Cenni storici in materia di libertà religiosa

Cenni storici in materia di libertà religiosa

Introduzione. Nel seguente lavoro, ho tentato di sottolineare come, la libertà religiosa, deve essere vista come un processo dinamico e non statico, proprio come lo sono i processi di integrazione. Il pluralismo religioso esiste da sempre e, anche se è una conquista che appartiene all’età moderna, esistono moltissime fonti che dimostrano come segnali di apertura ci siano stati anche in passato.

Cenni storici sulla libertà religiosa. Ciò che ci faceva sentire liberi in passato, una volta entrato nelle abitudini sociali e, addirittura all’interno di un ordinamento giuridico non può più essere percepito allo stesso modo oggi. Questo perché una volta acquisita la libertà diviene quasi una routine ed è per questo che si dice che la libertà, più di qualsiasi altro bene, presenta il suo valore alla coscienza solo quando la si perde4.

Per tali motivi la definizione di libertà religiosa non deve essere vista come un qualcosa di statico e autoritario, ossia emanata dal potere attraverso un articolo della Costituzione, piuttosto come un qualcosa di dinamico, deve essere vista come una questione perennemente aperta. Ognuno deve avere la propria percezione del bisogno di libertà secondo la propria cultura o religione. D’altronde i processi di integrazione sono continuamente dinamici e in continua evoluzione.

La libertà può essere intesa dal punto di vista filosofico, psicologico e addirittura politico e ovviamente anche dal punto di vista giuridico. I giuristi, però, spesso fanno l’errore di non mettere in preventivo che la Costituzione italiana è stata scritta per tutti: giuristi e non.

Inoltre ci si chiede, se la libertà possa essere considerata un diritto. In particolare, un diritto pubblico soggettivo. I diritti pubblici soggettivi, non sono altro che situazioni soggettive derivanti da un’autolimitazione del potere normativo dello Stato in favore dei cittadini. Il diritto però, non può definire il concetto di libertà, la libertà è il confine oltre il quale l’autorità pubblica non può spingersi per invadere la coscienza. Si dovrebbe parlare di libertà e basta non di diritto di libertà o di diritti pubblici soggettivi. L’uomo non è una norma, le persone interagiscono al di fuori del diritto così come lo conosciamo. Il pluralismo religioso esiste da sempre, ma non anche il dialogo fra le varie religioni, che ha rappresentato una faticosa conquista solo in età moderna.

Sin dall’antichità vi sono esempi importanti di apertura. Uno di essi, che forse costituisce la più antica testimonianza di tolleranza, è rappresentato dal re Aśoka Maurya “il Grande5. Un suo editto, risalente a circa il 250 a.C., recita così:

«Sua Maestà il re santo e grazioso rispetta tutte le confessioni religiose, ma desidera che gli adepti di ciascuna di esse si astengano dal denigrarsi a vicenda. Tutte le confessioni religiose vanno rispettate per una ragione o per l’altra. Chi disprezza l’altrui credo, abbassa il proprio, credendo d’esaltarlo».6

Il Medioevo, però, sancì il Cristianesimo come religione pubblica facendo di fatto cadere qualsiasi libertà di culto soprattutto con le inquisizioni romane e spagnole e in parte anche quelle portoghesi.

L’affacciarsi della libertà religiosa sulla scena politico-culturale segna l’avvento della modernità in Europa. Uno dei primi riconoscimenti ufficiali di libertà di professare il proprio culto risale al 1500 d.C in Olanda e in particolare è contenuto nell’art. 13 dell’Unione di Utrecht che stabiliva che:

“Ogni uomo deve restare libero nelle proprie scelte religiose e non deve essere mai molestato o interrogato circa il culto divino”.

Col giusnaturalismo poi, si ebbe la scissione tra religione e politica.

Il pieno riconoscimento della libertà religiosa si è affermato in Italia solo dopo l’approvazione e l’entrata in vigore della Costituzione nel 1948.

Precedentemente, l’articolo 1 dello Statuto Albertino del 1848 stabiliva che:

“ la religione cattolica, apostolica e romana è la sola religione dello stato”.

L’Italia era dunque uno Stato confessionale ma, con un regime di tolleranza per gli altri culti.

