Carabinieri, il ricongiungimento familiare si applica anche alle convivenze more uxorio

Carabinieri, il ricongiungimento familiare si applica anche alle convivenze more uxorio

T.A.R. Reggio Calabria, 10 maggio 2019, n. 321 – Pres. Criscenti, Est. Scianna

La vicenda. Un appuntato dei Carabinieri impugnava il provvedimento con il quale il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri dichiarava inammissibile l’istanza di trasferimento da lui presentata, <<in quanto non riunisce i requisiti previsti dalla circolare n. 944001-1/ T-16/Pers. Mar del 9.2.2010 riguardante il ricongiungimento al coniuge lavoratore, poiché non sussiste rapporto di coniugio>>.

L’appuntato da molti anni convive more uxorio con una donna e, anche in ragione di alcune patologie di cui soffre quest’ultima, richiedeva il trasferimento presso una sede di servizio più vicina alla comune abitazione. In buona sostanza, l’Amministrazione rigettava l’istanza solo con riferimento alla circostanza che il richiedente non è coniugato.

La decisione. La Corte Costituzionale ha ripetutamente chiarito come nessuna norma costituzionale o principio fondamentale possa cancellare le ontologiche differenze tra la famiglia di fatto e quella fondata sul matrimonio, legate ad una scelta delle stesse parti interessate (quella cioè di sposarsi o meno). Cionondimeno, la stessa Consulta ha evidenziato la necessità di tutelare i diritti individuali dell’uomo in tutte le formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, specificando che <<per formazione sociale deve intendersi ogni forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione>> (Corte Costituzionale, 15 aprile 2010, n. 138), ponendo così le basi per il riconoscimento della rilevanza giuridica della famiglia di fatto.

Tale riconoscimento risponde, per altro, anche alle indicazioni provenienti dalle fonti sovranazionali, in particolare dalla Carta di Nizza (o Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea) e dalla Convenzione Europea dei diritti dell’uomo (CEDU), che afferma il principio di libertà individuale nella scelta del modello familiare, di talché la Corte Europea dei diritti dell’uomo si è da tempo premurata di chiarire che la nozione di «vita privata e familiare», contenuta nell’art. 8, par. 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo includa, ormai, non solo le relazioni consacrate dal matrimonio, ma anche le unioni di fatto nonché, in generale, i legami esistenti tra i componenti del gruppo designato come famiglia naturale (v., tra le tante, sent. 27 ottobre 1994, caso Kroon).

Si deve, dunque, dare atto dell’evoluzione del concetto di famiglia, comprensivo anche delle unioni di fatto tra individui (anche dello stesso sesso), e della progressiva e conseguente valorizzazione della convivenza stabile quale fonte di effetti giuridici rilevanti.

Tale evoluzione, a livello di produzione normativa, è culminata nella legge 20 maggio 2016 n. 76.

La prima parte della legge (art. 1, co. 1 – 35) è dedicata alla disciplina delle unioni civili tra persone dello stesso sesso, la seconda (art. 1, co. 36 – 68) alla convivenza di fatto tra «due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile» (comma 36); la legge, al comma 37, prevede altresì che per l’accertamento della stabile convivenza si faccia riferimento alla dichiarazione anagrafica di cui all’art. 4 ed alla lettera b) del comma 1 dell’art. 13 del regolamento di cui al DPR 30.05.1989 n. 223.

La citata normativa, recependo in alcuni casi le sollecitazioni della giurisprudenza, equipara il convivente more uxorio al coniuge sotto molteplici profili (per esempio, quanto all’assistenza ospedaliera, ai poteri di rappresentanza conferibili in caso di malattia e incapacità di intendere e di volere, in ordine al subentro nel contratto di locazione della casa di residenza intestato al convivente deceduto).

