Brevi cenni sul pegno ed alcune sue particolari tipologie

Brevi cenni sul pegno ed alcune sue particolari tipologie

Sommario: 1. Il pegno: disciplina e natura giuridica – 2. Oggetto del pegno – 3. Diritti, poteri ed obblighi del creditore – 4. Alcune particolari tipologie di pegno – 4.1 Il pegno irregolare – 4.2 Il pegno su cosa futura e su credito futuro – 4.3 Il pegno c.d. rotativo – 4.4 Il pegno c.d. non possessorio e la disciplina di cui al D.L. 59/2016 – 4.5 Il pegno c.d. omnibus

 

 

1. Il pegno: disciplina e natura giuridica

L’istituto del pegno è disciplinato, all’interno del nostro ordinamento, dagli articoli 2784 e seguenti del Codice Civile. In particolare, tale istituto è disciplinato nel Libro VI, Titolo III – Della responsabilità patrimoniale, Capo III del Codice Civile. Trattasi di una disciplina che mira a contemperare le fondamentali esigenze alla circolazione dei beni ed alla tutela del credito [1].

È necessario premettere che si tratta di un istituto che ha origini antiche, ben antecedenti al Codice Civile del 1942. Esso, infatti, era già previsto e disciplinato in maniera semplice e senza alcun tecnicismo nel Digesto De Verborum Significatione, che lo definiva “Pignus appelatur a pugno, quia res quae pignori dantur manu traduntur[2]. Arrivando ai tempi più moderni, si ritrova una disciplina dell’istituto in esame anche all’interno del Codice Civile del 1865 (i.e. Codice Pisanelli) agli artt. 1878 [3] e seguenti, ed altresì all’interno del Codice del Commercio del 1882 agli artt. 454 e seguenti.

La natura giuridica del diritto di pegno è dibattuta in dottrina e giurisprudenza: la dottrina maggioritaria, più autorevole ed assolutamente dominante, classifica l’istituto quale diritto reale di garanzia [4]; una corrente minoritaria e non preferibile ritiene, invece, che il diritto di pegno debba essere inteso come un diritto al valore di scambio del bene pignorato [5].

La funzione del pegno è quella di garantire il creditore, mediante consegna a quest’ultimo, da parte del debitore, di un bene affinché il titolare della posizione giuridica attiva possa, in caso di inadempimento del proprio credito, procedere alla vendita del bene stesso e soddisfare il proprio interesse sulla somma derivante dalla vendita. È quindi possibile affermare che la funzione caratteristica del pegno è quella di conservare la possibilità di far valere l’azione esecutiva rispetto ad una cosa specifica.

Per quanto riguarda la disciplina relativa alla costituzione del pegno, è stabilito che tale istituto possa essere costituito sia oralmente, sia con contratto avente data certa. La previsione della possibilità che il pegno possa esser costituito con atto avente forma scritta è strettamente legata alla prelazione [6] riconosciuta al creditore per il caso di inadempimento del debitore. Ciò non significa che in caso di mancanza di forma scritta il pegno non si costituisce. Infatti, come affermato anche dalla giurisprudenza,  il pegno si perfeziona con la (sola) consegna al creditore della cosa o del documento e non è richiesta, a tal fine, la forma scritta. La forma, lo si ripete, è prevista solo ai fini della prelazione del creditore pignoratizio sulla cosa ricevuta in pegno [7].

Il testo dell’art. 2784 c.c. prevede espressamente che «Il pegno è costituito a garanzia dell’obbligazione dal debitore o da un terzo per il debitore. Possono essere dati in pegno i beni mobili, le universalità di beni mobili, i crediti e altri diritti aventi per oggetto beni mobili.».

È proprio la previsione della terminologia «garanzia dell’obbligazione» ad esprimere e qualificare il diritto di pegno quale diritto reale di garanzia, il quale è munito di particolari caratteristiche: accessorietà, inerenza del bene, indivisibilità e prelazione.

La garanzia dell’obbligazione a favore del creditore si sostanzia, quindi, tanto in un vincolo reale di garanzia consistente nei diritti di prelazione e di espropriazione dell’eventuale terzo acquirente del bene (inerenza del bene o c.d. diritto di seguito [8]), quanto nel diritto di trattenere la cosa datagli in pegno per premere sulla volontà di adempiere del debitore [9], assieme al diritto di recupero della cosa [10], al diritto di soddisfarsi sui frutti prodotti dalla cosa data in pegno [11] ed, infine, in una facilitazione nelle forme di vendita della cosa stessa [12].

Il pegno è, per sua natura, una garanzia accessoria, in quanto necessariamente collegato ad un credito garantito ed è invalido (i.e. nullo) se tale credito è originariamente inesistente. Per cui, se il credito è invalido, il contratto di pegno risulta privo di causa.

La caratteristica di accessorietà comporta la nullità per difetto di causa dell’atto costitutivo della prelazione stipulato in relazione ad un credito non esistente, ma non esclude – in applicazione analogica dell’art. 2852 c.c. dettato in materia di ipoteca [13] – l’ammissibilità della costituzione della garanzia a favore di crediti condizionali che possano eventualmente sorgere in dipendenza di un rapporto già esistente [14]. È, conseguentemente, escluso che possa essere costituito il diritto di pegno per crediti del tutto eventuali, ossia destinati a nascere da fonti non ancora attuali, stante la necessità di evitare che la costituzione di un vincolo sulla proprietà del bene a tempo indeterminato volto a tutelare interessi meramente eventuali [15].

Per quanto riguarda la caratteristica della indivisibilità, l’art. 2799 c.c. sancisce espressamente che anche qualora il debito o la cosa data in pegno siano divisibili, il diritto di pegno resta unico ed indivisibile. Da ciò discende che: i) in caso di divisione o di alienazione parziale della cosa (ovviamente, se divisibile), il creditore non può esser costretto a procedere separatamente su ciascuna parte e ciascuna di esse risponde dell’intero debito; ii) in caso di divisione del debito in forza di successione ereditaria, la cosa gravata da pegno risponderà per l’intero debito, anche se è stata attribuita iure successionisad uno solo tra i coeredi del debitore, il quale avrà diritto di regresso verso gli altri coeredi per la loro parte; iii) il debitore che adempie ad una parte del debito non può pretendere la restituzione [16] di una parte proporzionale della cosa [17]; iv) nel caso di divisione del credito tra più creditori, ciascuno di essi può agire per la sua parte di credito sull’intera cosa, e non potrà restituirla, qualora ne sia possessore, fino a quando non è stato soddisfatto il credito degli altri creditori.

Preme evidenziare che il principio di indivisibilità sancito dall’art. 2799 c.c., secondo un orientamento della dottrina, è rinunciabile da parte del creditore con espressa pattuizione: egli, tuttavia, senza il consenso del costituente, non può dividere la cosa per agire solo su parte di essa [18].

A seguito dell’analisi fin qui fatta, è spontaneo domandarsi quali siano i crediti garantibili con il pegno.

