interdittivo risultano giustificati dall’esigenza di prevenire il fenomeno della infiltrazione mafiosa allo stadio anteriore a quello del suo radicamento, evitando l’interferenza nelle scelte e negli indirizzi della pubblica amministrazione preordinata al perseguimento degli interessi pubblici primari e la contaminazione del mercato. Il T.A.R. per il Piemonte ha, tuttavia, riscontrato un difetto di proporzionalità degli automatismi interdittivi derivanti dalle comunicazioni antimafia con riferimento al reato di cui all’art. 452-quaterdecies c.p., ovvero di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti accertato anche con condanna non definitiva, purché confermata in appello. La criticità rilevata si inscrive proprio all’interno della ratio degli automatismi interdittivi volti a contrastare il fenomeno mafioso al cospetto di un reato che secondo la Suprema Corte di Cassazione (Cass. Sez. III, 28 ottobre 2019, n. 43710) può essere integrato anche in forma non associativa, venendo meno il collegamento con gli artt. 416 e 416-bis c.p.

L’art. 452-quaterdecies c.p., collocato tra i delitti contro l’ambiente dal decreto 1° marzo 2018, n. 21, secondo l’interpretazione fornitane dall’organo nomofilattico incrimina una attività organizzata per il traffico di rifiuti anche in forma rudimentale, con la predisposizione di mezzi e risorse minimi per lo svolgimento della condotta in forma imprenditoriale, purché l’organizzazione non sia occasionale ma abituale. Pertanto, il reato comune è contemplato in una fattispecie monosoggettiva che può essere integrata anche qualora l’attività imprenditoriale non abbia una struttura associativa. Secondo la Suprema Corte di Cassazione non è necessario accertare l’esistenza di una associazione per delinquere o di stampo mafioso costituita al fine di realizzare un programma criminoso bensì il traffico illecito di rifiuti può ben essere effettuato da una impresa (o imprenditore) che operi lecitamente nel mercato. Il bene giuridico tutelato dal reato è l’ambiente ed il corretto e lecito smaltimento di rifiuti piuttosto che l’ordine pubblico. A fronte di ciò il delitto di cui all’art. 452-quaterdecies c.p. può concorrere con le fattispecie di cui agli artt. 416 e 416-bis.

Alla luce di tali considerazioni, il T.A.R. Piemonte ha rilevato un profilo di illegittimità costituzionale per contrasto con l’art. 3 Cost., ovvero per trattamento eguale di situazioni diverse, laddove l’automatismo interdittivo derivi da un delitto che può essere del tutto avulso da collegamenti con la criminalità organizzata, subspecie di tipo mafioso. Nel novero dei reati contemplati dall’art. 67 del d.lgs. n. 159/2011, difatti, gli effetti interdittivi si giustificano per la gravità dei delitti indicati e per la connessione con le associazioni a delinquere. Diversamente, la giurisprudenza ritiene configurabile il delitto di attività organizzata per il traffico di rifiuti anche in assenza di una struttura associativa (imprenditore singolo), stabilmente asservita alla realizzazione di programmi criminosi contrastanti con l’ordine pubblico. Inoltre, le comunicazioni antimafia (differentemente dalle informazioni) prescindono dall’effettivo riscontro da parte del prefetto di tentativi di infiltrazione mafiosa, debitamente argomentati alla luce del quadro indiziario. Pertanto, dall’accertamento della sussistenza di una delle cause di decadenza, sospensione o divieto di cui all’art. 67, discende l’obbligo del prefetto di adottare la comunicazione antimafia che, a sua volta, determina l’automatismo interdittivo.

Pertanto, il T.A.R. per il Piemonte ha sostenuto: “Orbene, a fronte di tutto quanto sopra esposto, questo Collegio rileva che, alla luce dei principi di ragionevolezza e proporzionalità, l’effetto automatico proprio della comunicazione antimafia nell’ipotesi di condanna per il reato di cui all’art. 452-quaterdecies c.p., nella sua variante non associativa e non correlata alla criminalità organizzata, non risponde compiutamente alla tutela dell’interesse pubblico generale sotteso all’istituto della comunicazione antimafia comportando il rischio di un’indebita lesione di diritti costituzionalmente garantiti, primi tra tutti la libertà di iniziativa economica di cui all’art. 41 della Costituzione, la quale verrebbe fortemente pregiudicata dai provvedimenti ostativi “a cascata” conseguenti alla comunicazione antimafia, nonché sul sistema di sicurezza sociale di cui all’art. 38 della Costituzione, atteso che la funzione della comunicazione è quella di inibire, nei rapporti tra i privati stessi, qualsivoglia attività soggetta ad autorizzazione, licenza, concessione, abilitazione, iscrizione ad albi (art. 67 del d.lgs. n. 159 del 2011), o anche alla segnalazione certificata di inizio attività (c.d. s.c.i.a) e alla disciplina del silenzio assenso (art. 89, comma 2, lett. a) e lett. b) del d.lgs. n. 159 del 2011).”

Conclusivamente, l’ordinanza n. 448/2021 ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3, 25, 27, 38 e 41 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 67, comma 8, d.lgs. n. 159 del 2011, come richiamato dal comma 2 dell’art. 84, nella parte in cui, rinviando all’art. 51, comma 3 bis, c.p.p., prevede l’automatismo interdittivo della comunicazione antimafia per il reato di traffico illecito di rifiuti (art. 452-quaterdecies c.p.), anche in forma non associativa.


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Sara Cimini

E' laureata in giurisprudenza alla luce di un percorso di studio che ha favorito il sorgere della passione e dedizione per il diritto amministrativo, le tematiche ambientali, il diritto pubblico ed il diritto penale. L'approfondimento delle materie è avvenuto attraverso la specializzazione nelle professioni legali (SSPL), la pratica forense svolta presso uno studio legale specializzato in diritto civile, condominio, diritto penale e amministrativo. Inoltre, ha svolto il tirocinio ex art. 73 d.l. n. 69/2013 presso il T.A.R. Lazio-Roma, Sez. III Principale. Durante la formazione ha acquisito competenze principalmente sugli appalti pubblici, servizi e trasporti pubblici, A.S.N., test di accesso alla facoltà di medicina e scuole di specializzazione nonché sulla organizzazione degli uffici pubblici e giudiziari.

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