Cambio sesso all’anagrafe senza intervento chirurgico – Primo caso in Campania

Cambio sesso all’anagrafe senza intervento chirurgico – Primo caso in Campania

Tribunale di Napoli Nord, I Sezione Civile, 12 maggio 2016, n. 638

a cura di Dario Ingegno

Con la pronuncia in oggetto, il Tribunale di Napoli Nord, chiamato a pronunciarsi su un caso di autorizzazione al trattamento chirurgico ai fini della rettifica dell’attribuzione di sesso, ha ritenuto di dover aderire al principio espresso, in ultimo, dalla Suprema Corte (Cass. Civ., I Sez., n. 15138/2015), secondo il quale “per ottenere la rettificazione del sesso nei registri dello stato civile, deve ritenersi non obbligatorio l’intervento chirurgico demolitorio e/o modificativo dei caratteri sessuali anatomici primari”.

L’art. 1, comma 1, della legge n. 164/1982 dispone testualmente che “la rettificazione si fa in forza di sentenza del tribunale passata in giudicato che attribuisca ad una persona sesso diverso da quello enunciato nell’atto di nascita a seguito di intervenute modificazioni dei suoi caratteri sessuali”.

Tale disposizione normativa, tradizionalmente, era diretta a conferire natura “bifasica” al procedimento di rettifica del sesso, nel senso che erano, di fatto, necessarie due tipi di pronunce: una, volta ad autorizzare il trattamento chirurgico, l’altra, invece, diretta alla rettifica dell’attribuzione di sesso sui documenti personali; la maggior parte della dottrina e della giurisprudenza, sia pure in un quadro di incertezza generale, era dunque orientata a qualificare l’intervento chirurgico come condizione necessaria rispetto alla successiva rettificazione del sesso.

L’orientamento tradizionale si basava sul presupposto secondo il quale l’intervento chirurgico rappresentasse l’unico strumento in grado di permettere al soggetto interessato di raggiungere la piena coincidenza tra soma e psiche, laddove le terapie ormonali risultavano insufficienti.

La citata legge n. 164/1982 è stata poi modificata dall’art. 31, comma 4, del D. Lgs. n. 150/2011, che ne ha sostituito l’art. 3, il quale adesso stabilisce che “quando risulta necessario un adeguamento dei caratteri sessuali da realizzare mediante trattamento medico-chirurgico, il tribunale lo autorizza con sentenza passata in giudicato”.

I Giudici del Tribunale di Napoli Nord, in considerazione di tale ultima modifica legislativa e in adesione a quanto stabilito dalla Suprema Corte, hanno dunque ritenuto che il procedimento di rettificazione del sesso non debba essere caratterizzato necessariamente da una natura “bifasica”, essendo il Giudice, di volta in volta, chiamato ad una duplice valutazione; in particolare: “deve valutare la sussistenza delle intervenute modifiche dei caratteri sessuali dell’attore e, solo ove risulti necessario, in relazione alla indefettibile sussistenza delle modifiche di cui all’art. 1, dovrà pronunciarsi circa l’autorizzazione all’intervento chirurgico demolitorio – ricostruttivo di riassegnazione di sesso”.

I Giudici hanno ritenuto sufficiente, dunque, ai fini della rettifica dell’attribuzione di sesso sui documenti, una modifica dei caratteri sessuali secondari, ottenibile mediante l’esecuzione di specifiche terapie ormonali; in tal modo, risulterebbe perfettamente integrato il necessario requisito delle “intervenute modificazioni dei caratteri sessuali” di cui all’art. 1 della citata legge n. 164/1982, dovendosi ritenere compresi in tale definizione anche i caratteri sessuali secondari, intendendosi per tali, ad esempio, la distribuzione delle masse muscolari e della forza, dell’adipe, dei peli, della laringe e della voce, delle mammelle.

Secondo il Tribunale di Napoli Nord, l’orientamento tradizionale legato all’obbligatorietà dell’intervento chirurgico a fini della rettifica del sesso, poneva, erroneamente, sullo stesso piano, due interessi diversi: l’interesse collettivo ad una corrispondenza tra il corpo ed il sesso anagrafico e il diritto alla identità personale, mentre non vi è dubbio che quest’ultimo diritto sia assistito da una maggiore garanzia costituzionale rispetto al primo.

Il percorso evolutivo – interpretativo del dettato legislativo alla cui conclusione sono giunti i Giudici del Tribunale di Napoli Nord, vede il suo punto di partenza nella sentenza n. 161/1985 della Corte Costituzionale, la quale ha fatto rientrare nell’ambito dei diritti inviolabili della persona anche quello al cambiamento di sesso e all’identità di genere, intesi quali strumenti per la “ricomposizione dell’equilibrio tra soma e psiche” del soggetto transessuale.

Sulla scia di quanto stabilito dai Giudici della Consulta, è da segnalare una pronuncia del 10 marzo 2015 della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, pronunciatasi sul caso di una donna transessuale che si era vista negare dalle autorità nazionali turche l’autorizzazione all’intervento chirurgico di riattribuzione del sesso, perché priva del necessario requisito della sterilità previsto dalla legge; la Corte ha ritenuto illegittima tale previsione legislativa, perché in netto contrasto rispetto a quanto stabilito dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo in materia di “Diritto al rispetto della vita privata e familiare”.

Da ultimo, la sopra citata sentenza n. 15138/2015 della I Sezione Civile della Corte di Cassazione, datata 21 maggio 2015, che rappresenta il punto di arrivo del percorso interpretativo della normativa sulla rettificazione del sesso.

Dunque, alla luce di una interpretazione costituzionalmente garantita della legge n. 164/192, come modificata dal D.Lgs. n. 150/2011, la Prima Sezione Civile del Tribunale di Napoli Nord, con la sentenza n. 638/2016, ha ritenuto, nel caso di specie, che imporre all’attore l’intervento chirurgico di modifica dei caratteri sessuali primari, come condizione necessaria ai fini della successiva rettificazione dei dati anagrafici, avrebbe rappresentato una “ingiustificata compressione” del diritto all’identità di genere, incluso nell’alveo dei diritti inviolabili della persona di cui all’art. 2 della Carta Costituzionale.

C’è senz’altro da ritenere che, sulla scia tracciata dai Giudici dell’area nord di Napoli, altri Tribunali di merito adottino tale modello interpretativo, nell’ottica del continuo ampliamento del novero dei diritti inviolabili che meritano piena tutela soprattutto a livello giurisdizionale.


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