Come sopra già affermato, la funzione caratteristica del pegno è quella di conservare la possibilità di far valere l’azione esecutiva rispetto ad una cosa specifica. Ebbene, tale funzione induce, da una parte, ad affermare che possano essere garantiti da pegno quei crediti muniti del carattere di certezza e, dall’altra, ad escludere che possano essere garantiti da pegno le obbligazioni naturali non assistite da azioni o diritti diversi dai diritti di credito (non suscettibili di esecuzione forzata), quali i diritti reali [19].

Il credito garantito da pegno, quindi, può essere di qualsiasi tipo, senza necessità che, quando abbia un oggetto diverso dal denaro, venga liquidato in via approssimativa già nello stesso atto di costituzione (come è prescritto, invece, dall’art. 2809 c.c. per le ipoteche) [20].

La dottrina e la giurisprudenza hanno altresì affrontato la questione relativa alla possibilità di garantire con pegno dei crediti futuri. In particolare, la giurisprudenza ha avuto modo di evidenziare in più occasioni che, nel caso di crediti futuri, è sempre necessaria – ai fini della validità del contratto, ai sensi dell’art. 1346 c.c. – la determinatezza o determinabilità del credito. Tale caratteristica relativa all’oggetto del contratto postula l’individuazione non solo dei soggetti del rapporto, ma altresì dalla sua fonte.

2. Oggetto del pegno

Ai sensi dell’art. 2784, comma 2°, c.c., «possono essere dati in pegno i beni mobili, le universalità di beni mobili, i crediti e altri diritti aventi per oggetto beni mobili».

Per quanto riguarda la costituzione di pegno su beni mobili, è necessario dare una lettura combinata del sopra citato comma 2° assieme a quanto disposto dall’art. 2786 c.c. Quest’ultimo articolo, infatti, stabilisce alcune regole circa la costituzione del c.d. pegno regolare (i.e. pegno su cose mobili).

Il pegno, a norma dell’art. 2786 c.c., si costituisce mediante consegna della cosa. La traditio, ovvero la consegna della cosa al creditore, realizza pertanto lo spossessamento del debitore con lo scopo di permette di realizzare la finalità del pegno, ossia impedire che il soggetto obbligato compia atti di disposizione sulla cosa, così pregiudicando il diritto di garanzia del titolare.

È necessario far presente che può anche accadere che creditore e debitore decidano di regolarsi diversamente per quanto riguarda la custodia del bene oggetto di pegno e che designino un terzo a cui consegnarlo, con conseguente applicazione della normativa sul deposito (art. 1773 c.c.) o che decidano – come prevede lo stesso art. 2786 c.c. – di porre la cosa sotto la custodia di entrambi, per evitare che il debitore ne possa disporre senza la cooperazione del creditore.

L’art. 2784 comma 2 c.c. non rende assoggettabili a pegno i c.d. beni mobili registrati. Ciò poiché questa categoria di beni, essendo particolarmente affine alla categoria dei beni immobili, può essere oggetto di un altro diritto reale di garanzia: l’ipoteca [21].

Nell’elenco di beni assoggettabili a pegno, sono incluse altresì le c.d. universalità di beni mobili, con ciò intendendosi, a norma dell’art. 816 c.c., la pluralità di cose che appartengono alla stessa persona e che hanno una destinazione. La dottrina ha elaborato tale concetto di universalità in funzione del pegno, affermando che sono assoggettabili a quest’ultimo solo ed esclusivamente le c.d. universalità di fatto [22], escludendo quindi le c.d. universalità di diritto [23]. La destinazione unitaria rileva in sede di contenuto e funzionamento del pegno, e non in sede costitutiva, per cui, rispetto ai singoli beni che compongono l’universitas facti e, al medesimo modo, essa rileva in caso di inadempimento dell’obbligazione cui è accessorio il pegno. In tal caso, la vendita avrà per oggetto non i singoli beni mobili, perché ciò sarebbe in evidente contrasto con la destinazione unitaria imposta dall’universalità, bensì il loro complesso come universitas [24].

 La destinazione unitaria rileva anche nel senso di non rendere necessario il materiale impossessamento di ogni singolo bene mobile che compone l’universalità, risultando sufficiente l’acquisizione del potere di fatto sull’intera universitas alla stregua di criteri economico-sociali. Per il medesimo motivo, il pegno è automaticamente esteso, senza alcuna necessità di apposito impossessamento, a qualsiasi altro bene che entri a far parte dell’universitas in un momento successivo [25].

Una particolare tipologia di universalità che può essere oggetto di pegno è l’azienda, ma, qualora quest’ultima sia composta tanto da beni immobili quanto da beni mobili, il pegno si costituisce solo ed esclusivamente su questi ultimi, sempre che essi siano – da soli – sufficienti a qualificare l’insieme di beni quale universitas facti [26]. Nel caso di costituzione di pegno di azienda, la dottrina [27] ha parificato la posizione giuridica del creditore a quella che caratterizza l’usufruttuario di azienda, applicando analogicamente l’art. 2561 c.c.: il creditore diviene imprenditore e risponde dei debiti contratti nell’esercizio dell’impresa.

Il comma 2 dell’art. 2784 c.c., tra gli oggetti assoggettabili a pegno, annovera anche i crediti ed i diritti aventi ad oggetto beni mobili. Tale tipologia di pegno è espressamente disciplinata agli artt. 2800 a 2807 c.c. e, come previsto da quest’ultima norma, «per tutto ciò che non è regolato nella presente sezione si osservano, in quanto applicabili, le norme della sezione precedente” ovvero quella relativa al pegno di beni mobili». Con ciò il legislatore ha voluto prevedere che si applicano al pegno di credito le norme circa gli obblighi di conservazione del credito da parte del creditore pignoratizio, oltre all’obbligo di non abusare del diritto di credito (cfr. artt. 2790, 2792 e 2793 c.c.), da intendersi nel senso specifico in cui queste norme sono applicabili (conservazione del documento probatorio e la c.d. conservazione giuridica), oltre imponendo l’applicazione degli artt. 2789, 2794, 2795 e 2799 c.c.

3. Diritti, poteri, obblighi e facoltà del creditore

Con riferimento a diritti, poteri e facoltà del creditore, egli può innanzitutto tutelarsi, in caso di perdita del bene, mediante l’esercizio, iure proprio, delle azioni possessorie di spoglio e manutenzione nonché, nomine alieno, dell’azione di rivendicazione, se spettante al costituente debitore.

Inoltre, il creditore ha una limitata facoltà di godimento della cosa, nel senso che – come già anticipato – se quest’ultima è fruttifera egli può, salvo patto contrario, fare suoi i frutti, imputandoli prima a spese ed interessi e poi al capitale ai sensi dell’art. 2791 c.c.

Una regola analoga è posta dall’art. 2802 c.c. in tema di pegno di crediti. Prima di vendere la res data in pegno per soddisfare il proprio interesse, il creditore è tenuto ad intimare al debitore il pagamento del debito, avvertendolo che, altrimenti, procederà alla vendita (cfr. art. 2797 c.c.). Come si accennava in precedenza, è peraltro ammessa la vendita anticipata, prima della scadenza del credito, concretandosi questa in una forma di tutela cautelare cui si applicano analogicamente gli artt. 700 ss c.p.c.

