Cassazione: l’incidenza causale della condotta dannosa è il criterio per ripartire il risarcimento a carico di più condomìni corresponsabili

Cassazione: l’incidenza causale della condotta dannosa è il criterio per ripartire il risarcimento a carico di più condomìni corresponsabili

Cass. civ., sez. II, ord. 19 ottobre 2021, n. 28866

Un condominio condannato, assieme ad un altro limitrofo, a risarcire i danni causati ad alcuni box, solleva in Cassazione la questione relativa alla possibilità di ripartire il risarcimento del danno a carico dei corresponsabili, usando il criterio della maggiore o minore «utilità» che deriva per ciascuno di essi dall’eliminazione della causa del danno prodotto. Tale criterio non è idoneo, in base a quanto deciso dalla Corte di Cassazione, sez. II, ordinanza n.28866 del 19.10.2021. Per la liquidazione del risarcimento del danno e la ripartizione dello stesso tra i vari corresponsabili, il criterio corretto da adottare è «la maggiore o minore incidenza causale» che le rispettive condotte dei soggetti responsabili, attive od omissive, spiegano sulla verificazione dell’evento e sulle sue conseguenze pregiudizievoli per la parte danneggiata. [ABSTRACT ITA]

A apartment-building condemned – together with an another – to compensate the damage caused to some boxes, raises, in the judgment of legitimacy at the Court of Cassation, the question relating to the configurability of the compensation for the damage borne by the co-responsible, using the criterion of the greater, or less «usefulness» that the elimination of the cause of the damage entails for the two perpetrators. As established by the order of the Court of Cassation, section II, n.28866, 19ndof october 2021, for the settlement of the compensation and the division of it among the persons responsible for the damage, it is correct to use the criterion of the «the greater or lesser causal incidence» that the respective conduct of the responsible subjects, active or omissive, have produced on the occurrence of the event and its harmful consequences for the damaged party. [ABSTRACT ENG]

Sommario: 1. Il caso – 2. I motivi del ricorso per cassazione – 3. La decisione della Corte di Cassazione (ordinanza n. 28866/2021)

 

1. Il caso

I proprietari di alcuni box, situati al piano interrato di un cortile di proprietà di un condominio, convennero quest’ultimo in giudizio. Convennero anche un altro condominio limitrofo, ritenendo entrambi responsabili di alcune infiltrazioni ai danni dei detti box. L’azione fu incardinata innanzi al Tribunale di Lodi.

La domanda risarcitoria contro il condominio, titolare dell’area ove erano siti i box danneggiati, venne impostata sul precetto dell’art. 2051 c.c., data l’omessa custodia e manutenzione del cortile e del manto di impermeabilizzazione sottostante a protezione dei box. Invece, per ciò che concerneva l’altro condominio attiguo, si assunse la responsabilità di questi ai sensi dell’art.2043 c.c., in quanto proprietario della rete fognaria da cui provenivano le infiltrazioni, causa dei danni ai box degli attori. Resistevano in giudizio i due condomìni convenuti.

Il Tribunale di Lodi si pronunciò con sentenza n. 376 del 2014, con la quale accolse la domanda dei proprietari, condannando i due enti di gestione convenuti a pagare in favore degli attori la somma di circa 58mila €uro. L’importo venne suddiviso in sentenza, ponendo la misura pari al 70% del risarcimento a carico del condominio limitrofo. La restante misura del 30% fu imputata a carico del condominio di cui facevano parte i box. Ciò fu motivato in provvedimento in ragione della graduazione della loro rispettiva responsabilità.

Contro la decisione del Tribunale lodigiano fu interposto gravame presso la Corte di Appello di Milano a cura del condominio limitrofo, condannato in primo grado. La Corte territoriale emise sentenza di rigetto del gravame, rubricata al n. 4649 del 2015. Alla base del giudicato di merito risultava lo svolgimento di un’istruttoria e la presenza di una relazione tecnica, redatta da un C.T.U. incaricato della verifica dello stato dei luoghi. In ragione di tanto, la decisione di merito si fondò sulla conclusione che le infiltrazioni – causa dei danni ai box – provenissero da perdite generate dalle condotte di scarico delle acque, a servizio di entrambi i condomìni. Restò invariata, la graduazione della rispettiva responsabilità dei due enti di gestione.

Il medesimo condominio, soccombente in appello, propose ricorso per la cassazione della sentenza del Corte d’appello di Milano, basando la propria difesa su due motivi. Resistettero, in sede di giudizio di legittimità, i proprietari dei box, originari attori, ed il condominio in cui erano allocati i box danneggiati.

2. I motivi del ricorso per cassazione

In sede di giudizio per cassazione, il condominio ricorrente si dolse della violazione dell’art. 2051 c.c.. E’ questo l’oggetto del primo dei due motivi di ricorso proposti. La tesi difensiva partiva dall’assunta erronea applicazione della norma da parte della Corte di Appello, in quanto «avrebbe erroneamente ravvisato la responsabilità, a tale titolo, del Condominio […]»[1], giacché la C.T.U. aveva concluso affermando che, per eliminare le infiltrazioni a carico dei box degli originari attori, sarebbe stato sufficiente impermeabilizzare un muro del condominio in cui erano situati gli stessi box[2]. Il fulcro della difesa venne, quindi, articolato dal condominio ricorrente indicando, in tal modo, la «propria estraneità alla causa del danno», oggetto della vicenda giudiziale, cui era seguita condanna risarcitoria in favore dei titolari dei box.

Il secondo dei due motivi riguardava, invece, il criterio legale di ripartizione delle spese, utilizzato dal Tribunale di Lodi e confermato dalla Corte di appello di Milano, per quantificare i costi di eliminazione dei danni causati ai box. La ragione della contestazione veniva ricondotta al fatto che la responsabilità del condominio, in cui i box erano allocati, doveva essere maggiore rispetto a quella del condominio limitrofo ricorrente.