Successivamente, però, il Parlamento subalpino del Regno sabaudo, approvava la L. n. 735/1848 Che escludeva forme di discriminazioni per quanto riguarda il godimento di diritti civili e politici e circa l’ammissibilità alle cariche civili e militari per ragioni di appartenenza religiosa.7

Nel 1871 la L. n. 214/1871 la c.d. ”Legge delle guarentigie” andrà ad offrire una serie di garanzie al Pontefice e prevedendo alcune libertà alla santa sede cattolica (es: riunione dei membri del clero). Questa norma regolò i rapporti tra Stato italiano e Santa Sede fino al 1929, quando furono conclusi i Patti Lateranensi.

Altra norma molto importante è la L. n. 3203 del 1876 che privò del riferimento alla divinità il giuramento dei testimoni all’interno del processo.

Esistono poi le fonti di derivazione concordataria come la Legge di esecuzione dei Patti lateranensi (L. n. 810/1929) e dell’accordo di villa Madama concluso il 18 Febbraio 1984 con L. n. 121/2985. Sono considerate fonti atipiche in quanto:

– possono derogare norme Costituzionali che non integrino principi supremi dell’ordinamento;

– per la loro resistenza all’abrogazione da parte di successive leggi ordinarie a contenuto.

I Patti lateranensi , di epoca fascista del 1929, sono composti:

– da un Trattato che riguarda la condizione giuridica della Santa Sede e la posizione del Pontefice oltre all’immunità territoriale di alcuni immobili che si trovano nella città di Roma;

– da un Concordato che disciplina la condizione della chiesa cattolica nell’ordinamento italiano, il matrimonio concordatario, istruzione religiosa nelle scuole, la condizione giuridica dei ministri di culto, il finanziamento della chiesa cattolica ecc.

A seguito di essi, la Chiesa cattolica ha riconosciuto l’esistenza di uno Stato italiano ed ha accantonato definitivamente ogni pretesa giuridica sul territorio di Roma ponendo di fatto fine alla questione romana.8 L’accordo di Villa Madama del 1984, va a modificare i Patti Lateranensi ed è tutt’ora vigente. Tutte le norme del concordato lateranense non riprodotte nel nuovo testo devono considerarsi abbrogate così come stabilito dall’art. 13.1 di tale accordo. Sono 14 articoli. A titolo esemplificativo l’art. 12 tutela il patrimonio artistico e religioso dei beni culturali di proprietà della chiesa a  livello Costituzionale.

Tali accordi, hanno l’obiettivo di non tendere troppo né verso la chiesa (che sarebbe una restrizione della libertà religiosa), né troppo verso lo Stato (che a quel punto sarebbe vista come restrizione delle competenze esclusive dello Stato).

Si arrivò poi alla Costituzione italiana del 1948, la così detta “Groundnorm” di cui un ordinamento giuridico non può fare a meno. Tutti i fenomeni giuridici vengono ricondotti alla Groundnorm.9 Viene considerata una regola “eidetico-costitutiva” cioè sono regole che dettano sia condizioni di pensabilità che di possibilità proprio come il gioco degli scacchi, non è pensabile né possibile senza le sue regole.10

D’altronde Hobbes riteneva che gli uomini avrebbero potuto obbedire alla legge della ragione solo se fossero stati “esseri perfetti”, certi di non sbagliare. Invece l’uomo è fallibile perciò l’unico rimedio è l’obbedienza infatti, prosegue, dinnanzi alla “Magna Charta” l’uomo non deve chiedersi se sia giusta o meno ma obbedire e basta”.11

Infatti Hobbes parlava della c.d. epistemologia esteriore ovvero riteneva che il potere deve garantire una rigida obbedienza alla volontà di chi comanda. Questo garantisce la certezza ma all’obbedienza e basta. Si fonde sul presupposto che l’uomo è onnipotente.

Quindi in definiva si può affermare come Hobbes ritenesse che il giudice non pensi perché obbedisce.

Diversa invece è l’epistemologia interiore che invece è il dovere di sviluppare una responsabilità morale di chi decide. Questo lascia il giudice libero di decidere in base alle “ragioni segrete del proprio animo”.12 Questo principio invece si basa sulla presunzione di innocenza e della presa di coscienza che l’uomo è un essere fallibile.

Montesquieu invece riteneva che il giudice obbedisce se non pensa quindi assume una posizione diametralmente opposta alla tesi di Hobbes.

La libertà religiosa nella costituzione italiana. La Costituzione italiana entrata in vigore l’1 Gennaio 1948 presenta dei caratteri fondamentali:

 È VOTATA

La Costituzione è “votata” perché rappresenta un patto tra i rappresentanti del popolo italiano, ma soprattutto perché è stato il popolo a votare in via indiretta questo documento e non il sovrano a concederla, come è invece avvenuto con lo Statuto Albertino.