Il creditore è tuttavia sottoposto anche ad obblighi specifici tra cui, in particolare, quello di custodire la cosa ricevuta in garanzia (art. 2790 c.c.) e di non usarla senza il consenso del costituente, salvi i casi di necessità (tra cui vi rientra, ex art. 2792 c.c., il caso di utilizzo per la conservazione della cosa).

Secondo quanto disposto dall’art. 2794 c.c., quando il credito garantito sia esattamente adempiuto, il pegno si estingue, ed il debitore che aveva costituito la garanzia può esigere la restituzione della cosa. Tuttavia, il comma 2 del medesimo articolo disciplina la particolare fattispecie di nuovo rapporto obbligatorio sorto medio tempore tra le medesime parti (le quali ricoprono la medesima posizione giuridica dell’obbligazione anteriore) e prevede, in capo al creditore, il diritto di ritenzione della cosa data inizialmente in pegno, qualora egli vanti il nuovo credito sorto dopo la costituzione del pegno e scaduto prima del pagamento del debito anteriore. Quest’ultima fattispecie descritta è il c.d. pegno gordiano, una forma di autotutela che consiste nel potere del creditore possessore di rifiutare la restituzione del bene al debitore fino al momento dell’estinzione della nuova obbligazione [28].

4. Alcune particolari tipologie di pegno

Rispetto all’istituto del pegno previsto e disciplinato dall’originario Codice Pisanelli del 1865, oggi l’ordinamento giuridico italiano è caratterizzato dalla presenza di varie tipologie di pegno che vanno oltre la mera figura del c.d. pegno regolare fin qui analizzata. Tra le varie tipologie di pegno, alcune di queste meritano una attenzione più particolare in quanto nate per esigenze commerciali, finanziarie o bancarie e che hanno dato origine ad alcune questioni circa la loro ammissibilità.

4.1 Il pegno irregolare

La tipologia di pegno dettata in ambito di contratti bancari è il c.d. pegno irregolare, espressamente disciplinato dall’art. 1851 c.c.

Esso si distingue dal c.d. pegno regolare o pegno su beni mobili (così come disciplinato dagli artt. 2784 e ss. c.c.), in primis, per il fatto che esso ha ad oggetto una cosa fungibile (ad esempio somme di denaro o titoli), per cui l’oggetto della garanzia non è la cosa determinata, bensì la stessa quantità dello stesso genere di bene; in secundis, per il fatto che il creditore acquista la proprietà delle cose ricevute così che egli, da un lato, non sarà costretto a curare alcuna vendita per realizzare il proprio credito e, dall’altro, avrà la possibilità di restituire, invece delle stesse cose, il tantundem (ossia cose del medesimo genere e nella medesima quantità) [29].

Nel pegno irregolare, quindi, il creditore può disporre delle cose fungibili ricevute in pegno ed assume l’obbligo di restituire, alla scadenza dell’obbligazione principale, una somma equivalente al valore delle cose costituite in pegno se il debitore adempie l’obbligazione principale, ovvero una somma pari all’eventuale eccedenza del loro valore rispetto a quello della prestazione dovuta, se tale obbligazione rimane inadempiuta. Differentemente, in caso di inadempimento del debitore, si verificherà la coesistenza di debiti reciproci tra lo stesso debitore ed il creditore garantito. Sul punto, in giurisprudenza, si sono alternate due differenti correnti di pensiero: una prima, meno recente, afferma che si applicano alla fattispecie i principi della compensazione di cui agli art. 1241 e ss. c.c. [30]; una seconda, più recente, sostiene che il creditore, avendo acquistato la proprietà delle cose date in pegno, abbia diritto di soddisfarsi direttamente sulla cosa per effetto di un’operazione contabile estranea alla compensazione [31].

Data la fonte normativa posta a fondamento dell’istituto in esame, è chiaro che il bene fungibile che nella prassi viene assoggettato a pegno irregolare sia il denaro. In tal caso, la circostanza che il creditore, avendo acquistato la disponibilità della somma, si trovi a godere di interessi, fa sì che il ricavato debba essere sempre imputato alle spese, poi agli interessi e poi al capitale dovuti dal creditore, così come espressamente previsto dall’art. 2791 c.c. dettato in materia di pegno regolare su beni fruttiferi.

In numerose pronunce giurisprudenziali, anche di merito, è stato affermato che il pegno irregolare sia un contratto nominato ed a forma libera, ritenendo però che – al pari del pegno regolare – esso debba essere costituito con data certa [32].

La costituzione di un pegno irregolare, infine, rende inoperante il divieto di patto commissorio di cui all’art. 2744 c.c., atteso che è consentito al creditore, nell’ipotesi di inadempimento della controparte, di fare definitivamente propria la (sola) somma corrispondente al credito garantito, e, quindi, di compensarlo con il suo debito di restituzione della somma portata dal titolo o dal documento, nel legittimo esercizio del proprio diritto di prelazione e senza richiesta di assegnazione al giudice dell’esecuzione [33].

4.2 Il pegno su cosa futura e su credito futuro

Meritano una breve analisi altresì le ipotesi di pegno di cosa futura e di pegno su credito futuro.

Per quanto concerne il pegno di cosa futura, secondo la migliore dottrina [34] ed alcune pronunce giurisprudenziali [35], rappresenta una fattispecie a formazione progressiva che trae origine dall’accordo delle parti (in base al quale devono essere determinate la certezza della data e la sufficiente specificazione dell’oggetto garantito) avente un effetto meramente obbligatorio (e non reale come il contratto costitutivo di pegno regolare) e che si perfeziona nel momento della venuta ad esistenza della cosa e con la sua relativa traditio al creditore. In tale fattispecie la volontà delle parti è già perfetta nel momento in cui, nell’accordo, sono determinati – in ottemperanza al disposto dell’art. 1346 c.c. – sia il credito da garantire, sia il pegno da offrire in garanzia, mentre l’elemento che deve verificarsi in futuro, per il completamento della fattispecie, è meramente materiale ed è rappresentato dalla consegna della cosa al creditore (oltre, ovviamente, alla sua venuta ad esistenza). È, viceversa, affetto da nullità per mancanza di oggetto il contratto con cui venga costituita in pegno una cosa che le parti erroneamente intendono come esistente, ma che in realtà non è (ancora) venuta ad esistenza. Una particolare figura di pegno di cosa futura è rappresentata dal c.d. pegno mobiliare non possessorio [36].

Per quanto concerne, invece, il pegno di credito futuro, esso è ammesso dalla dottrina sebbene non vi sia alcuna esplicita previsione normativa in tal senso [37]. Difatti, come per l’analoga fattispecie del pegno su cosa futura, l’accordo produce effetti meramente obbligatori, essendo la costituzione del diritto reale di garanzia subordinata alla venuta ad esistenza dell’oggetto stesso del pegno ed al rispetto delle formalità di cui agli artt. 2800-2801 (condizioni della prelazione e consegna del documento da cui risulti il credito) e/o 2806 c.c. (rispetto delle formalità previste dalle leggi speciali).  Tali formalità, peraltro, possono precedere il momento della venuta ad esistenza dell’oggetto (i.e. nascita del credito) a patto, però, che ciò sia in concreto possibile: è necessario che siano rispettati i requisiti di determinazione o determinabilità espressamente previsti dall’art. 2800 c.c.