Venendo al caso specifico dell’istituto del ricongiungimento familiare, va ricordato come l’art. 398 del Regolamento Generale dell’Arma dei Carabinieri preveda che <<i sottoufficiali, gli appuntati e i carabinieri che aspirano, invece, al trasferimento – per fondati e comprovati motivi – nell’ambito delle regioni, delle Brigate e della Divisioni o fuori di detti comandi, possono, indipendentemente dal periodo di permanenza ad uno dei suddetti reparti o comandi, presentare istanza, da inoltrare tramite gerarchico, ai comandi competenti a decidere>>.

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 183 del 30 maggio 2008, ha evidenziato che <<il ricongiungimento è, dunque, diretto a rendere effettivo il diritto all’unità della famiglia, che, come questa Corte ha riconosciuto, si esprime nella garanzia della convivenza del nucleo familiare e costituisce espressione di un diritto fondamentale della persona umana (sentenze n. 113 del 1998 e n. 28 del 1995). Tale valore costituzionale può giustificare una parziale compressione delle esigenze di alcune amministrazioni (nella specie, quelle di volta in volta tenute a concedere il comando o distacco di propri dipendenti per consentirne il ricongiungimento con il coniuge), purché nell’ambito di un ragionevole bilanciamento dei diversi valori contrapposti, operato dal legislatore>>.

Il tema è, dunque, se il citato diritto all’unità della famiglia, che si esprime nella garanzia della convivenza del nucleo familiare, nel silenzio della legge n. 76/2016, possa essere invocato solamente dai coniugi e dai soggetti uniti civilmente, come sostiene la difesa del Ministero, ovvero se non debba ritenersi esteso anche ai conviventi di fatto.

Il Collegio ha ritenuto che solo questa ultima interpretazione sia conforme ai principi costituzionali. La Consulta ha, infatti, sottolineato più volte (da ultimo, con la sentenza n. 213 del 23.09.2016) che la distinta considerazione costituzionale della convivenza e del rapporto coniugale, non esclude la comparabilità delle discipline riguardanti aspetti particolari dell’una e dell’altro che possano presentare analogie, ai fini del controllo di ragionevolezza a norma dell’art. 3 della Costituzione.

In questo caso l’elemento unificante tra le due situazioni è dato proprio dall’esigenza di tutelare il diritto all’unità familiare, nella sua accezione più ampia, collocabile, come si disse, tra i diritti inviolabili dell’uomo ai sensi dell’art. 2 della Costituzione. Di talché, l’esclusione della convivenza more uxorio – stabile ed accertata a mente della ripetuta legge 20 maggio 2016, n. 76 – dal novero delle situazioni che legittimano il ricongiungimento familiare, appare irragionevole.


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Avv. Giacomo Romano

Ideatore e Coordinatore at Salvis Juribus
Nato a Napoli nel 1989, ha conseguito la laurea in giurisprudenza nell’ottobre 2012 con pieni voti e lode, presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II, discutendo una tesi in diritto amministrativo dal titolo "Le c.d. clausole esorbitanti nell’esecuzione dell’appalto di opere pubbliche", relatore Prof. Fiorenzo Liguori. Nel luglio 2014 ha conseguito il diploma presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali dell'Università degli Studi di Napoli Federico II. Subito dopo, ha collaborato per un anno con l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli occupandosi, prevalentemente, del contenzioso amministrativo. Nell’anno successivo, ha collaborato con uno studio legale napoletano operante nel settore amministrativo. Successivamente, si è occupato del contenzioso bancario e amministrativo presso studi legali con sede in Napoli e Verona. La passione per l’editoria gli ha permesso di intrattenere una collaborazione professionale con una nota casa editrice italiana. È autore di innumerevoli pubblicazioni sulla rivista “Gazzetta Forense” con la quale collabora assiduamente da giugno 2013. Ad oggi, intrattiene collaborazioni professionali con svariate riviste di settore e studi professionali. È titolare di “Salvis Juribus Law Firm”, studio legale presso cui, insieme ai suoi collaboratori, svolge quotidianamente l’attività professionale avendo modo di occuparsi, in particolare, di problematiche giuridiche relative ai Concorsi Pubblici, Esami di Stato, Esami d’Abilitazione, Urbanistica ed Edilizia, Contratti Pubblici ed Appalti.

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