Cari leoni da tastiera, ecco il conto!

Cari leoni da tastiera, ecco il conto!

E’ fuori discussione che oramai i social media sono entrati a far parte della routine quotidiana di tutti noi; siamo passati da un profondo “Cogito, ergo sum” ad un opinabile “Posto, dunque sono”.

Di conseguenza, anche il concetto di reputazione espande il proprio ambito semantico; la considerazione che gli altri hanno di noi, la credibilità di cui godiamo all’interno di un determinato gruppo sociale, passa indiscutibilmente anche per il cyber spazio.

Da quanto sin qui premesso è giocoforza dedurre che nasce, oggi, il bisogno di tutelare la propria reputazione digitale e difendere la propria identità sul web. Questa esigenza, inoltre, è tutt’altro che frivola ed astratta; basti pensare al fatto che, spesso, all’esito di un colloquio di lavoro la prima cosa che farà l’head hunter che abbiamo davanti sarà andare sui social media e cercare i nostri profili, per comprendere come questa esigenza non vada sottovalutata, anzi, vada coltivata e fatta valere.

La creazione e gestione della propria identità online, il dare una buona impressione sui motori di ricerca e costruire un profilo adeguato sono tutte attività che ormai rientrano nella nostra educazione digitale.

Orbene, tutto questo può essere messo a repentaglio, se non distrutto, in una manciata di secondi, dai cd. leoni da tastiera; da coloro che scrivono in modo aggressivo, talora insultando, offendendo, screditando e persino minacciando, forti di quello scudo che credono sia il loro desktop.

E’ appena il caso di evidenziare, quindi, che questi comportamenti non sono solo recriminabili da un punto di vista morale e sociale, ma costituiscono fonte di danni morali e non patrimoniali e colui che ha subito queste condotte ha tutto il diritto di adire la competente Autorità Giudiziaria al fine di vedersi tutelati i propri diritti ed essere ristorato dei danni.

Il danno non patrimoniale è previsto all’art. 2059 c.c. alla luce del quale simile pregiudizio deve essere risarcito <<solo nei casi determinati dalla legge>>, tale possibilità risarcitoria sembrerebbe limitata alle sole ipotesi di reato e quindi sembrerebbe che la sola strada percorribile sia quella del procedimento penale.

A seguito dell’intervento della Corte Costituzionale (sent. N. 233/2003), però, può dirsi completamente superata questa interpretazione limitativa, di talchè ogni lesione di valori di rilievo costituzionale inerenti la persona comporta il ristoro del danno non patrimoniale sofferto. Proprio la risarcibilità del danno morale subito, indipendentemente dalla sua rilevanza penalistica, non richiedendo che la responsabilità dell’autore del fatto illecito sia accertata in un procedimento penale, in quanto non opera il limite della riserva di legge correlata all’art. 185 c.p. (cfr. Cass. N. 20205/2005; Trib. Monza 2.03.2010).

L’alternativa più frequente è costituita dall’azione per il risarcimento del danno cagionato da un fatto illecito ex art. 2043 c.c., dal momento che con la stessa è più agevole provare l’elemento psicologico di chi ha commesso il danno.

La giurisprudenza del Palazzaccio, inoltre, sostiene che, mentre penalmente occorre dimostrare il dolo, civilmente la tutela si può estendere anche alle condotte colpose (cfr. Cass. N. 729/2005; Cass. N. 5677/2005).

Pertanto, la persona diffamata potrà anche tutelarsi direttamente in sede civile, dimostrando il pregiudizio patito e chiedendo il risarcimento del danno economico e morale subito.

Va, infine, evidenziato che copiosa giurisprudenza di legittimità ha affermato che anche la diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l’uso di una bacheca facebook integra un’ ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell’articolo 595 c.p., comma 3, c.p..

Invero, la diffusione di un messaggio con le modalità consentite per questo tipo di “modalità”,  “una bacheca facebook”, ha potenzialmente la capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone, perché l’utilizzo di facebook integra una delle modalità attraverso le quali gruppi di soggetti socializzano le rispettive esperienze di vita, valorizzando in primo luogo il rapporto interpersonale.


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Filomena Masi

Laureata all'Università degli Studi di Siena, dopo aver conseguito l'abilitazione presso la Corte d'Appello di Napoli, è iscritta al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Avellino.

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