4.3 Il pegno c.d. rotativo

Il pegno rotativo può essere definito come un “pegno anomalo”, caratterizzato dal fatto che il bene oggetto di pegno nel corso del tempo può variare.

In origine, tale istituto era particolarmente contestato da dottrina e giurisprudenza, sebbene oggi sia pacificamente ammesso [38] ed espressamente riconosciuto a livello legislativo [39].

La ragione che si pone alla base di un istituto così particolare risiede nella necessità di consentire la variazione dell’oggetto del pegno dopo il decorso di un determinato periodo di tempo dalla costituzione senza che intervenga, di volta in volta, la necessità di costituire nuovamente il diritto.

Le originarie ritrosie relative alla sua ammissibilità erano dovute sia alla difficile compatibilità dell’istituto con la disciplina codicistica che all’esigenza di evitare frodi tra costituente e debitore in danno degli altri creditori, pregiudicati se la sostituzione fosse avvenuta con una cosa di minor valore.

Il pegno rotativo è caratterizzato dalla presenza di tutti gli elementi del pegno regolare, con la particolare presenza della c.d. clausola di rotatività: si tratta di una convenzione contestuale alla costituzione di pegno che prevede espressamente la sostituibilità, ex ante, dell’oggetto. Il tutto senza che si realizzino effetti novativi. Una condizione necessaria perché possa avverarsi la rotazione risiede nell’espressa previsione della clausola all’interno del contratto costitutivo del pegno, oltre ovviamente alla consegna del bene e che il bene offerto in sostituzione del precedente non abbia un valore superiore a quello sostituito [40].

La giurisprudenza ha individuato nel pegno rotativo una fattispecie a formazione progressiva, che trae origine da un unico contratto e si realizza con la consegna del bene sostitutivo, senza necessità di ulteriori stipulazioni e con effetti risalenti alla consegna dei beni inizialmente dati in pegno, con la logica conseguenza che la sussistenza dei requisiti di cui all’art. 2787 comma 3° c.c. (scrittura privata avente data certa) debba esser valutata con riferimento alla data di costituzione del diritto reale di garanzia, e non al momento del successivo atto di trasferimento del vincolo, che rappresenta un mero rinnovo [41].

La dottrina, al pari della giurisprudenza, si è espressa in favore della qualificazione del pegno rotativo quale fattispecie convenzionale di surrogazione reale avente l’effetto di mantenere l’originaria identità del rapporto al mutare del suo oggetto, escludendo la necessità di una rinnovazione della garanzia [42].

È stato altresì precisato che l’equivalenza di valori che deve sussistere tra il bene originario ed il bene sostitutivo deve essere accertata a posteriori, ossia al momento in cui avviene la surrogazione reale, avendo riguardo al valore del bene al momento in cui operano le singole sostituzioni [43].

Sono diverse le possibilità di costituzione di pegno rotativo oggi previste, all’interno del nostro ordinamento: sia per gli strumenti finanziari dematerializzati [44], sia per i contratti di garanzia finanziaria [45], sia infine per i prosciutti di origine tutelata [46].

4.4 Il pegno c.d. non possessorio e la disciplina di cui al D.L. 59/2016

La seconda tipologia di pegno “anomalo” che merita attenzione, anche perché caratterizzato da elementi appartenenti al pegno rotativo, è il c.d. pegno mobiliare non possessorio.

Trattasi di un istituto nato dapprima nella prassi e, successivamente, confermato dalla giurisprudenza. In tempi recenti, il pegno non possessorio è stato oggetto di disciplina legislativa grazie alla sua espressa previsione con il D.L. n. 59/2016 [47], poi convertito in Legge n. 119/2016.

Come è facile desumere dal nome dell’istituto, trattasi della particolare fattispecie in cui il creditore pignoratizio risulta esser titolare di un diritto reale di garanzia gravante su beni mobili, anche immateriali, destinati all’esercizio dell’impresa e su crediti derivanti da o inerenti a tale esercizio, ad esclusione dei beni mobili, anche immateriali, registrati.

La principale caratteristica della fattispecie in esame risiede nell’assenza di spossessamento della cosa oggetto di pegno, la quale resta nella disponibilità del debitore.

Come sopra meglio specificato, il pegno regolare è caratterizzato dalla traditio del bene gravato da pegno al creditore con relativo spossessamento del debitore. Tale disciplina, soprattutto se paragonata ad altri ordinamenti europei ed extra-comunitari, si caratterizza per una certa rigidità rispetto alla sempre maggior flessibilità richiesta dal mondo del mercato e della finanza. Infatti, anche in altri Paesi europei è emersa l’esigenza di modellare la disciplina delle garanzie alle esigenze flessibili della vita d’impresa, come è avvenuto nei Paesi di common law con l’introduzione della disciplina dei c.d. floating charges [48]. Basti pensare, ad esempio, che in Inghilterra il pegno non possessorio è stato inserito nel lontano 1854 con il Bill of Act, ed oggi questa disciplina è altresì presente negli ordinamenti giuridici dell’Olanda e degli Stati Uniti d’America.

La logica conseguenza dell’assenza di spossessamento del bene gravato da pegno si identifica nella possibilità per il debitore, che ha la disponibilità del bene, di poterlo trasformare, alienare o disporre di esso, con il vincolo di rispettarne la destinazione economica, come recita il secondo comma dell’art. 1 del D.L. 59/2016. In caso di disposizione del bene gravato da pegno, vi è la logica conseguenza che il pegno si trasferisce sul bene derivante dalla trasformazione o alienazione, senza la necessità per il creditore di costituire una nuova garanzia. Appare quindi palese la possibilità di applicare congiuntamente la disciplina del pegno non possessorio e la disciplina del pegno rotativo, in precedenza descritto.

È necessario evidenziare un’ulteriore caratteristica del pegno non possessorio descritto dal D.L. 59/2016. La finalità di tale disciplina, infatti, è quella di assecondare particolari esigenze relative all’attività di impresa, come si desume espressamente dal comma 1 dell’art. 1. In tale norma, il legislatore ha precisato che «gli imprenditori iscritti nel registro delle imprese possono costituire un pegno non possessorio», con ciò limitando – sotto un profilo soggettivo – la costituzione del pegno non possessorio ai soli soggetti esercenti attività di impresa ed iscritti nel Registro delle Imprese. Il requisito soggettivo rileva, quindi, sia sotto il profilo formale, risultante dall’iscrizione nel registro degli imprenditori, sia sotto quello sostanziale, relativo all’effettivo esercizio di un’attività imprenditoriale.

Quanto al profilo oggettivo, la norma circoscrive l’ambito di applicazione del pegno non possessorio ai beni dell’impresa, specificando che essi siano determinati o determinabili, ancorché futuri, comprendendo anche i crediti, sempre derivanti dall’attività d’impresa, i beni immateriali, ma escludendo i beni mobili non registrati.