3. La decisione della Corte di Cassazione (ordinanza n. 28866/2021)

Entrambi i motivi di ricorso sono stati respinti dalla Corte di Cassazione, in quanto inammissibili.

Per la Cassazione la decisione della Corte di Appello è corretta.

Il ragionamento logico-giuridico della Corte Suprema prende in considerazione due aspetti. Il primo riguarda l’esito delle risultanze istruttorie del giudizio di merito e, con esse, anche la relazione tecnica redatta dal C.T.U. incaricato della verifica dello stato dei luoghi, da cui si accerta l’utilizzo comune del condotto di smaltimento delle acque. Allo stesso tempo, risulta accertato che le infiltrazioni ai box erano state causate da perdite provenienti dalle stesse condotte di scarico delle acque, poste a servizio di ambedue i condomìni. Il secondo aspetto è la «differente percentuale di utilizzazione dell’impianto di smaltimento delle acque»[3] da parte di ciascuno dei due condomìni, da cui deriva la graduazione della rispettiva responsabilità tra i due predetti enti di gestione. La Cassazione osserva in proposito che questa, sostanzialmente, era la vera ratio alla base della sentenza avversata in sede di legittimità da parte del condominio ricorrente[4] e non attinta dal ricorrente stesso in nessuno dei due motivi di ricorso.

Ad adiuvandum, la Corte osserva che, viene introdotto dal ricorrente un argomento ulteriore e conseguenziale proposto dal condomìnio ricorrente, in una memoria depositata in prossimità dell’adunanza camerale. I Giudici di Piazza Cavour, lo ritengono ugualmente infondato.

Si tratta dell’argomentazione in base alla quale, a detta della difesa del ricorrente, nel giudizio di merito si sarebbe dovuto ripartire il risarcimento del danno tenendo conto dell’utilità derivante dall’eliminazione del danno stesso. Nel caso specifico all’esame della Cassazione, il ristoro risarcitorio del danno, patito dai box, era stato parametrato alle spese occorrenti alla sua eliminazione, peraltro quantificate dalla citata C.T.U.. La Corte di Cassazione ne tiene conto e coglie l’occasione per precisare che, quando sussista una corresponsabilità di più soggetti – in questo caso di più condomìni – nel causare di un evento dannoso, la ripartizione del relativo risarcimento «non va eseguita in base al criterio della maggiore, o minore, utilità che l’eliminazione della causa del danno comporta per i due responsabili, ma in funzione della maggiore o minore incidenza causale che le rispettive condotte, attive od omissive, spiegano sulla verificazione dell’evento e delle sue conseguenze pregiudizievoli per la parte danneggiata.»[5]

La ripartizione del relativo risarcimento va effettuata, quindi, in funzione della maggiore o minore incidenza che la condotta soggettiva di ciascuno dei corresponsabili abbia avuto sul verificarsi dell’evento e sulla generazione delle conseguenze dannose per la parte danneggiata.

E’, quindi, questo il criterio indicato dalla Corte –e non certo di quello dell’utilità– che deve essere adoperato per procedere alla liquidazione del risarcimento ed alla ripartizione dello stesso tra i vari corresponsabili. Non assume incidenza, alcuna, «l’utilità indiretta» che i soggetti danneggianti possano ricavare dall’eliminazione del danno da loro stessi cagionato.

In conclusione, la Corte di Cassazione dichiara il ricorso del condominio inammissibile. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, nei confronti di ambedue le parti controricorrenti.

 

 

 

 

 


Note bibliografiche
[1] Cass. civ., sez. 2, ord. n.28866 del 19.10.2021 (ECLI:IT:CASS:2021:28866CIV), ud. 11.06.2021, Presidente DI Virgilio Rosa Maria, in www.italgiure.giustizia.it
[2] Id. Cass. civ., n.28866/2021 cit.
[3] Id. Cass. civ., n.28866/2021 cit.
[4] Id. Cass. civ., n.28866/2021 cit., si legge: “questa motivazione, che costituisce la vera ratio della decisione impugnata, non è neppure specificamente attinta dalle due censure proposte dall’ente di gestione ricorrente, le quali dunque non si confrontano in modo adeguato con la motivazione resa dal giudice di merito”.
[5] Id. Cass. civ., n.28866/2021 cit.

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Avvocato, iscritta presso Ordine Avvocati di Salerno, con patrocinio in Corte di Cassazione e altre Magistrature Superiori. Laureata in Giurisprudenza nel 1994 presso UNISA-Università degli Studi di Salerno. Tra i vari, titoli conseguiti si annoverano: Specializzazione universitaria in professioni legali; Master universitario in E-Government e Management della Pubblica Amministrazione; Master universitario in diritto amministrativo. Dal 2019 è membro confermato del Consiglio Direttivo Provinciale di Salerno dell’associazione Nazionale-Europea A.N.AMM.I.. Ha, inoltre, conseguito idoneità in concorso pubblico per titoli ed esami per attività giuridico-amministrativo e medico-legale del laboratorio di igiene e medicina del lavoro presso UNISA (Dipartimento di medicina e chirurgia), Scuola Medica Salernitana dell´Università degli studi di Salerno. Dal 2020 ha conseguito titoli di aggiornamento professionale per funzioni di mediatore civile e commerciale; idoneità REI CINECA (collaboratori Area Economica) per docenza, esercitazioni/laboratori, didattica presso UNIMIB Università degli Studi di Milano-Bicocca; idoneità Collaboratori Alta Formazione triennio 2019 - 2022 - Area Giuridica/ Higher Education Collaborators – presso UNIMIB Università degli studi Milano Bicocca.

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