La necessità di poter continuare ad utilizzare i beni funzionali all’esercizio dell’attività imprenditoriale è infatti caratteristica strutturale dell’attività di impresa che, in assenza della disponibilità dei macchinari, ad esempio, subirebbe l’arresto del processo industriale, con conseguente impossibilità di risanamento dell’attività e, quindi, dei debiti. Si tenta in questo modo di favorire la capacità di accesso al credito da parte delle imprese, che per garantire i propri impegni potranno così far leva sulla ricchezza intrinseca al complesso aziendale, anziché ricorrere a terzi fideiussori.

L’inerenza all’attività di impresa si presenta, dunque, quale requisito essenziale, di rilievo causale, della fattispecie, dovendosi perciò ritenere che la sua assenza determinerebbe la nullità del contratto costitutivo della garanzia.

Preme rilevare altresì che una disciplina di pegno non possessorio, eccezionale rispetto alla disciplina tipica ed ordinaria, era già contemplata in relazione ad alcuni casi particolari sopra già citati in relazione al pegno rotativo: trattasi del pegno sui prosciutti ex art. 1 L.401/19859 e quello sui prodotti lattiero-caseari ex art. 7 L. 122/2001. Entrambi i casi menzionati evidenziavano la ratio sottesa alla costituzione di pegni in assenza di spossessamento: la necessità di mantenere la destinazione dei beni (strumentali o materiali) all’esercizio dell’attività imprenditoriale.

Per quanto riguarda le modalità costitutive del pegno non possessorio di cui al D.L. 59/2016, è necessario rilevare che vi è una differenza rispetto a quanto previsto per il pegno regolare del Codice Civile: l’art. 1 comma 3 del citato Decreto prescrive, infatti, l’obbligo della forma scritta a pena di nullità, così trasformando il contratto costitutivo reale (del pegno regolare) in contratto consensuale. Contratto consensuale che prevede, tuttavia, la forma scritta ad substantiam. Il contratto deve indicare, ai sensi del terzo comma: creditore, debitore, bene dato in garanzia e valore del credito garantito.

Infine, per quanto riguarda l’efficacia della garanzia del pegno non possessorio, il Decreto prevede che esso abbia efficacia verso i terzi, e sia dunque ad essi opponibile, solo dopo l’iscrizione in apposito registro, come previsto dai commi 4, 5 e 6. Si tratta di un registro informatizzato presso l’Agenzia delle Entrate e denominato “Registro dei pegni non possessori”. La previsione del registro risulta essenziale per sopperire all’esigenza di pubblicità che viene meno dato il mancato spossessamento. Vi è dunque una scissione tra il momento costitutivo del pegno e il momento in cui la garanzia acquista efficacia inter alios, vale a dire il momento dell’efficacia dichiarativa. L’iscrizione ha una durata di dieci anni, può essere rinnovata e la cancellazione può essere richiesta di comune accordo.

4.5 Il pegno c.d. omnibus

Quando si parla di pegno c.d. omnibus si fa riferimento ad un’ulteriore tipologia di garanzia pignoratizia, caratterizzata da indeterminatezza, che nasce principalmente nella prassi bancaria ed è applicata anche nella prassi commerciale e finanziaria.

L’indeterminatezza del pegno omnibus non è tanto relativa all’oggetto del pegno, quanto invece al credito a cui la garanzia pignoratizia è accessoria. Questo tipo di pegno è stato oggetto di critica da parte della dottrina e della giurisprudenza poiché la sua costituzione è prevista in relazione a tutti i crediti, anche quelli futuri, che potranno sorgere tra il debitore ed il creditore. Rapporto in cui il debitore ricopre sicuramente la posizione più svantaggiata, tanto che la giurisprudenza più volte ha negato la possibilità d’inserire nei contratti di finanziamento bancari una clausola che contempli, in favore dell’ente creditizio, una clausola omnibus.

Infatti, il pegno omnibus costituisce su un determinato bene una garanzia per tutti i futuri rapporti di debito che intercorreranno tra due soggetti. In tali casi, la clausola omnibus non deve contenere un generico riferimento ad eventuali ulteriori crediti, ma deve specificarne la fonte precisa e determinata. In mancanza di tale specificazione, la clausola sarà invalida.

In pratica, è necessaria la «determinazione o determinabilità del credito, intesa come individuazione non solo dei soggetti del rapporto, ma anche della sua fonte» [49].

Secondo parte della dottrina, la clausola omnibus è nulla, almeno nel senso che non può fondare il diritto di prelazione, né, più in generale, il pegno come diritto reale di garanzia [50]. Tale clausola è invece – tendenzialmente – ammessa in quanto essa, essendo valida nei rapporti interni tra le parti del contratto costitutivo di pegno, attribuisce al creditore pignoratizio il diritto personale di ritenzione previsto dal comma 2 dell’art. 2794 c.c., oltre a quello di poter procedere alla vendita forzata nelle forme semplificate previste dall’art. 2797 c.c. [51], salvo il rispetto della par condicio creditorum (i.e.senza diritto di preferenza).

Altra parte della dottrina, invece, ritiene che la genericità del riferimento a qualsiasi credito presente e futuro renda il pegno nullo per indeterminatezza dell’oggetto, in applicazione dell’art. 1346 c.c. [52], con la conseguente inconfigurabilità anche di limitati effetti inter partes a livello interno.

In relazione alla prelazione del creditore pignoratizio di cui all’art. 2787 c.c., occorre precisare che quando si è di fronte ad un pegno a garanzia di crediti futuri, il requisito della sufficiente indicazione del credito può dirsi integrato solo se nel documento costitutivo sia individuata la fonte dell’eventuale credito o, alternativamente, il negozio già esistente in base al quale il credito potrebbe eventualmente sorgere. Tuttavia, la clausola che ha al proprio interno il generico riferimento «ad ogni altro eventuale credito, presente e futuro, diretto ed indiretto, vantato dal creditore», oltre alla puntuale indicazione di quello per il quale risulta essere costituito il pegno, sebbene sia affetta da nullità per contrarietà alla norma di cui al comma 3 dell’art. 2787 c.c. [53], non travolge ipso facto l’efficacia della prelazione pignoratizia anche con riferimento al singolo credito specificamente e ritualmente indicato, qualora il giudice di merito – in applicazione di tutti i parametri interpretativi funzionali all’indicazione dell’essenzialità o meno della singola pattuizione al fine di dichiarare la nullità dell’intero atto, ovvero solo quella parziale della singola clausola –  rilevi che si tratti di una mera clausola di stile, la cui nullità parziale non si comunichi all’intero negozio [54].

Più recentemente, infine, la giurisprudenza di legittimità si è espressa statuendo la nullità del pegno c.d. omnibus (e di ogni garanzia atipica a questo assimilabile quoad effectum), nel caso in cui non sia identificabile l’oggetto e/o il credito garantito, con ciò ribadendo l’inviolabilità della norma imperativa di cui al comma 3 dell’art. 2787 c.c. [55].

 

 

 

 

 

 

 

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[1] Cfr. Gorla-Zanelli, Del pegno, Delle ipoteche, Comm. SB, 9 ss.
[2] “Il pegno è così definito da pugno, poiché le cose che sono date in pegno si consegnano con la mano”. Tale brocardo latino indica che il pegno si costituisce con la consegna al creditore della cosa o del documento, che conferisce l’esclusiva disponibilità della cosa.
[3] Art. 1878 Codice del 1865: «Il pegno è un contratto, col quale il debitore dà al creditore una cosa mobile per sicurezza del credito, da restituirsi in natura dopo l’estinzione del medesimo».
[4] Cfr. in dottrina: Bianca, Le garanzie reali. La prescrizione. 146 ss.; Abatangelo, Le nuove garanzie mobiliari tra realità e obbligatorietà del vincolo, 14 ss., 43 ss. In giurisprudenza, tra molte, cfr. Cass. Civ. n. 4208/1999.
[5] Cfr. Chironi, Privilegi, pegno, ipoteca, I, 65;
[6] Ossia nel diritto del creditore di potersi soddisfare sul ricavato dalla vendita del bene dato in pegno con preferenza rispetto agli altri creditori (cfr. art. 2787 c.c. – Prelazione del creditore pignoratizio).
[7] Cfr., ex multis, Cass. Civ. n. 1526/2010.
[8] Trattasi di un diritto non espressamente previsto ma comunque desumibile da altre norme, tra cui si annovera l’art. 1482 comma 3 c.c. che attribuisce al compratore, che era a conoscenza dell’esistenza sul bene di garanzie reali o di vincoli derivanti da pignoramento o da sequestro, la sola tutela dall’evizione.
[9] È espressamente previsto, all’interno dell’art. 2794 c.c., che il debitore possa chiedere la restituzione della cosa data in pegno solo ed esclusivamente nel momento in cui siano stati pagati al creditore sia il capitale che gli interessi, oltre al totale rimborso delle spese relative al debito ed al pegno.
[10] Si osservi che l’art. 2789 c.c. prevede e disciplina espressamente l’ipotesi in cui il creditore pignoratizio abbia perduto il possesso della cosa data in pegno, conferendo a tale soggetto il diritto di agire in rivendicazione (oltre alle azioni a difesa del possesso), qualora tale azione spetti anche al debitore proprietario del bene pignorato.
[11] L’art. 2791 c.c. disciplina l’ipotesi in cui il bene dato in pegno sia produttivo di frutti: in tal caso, salvo che non sia stato espressamente previsto qualcosa di differente, il creditore pignoratizio “può fare suoi i frutti”, imputandoli alle spese ed agli interessi e poi al capitale. Sia chiaro che con il termine “far suoi i frutti”, la dottrina e la giurisprudenza intendono alternativamente, o la vendita effettuata ai sensi degli artt. 2796-2797 c.c., o la possibilità di farli suoi senza bisogno di un provvedimento di attribuzione previsto dall’art. 2798 c.c. nel caso in cui sia stata fatta una stima dei frutti stessi al fine di imputarne il valore al credito (cfr. Gorla-Zanelli, op.cit., 104).
[12] Cfr. artt. 2796 e seguenti del Codice Civile, che prevedono espressamente la disciplina della vendita della cosa.
[13] Si veda l’art. 2852 c.c. – Grado dell’ipoteca: L’ipoteca prende grado dal momento della sua iscrizione, anche se è iscritta per un credito condizionale. La stessa norma si applica per i crediti che possano eventualmente nascere in dipendenza di un rapporto già esistente.
[14] Cfr. Cass. Civ. n. 7214/2009.
[15] Cfr. in giurisprudenza Cass. Civ. 10521/1995; cfr. in dottrina: Gorla-Zanelli, op. cit., 25 e 208 ss.; Bianca, op. cit., 152.
[16] Secondo Ravazzoni, Le garanzie dell’obbligazione, 279, a differenza di quanto stabilito in materia di ipoteca (art. 2873 comma 2 c.c.), non è infatti previsto il diritto del debitore, a fronte dell’estinzione parziale del debito per oltre un quinto, di ottenere la riduzione proporzionale del pegno. Di diverso avviso è Bianca, op. cit., 151, il quale ritiene applicabile analogicamente l’art. 2873 c.c. al pegno, stante la natura non eccezionale della norma, ritenuta espressiva di un razionale contemperamento degli interessi del debitore e del creditore, che non pregiudica la garanzia.
[17] Cfr. Gorla-Zanelli, op. cit., 145 ss.
[18] Cfr. Gorla-Zanelli, op. cit., 146; Realmonte, Trattato Rescigno, XIX, 799.
[19] Cfr. Rubino, La responsabilità patrimoniale. Il pegno., Tr. Vassalli, 193.
[20] Cfr. Stella, Il pegno a garanzia di crediti futuri, 116.
[21] Cfr. art. 2810 c.c. e ss.
[22] Per una definizione di universalità di fatto, cfr. in giurisprudenza la non recente ma sempre attuale Cass. Civ. n. 52/1948: «Allo scopo di individuare gli elementi costitutivi di una universalità di fatto, occorre contrapporre tale nozione a quella di cosa complessa o composta o di cosa semplice. Si ha quest’ultima quando i singoli elementi che la compongono sono fusi in un tutto organico (esistenza visibile a sé stante), sì da renderne impossibile la separazione senza far perdere all’unità le sue qualità essenziali. Inoltre la cosa complessa consta dalla coesione di più elementi separabili talvolta in rapporto di principale ad accessorio, necessariamente unificati dallo scopo (universitates rerum cohaerentium). Invece la universitates facti sono costituite da una collezione di cose, di regola omogenee, appartenenti alla stessa persona (uni nomini subiectue), unificate da una destinazione durevole (art. 816, comma 1, c.c.). Nella cosa composta vi è sintesi di più elementi o parti; nella universitas facti vi ha pluralità di cose semplici (corpora ex distantibus) e il nesso organico di coesione, che lega gli oggetti della collezione, è semplice creazione della volontà del proprietario, pur avendo radici profonde nei rapporti della vita».
[23] Può definirsi universalità di diritto l’insieme di tutti quegli atti e rapporti giuridici considerati unitariamente, quindi sottoposti ad un’unica disciplina da parte del legislatore, insieme dei rapporti sottoposti ad un unico istituto giuridico per esempio la proprietà. Un esempio di universalità di diritto è l’eredita.
[24] Cfr. Gorla-Zanelli, op. cit., 45 ss.
[25] Cfr. Rubino, op. cit., 210.
[26] Cfr. Colombo, L’azienda e il mercato, Trattato Galgano, 296.
[27] Cfr. Colombo, ibidem, 298.
[28] Cfr. Caringella–Buffoni, Manuale di diritto civile, 2016, 1584 ss.
[29] La qualificazione “irregolare” deriva dal fatto che, trattandosi di beni fungibili, al creditore passa la proprietà delle cose ricevute, con l’obbligo di restituire il valore corrispondente. Cfr. A. Torrente – P. Schlesinger, Manuale di diritto privato, 2015, 484 ss.
[30] Cfr. Cass. Civ. n. 21237/2004.
[31] Cfr. Cass. Civ. n. 2456/2008; Trib. Milano 22 aprile 2020, in Corr. Merc., 10, 810.
[32] Cfr., ex multis, Trib. Cassino, 4 luglio 2002; Trib. Roma, 6 giugno1981; Cass. Civ., 1° agosto 1996, n. 6969.
[33] Cfr. Cass. Civ. n. 10000/2004.
[34] Cfr. Realmonte, op.cit., XIX, 799.
[35] Cfr., ex multis, Cass. Civ. n. 7527/2010; Cass. Civ. n. 8517/1998.
[36] Si veda il successivo par. 1.3.3.
[37] Cfr. Realmonte, op. cit., 807.
[38] Cfr., ex multis, Cass Civ. n. 16914/2003, la quale, ribadendo un suo precedente orientamento giurisprudenziale, ha affermato che «il patto di rotatività – col quale si prevede sin dall’origine la sostituzione totale o parziale dei beni oggetto della garanzia, considerati non nella loro individualità, ma per il relativo valore economico – dà luogo alla formazione di una fattispecie progressiva che trae origine dall’accordo delle parti e si perfeziona con la sostituzione dell’oggetto del pegno, senza necessità di ulteriori pattuizioni e, quindi, nella continuità del rapporto originario, i cui effetti risalgono alla consegna dei beni originariamente dati in pegno». Più precisamente, i Giudici di legittimità spiegano che la consegna del bene sostitutivo, con il conseguente effetto traslativo del diritto reale su di esso, è da intendersi come elemento di una fattispecie a formazione progressiva, che trae origine dall’accordo stipulato con il patto di rotatività, nella quale (come nel pegno di cosa futura) la volontà delle parti è perfetta già al momento dell’accordo e l’eventuale sostituzione dei beni oggetto della garanzia si pone come un elemento meramente materiale. Si vedano altresì, a conferma dell’orientamento riportato, le sentenze della Cass. Civ. n. 1526/2010, Cass. Civ. n. 5264/1998, Cass. civ. n. 10685/1999.
[39] Si vedano, dapprima, l’art. 87 D.lgs. n. 58/1998 e art. 34 n. 213/1998 e, poi, il D.lgs. 170/2004.
[40] Cfr. Cass. Civ. 16666/2012; Cass. Civ. 256/2008.
[41] Cfr. Cass. Civ. 25796/2015.
[42] Cfr. Gabrielli, Il pegno «anomalo», 181 ss. e 216 ss.; Gabrielli, Il pegno, Trattato Sacco, 240 ss.
[43] Cfr. Gabrielli, Il pegno «anomalo», 181 ss. e 216 ss.
[44] Cfr. art. 34 D.lgs. 213/1998; art. 87 D.lgs. 58/1998.
[45] Cfr. art. 5 D.lgs. 170/2004 attuativo della Direttiva 47/2002/CE.
[46] Cfr. L. 24 luglio 1985 n. 401.
[47] Si riporta integralmente il testo dell’art. 1 del D.L. 59/2016, così come approvato e modificato dalla L. 119/2016: «1. Gli imprenditori iscritti nel registro delle imprese possono costituire un pegno non possessorio per garantire i crediti concessi a loro o a terzi, presenti o futuri, se determinati o determinabili e con la previsione dell’importo massimo garantito, inerenti all’esercizio dell’impresa. 2. Il pegno non possessorio può essere costituito su beni mobili, anche immateriali, destinati all’esercizio dell’impresa e sui crediti derivanti da o inerenti a tale esercizio, a esclusione dei beni mobili, anche immateriali, registrati. I beni mobili possono essere esistenti o futuri, determinati o determinabili anche mediante riferimento a una o più categorie merceologiche o a un valore complessivo. Ove non sia diversamente disposto nel contratto, il debitore o il terzo concedente il pegno è autorizzato a trasformare o alienare, nel rispetto della loro destinazione economica, o comunque a disporre dei beni gravati da pegno. In tal caso il pegno si trasferisce, rispettivamente, al prodotto risultante dalla trasformazione, al corrispettivo della cessione del bene gravato o al bene sostitutivo acquistato con tale corrispettivo, senza che ciò comporti costituzione di una nuova garanzia. Se il prodotto risultante dalla trasformazione ingloba, anche per unione o commistione, più beni appartenenti a diverse categorie merceologiche e oggetto di diversi pegni non possessori, le facoltà previste dal comma 7 spettano a ciascun creditore pignoratizio con obbligo da parte sua di restituire al datore della garanzia, secondo criteri di proporzionalità, sulla base delle stime effettuate con le modalità di cui al comma 7, lettera a), il valore del bene riferibile alle altre categorie merceologiche che si sono unite o mescolate. È fatta salva la possibilità per il creditore di promuovere azioni conservative o inibitorie nel caso di abuso nell’utilizzo dei beni da parte del debitore o del terzo concedente il pegno. 3. Il contratto costitutivo, a pena di nullità, deve risultare da atto scritto con indicazione del creditore, del debitore e dell’eventuale terzo concedente il pegno, la descrizione del bene dato in garanzia, del credito garantito e l’indicazione dell’importo massimo garantito. 4. Il pegno non possessorio ha effetto verso i terzi esclusivamente con la iscrizione in un registro informatizzato costituito presso l’Agenzia delle entrate e denominato «registro dei pegni non possessori»; dal momento dell’iscrizione il pegno prende grado ed è opponibile ai terzi e nelle procedure esecutive e concorsuali. 5. Il pegno non possessorio, anche se anteriormente costituito ed iscritto, non è opponibile a chi abbia finanziato l’acquisto di un bene determinato che sia destinato all’esercizio dell’impresa e sia garantito da riserva della proprietà sul bene medesimo o da un pegno anche non possessorio successivo, a condizione che il pegno non possessorio sia iscritto nel registro in conformità al comma 6 e che al momento della sua iscrizione il creditore ne informi i titolari di pegno non possessorio iscritto anteriormente. 6. L’iscrizione deve indicare il creditore, il debitore, se presente il terzo datore del pegno, la descrizione del bene dato in garanzia e del credito garantito secondo quanto previsto dal comma 1 e, per il pegno non possessorio che garantisce il finanziamento per l’acquisto di un bene determinato, la specifica individuazione del medesimo bene. L’iscrizione ha una durata di dieci anni, rinnovabile per mezzo di una nuova iscrizione nel registro effettuata prima della scadenza del decimo anno. La cancellazione della iscrizione può essere richiesta di comune accordo da creditore pignoratizio e datore del pegno o domandata giudizialmente. Le operazioni di iscrizione, consultazione, modifica, rinnovo o cancellazione presso il registro, gli obblighi a carico di chi effettua tali operazioni nonché le modalità di accesso al registro stesso sono regolati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della giustizia, da adottarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, prevedendo modalità esclusivamente informatiche. Con il medesimo decreto sono stabiliti i diritti di visura e di certificato, in misura idonea a garantire almeno la copertura dei costi di allestimento, gestione e di evoluzione del registro. Al fine di consentire l’avvio della attività previste dal presente articolo, è autorizzata la spesa di euro 200.000 per l’anno 2016 e di euro 100.000 per l’anno 2017. 7. Al verificarsi di un evento che determina l’escussione del pegno, il creditore, previa intimazione notificata, anche direttamente dal creditore a mezzo di posta elettronica certificata, al debitore e all’eventuale terzo concedente il pegno, e previo avviso scritto agli eventuali titolari di un pegno non possessorio trascritto nonché al debitore del credito oggetto del pegno, ha facoltà di procedere: a) alla vendita dei beni oggetto del pegno trattenendo il corrispettivo a soddisfacimento del credito fino a concorrenza della somma garantita e con l’obbligo di informare immediatamente per iscritto il datore della garanzia dell’importo ricavato e di restituire contestualmente l’eccedenza; la vendita è effettuata dal creditore tramite procedure competitive anche avvalendosi di soggetti specializzati, sulla base di stime effettuate, salvo il caso di beni di non apprezzabile valore, da parte di operatori esperti, assicurando, con adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione degli interessati; l’operatore esperto è nominato di comune accordo tra le parti o, in mancanza, è designato dal giudice; in ogni caso è effettuata, a cura del creditore, la pubblicità sul portale delle vendite pubbliche di cui all’articolo 490 del codice di procedura civile; b) alla escussione o cessione dei crediti oggetto di pegno fino a concorrenza della somma garantita, dandone comunicazione al datore della garanzia; c) ove previsto nel contratto di pegno e iscritto nel registro di cui al comma 4, alla locazione del bene oggetto del pegno imputando i canoni a soddisfacimento del proprio credito fino a concorrenza della somma garantita, a condizione che il contratto preveda i criteri e le modalità di determinazione del corrispettivo della locazione; il creditore pignoratizio comunica immediatamente per iscritto al datore della garanzia stessa il corrispettivo e le altre condizioni della locazione pattuite con il relativo conduttore; d) ove previsto nel contratto di pegno e iscritto nel registro di cui al comma 4, all’appropriazione dei beni oggetto del pegno fino a concorrenza della somma garantita, a condizione che il contratto preveda anticipatamente i criteri e le modalità di valutazione del valore del bene oggetto di pegno e dell’obbligazione garantita; il creditore pignoratizio comunica immediatamente per iscritto al datore della garanzia il valore attribuito al bene ai fini dell’appropriazione. 7-bis. Il debitore e l’eventuale terzo concedente il pegno hanno diritto di proporre opposizione entro cinque giorni dall’intimazione di cui al comma 7. L’opposizione si propone con ricorso a norma delle disposizioni di cui al libro quarto, titolo I, capo III-bis, del codice di procedura civile. Ove concorrano gravi motivi, il giudice, su istanza dell’opponente, può inibire, con provvedimento d’urgenza, al creditore di procedere a norma del comma 7. 7-ter. Se il titolo non dispone diversamente, il datore della garanzia deve consegnare il bene mobile oggetto del pegno al creditore entro quindici giorni dalla notificazione dell’intimazione di cui al comma 7. Se la consegna non ha luogo nel termine stabilito, il creditore può fare istanza, anche verbale, all’ufficiale giudiziario perché proceda, anche non munito di titolo esecutivo e di precetto, a norma delle disposizioni di cui al libro terzo, titolo III, del codice di procedura civile, in quanto compatibili. A tal fine, il creditore presenta copia della nota di iscrizione del pegno nel registro di cui al comma 4 e dell’intimazione notificata ai sensi del comma 7. L’ufficiale giudiziario, ove non sia di immediata identificazione, si avvale su istanza del creditore e con spese liquidate dall’ufficiale giudiziario e anticipate dal creditore e comunque a carico del medesimo, di un esperto stimatore o di un commercialista da lui scelto, per la corretta individuazione, anche mediante esame delle scritture contabili, del bene mobile oggetto del pegno, tenendo conto delle eventuali operazioni di trasformazione o di alienazione poste in essere a norma del comma 2. Quando risulta che il pegno si è trasferito sul corrispettivo ricavato dall’alienazione del bene, l’ufficiale giudiziario ricerca, mediante esame delle scritture contabili ovvero a norma dell’articolo 492-bis del codice di procedura civile, i crediti del datore della garanzia, nei limiti della somma garantita ai sensi del comma 2. I crediti rinvenuti a norma del periodo precedente sono riscossi dal creditore in forza del contratto di pegno e del verbale delle operazioni di ricerca redatto dall’ufficiale giudiziario. Nel caso di cui al presente comma l’autorizzazione del presidente del tribunale di cui all’articolo 492-bis del codice di procedura civile è concessa, su istanza del creditore, verificate l’iscrizione del pegno nel registro di cui al comma 4 e la notificazione dell’intimazione. 7-quater. Quando il bene o il credito già oggetto del pegno iscritto ai sensi del comma 4 sia sottoposto ad esecuzione forzata per espropriazione, il giudice dell’esecuzione, su istanza del creditore, lo autorizza all’escussione del pegno, stabilendo con proprio decreto il tempo e le modalità dell’escussione a norma del comma 7. L’eventuale eccedenza è corrisposta in favore della procedura esecutiva, fatti salvi i crediti degli aventi diritto a prelazione anteriore a quella del creditore istante. 8. In caso di fallimento del debitore il creditore può procedere a norma del comma 7 solo dopo che il suo credito è stato ammesso al passivo con prelazione. 9. Entro tre mesi dalla comunicazione di cui alle lettere a), b), c) e d) del comma 7, il debitore può agire in giudizio per il risarcimento del danno quando l’escussione è avvenuta in violazione dei criteri e delle modalità di cui alle predette lettere a), b), c) e d) e non corrispondono ai valori correnti di mercato il prezzo della vendita, il corrispettivo della cessione, il corrispettivo della locazione ovvero il valore comunicato a norma della disposizione di cui alla lettera d). 10. Agli effetti di cui agli articoli 66 e 67 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 il pegno non possessorio è equiparato al pegno. 10-bis. Per quanto non previsto dal presente articolo, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al libro sesto, titolo III, capo III, del codice civile.». 
[48] Floating charge è un’espressione con la quale, nell’ambito giuridico anglosassone o di common law, viene indicato un contratto con il quale si istituisce una garanzia su tutti i beni di una società. La particolarità di questo contratto è nella possibilità delle parti di istituire una clausola costitutiva con l’effetto di posticipare gli effetti contrattuali. Si ha perciò perfezionamento del contratto anche quando la compagnia dichiara lo stato d’insolvenza e si avvia verso un fallimento. Qualora avvenga uno dei due casi (verificarsi della condizione costitutiva o stato d’insolvenza) si assiste alla cristallizzazione della garanzia, con la possibilità di rivalsa da parte dei creditori.
[49] Cfr. Cass. Civ. n. 24790/2016, Cass. Civ. n. 7214/2009 e Tribunale di Roma, sentenza del 16 maggio 2018.
[50] Cfr. Stella, op. cit. 127 ss.
[51] Cfr. Gorla-Zanelli, op. cit., 60 ss.
[52] Cfr. Bianca, op. cit., 156.
[53] Trattasi di una norma che richiede che il credito garantito sia indicato con sufficiente precisione nella scrittura avente data certa, di modo che esso sia identificabile.
[54] Cfr. in giurisprudenza, Cass. Civ. 7871/1998, Cass. Civ. 8970/2000; in dottrina, Stella, op. cit. 176 ss.
[55] Cfr. Cass. Civ. n. 533/2020.

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Alberto Ricasoli Firidolfi

Dottore in Giurisprudenza

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