È SCRITTA

Tutte le norme, i diritti, i doveri e l’ordinamento dello Stato sono scritti, senza rimandi a norme accettate per consuetudine e/o tramandate oralmente. La scelta segue quella dei diversi Stati che hanno scelto come modello di ordinamento giuridico la civil law e la common law, a eccezione del Regno Unito, dove la Costituzione non è scritta ma attinge sia da fonti scritte come la Magna Charta, l’Act of Settlement, la Petition of Right e il Bill of Rights che da fonti orali come le convenzioni costituzionali del parlamento e le prerogative reali.13

È LUNGA

La Costituzione è “lunga” perché sono esplicitati e descritti nel dettaglio i principi, i diritti e i doveri dei cittadini ma anche i meccanismi che regolano la vita del paese. La Costituzione italiana infatti non si limita a indicare le norme sulle fonti del diritto ma contiene anche diverse disposizioni riguardanti molti settori del vivere civile.14

È RIGIDA

La Costituzione italiana è “rigida” perché, essendo la fonte di gerarchia del nostro diritto, tutte le disposizioni aventi forza di legge che entrano in contrasto con la Costituzione sono rimosse con un procedimento disposto dalla Corte costituzionale (capita quando una legge è definita “anticostituzionale” o “incostituzionale”). Inoltre, proprio perché è la fonte primaria del diritto italiano, si può modificare solo con un procedimento parlamentare aggravato: se per l’approvazione di una legge è sufficiente che ci sia la maggioranza in Parlamento, per l’approvazione di una modifica o revisione della Costituzione il testo deve passare per l’articolato processo “di revisione costituzionale”.15

È FRUTTO DI UN COMPROMESSO

La Costituzione è detta “compromissoria” perché è il frutto di una collaborazione tra tutte le forze politiche uscenti dalla seconda guerra mondiale: è il gesto finale della liberazione dal Fascismo, con un confronto aperto e democratico nonostante le posizioni di partenza siano diametralmente opposte. Da un lato ci sono i partiti comunista e socialista, che leggono la storia come lotta di classe e si pongono come obiettivo primario della nuova Costituzione la realizzazione della giustizia sociale e dell’uguaglianza sostanziale tra i cittadini; dall’altro lato c’è la Democrazia Cristiana, che crede in una organizzazione interclassista della società e che vuole che la Costituzione si basi non sulla lotta di classe ma sul valore della solidarietà e della collaborazione delle diverse classi sociali per la costruzione del bene del paese. Durante i lavori dell’Assemblea Costituente ci sono tanti scontri e confronti, ma alla fine la Costituzione che vede la sua nascita il 1° gennaio 1948 riesce a essere espressione delle diverse forze politiche.16

È DEMOCRATICA

La Costituzione è “democratica” perché il concetto di “sovranità popolare” trova ampio spazio, così come hanno un ruolo di rilievo sia i sindacati che i partiti politici. Inoltre la Costituzione è stata votata dai rappresentanti eletti dal popolo, e non imposta a quest’ultimo.17

È PROGRAMMATICA

La Costituzione è “programmatica” perché rappresenta un programma e gli obiettivi che tutte le forze politiche devono sforzarsi di attuare, attraverso provvedimenti legislativi che non entrino in contrasto con le disposizioni costituzionali.18

La “Groundnorm” comprende, tra gli altri, alcuni articoli che tutelano la libertà religiosa e cioè il 2, 3, 7, 8, 19 e 20.

L’art. 2 della Costituzione Italiana dice:

La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.”

Questo articolo tutela i diritti inviolabili dell’uomo, tra cui si può ricomprendere il diritto alla libertà religiosa. Quindi garantisce a tutti, cittadini e non, la libertà religiosa in quanto diritto inviolabile. Inoltre, riconosce il ruolo fondamentale delle formazioni sociali nello sviluppo della personalità di ogni individuo. Tra queste formazioni sociali sono comprese anche le confessioni religiose, che così assumono un rilievo costituzionalmente garantito all’interno dell’ordinamento giuridico italiano.

L’art. 3 della Costituzione Italiana:

1. “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione , di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

2. “E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”

Questo articolo sottolinea come lo Stato sia tenuto a rimuovere tutte le forme di discriminazione, incluse quelle religiose, in quanto “impediscono il pieno sviluppo della persona umana.”. Garantisce dunque anche l’uguaglianza religiosa e vieta la discriminazione per ragioni religiose. Il principio di non discriminazione e la salvaguardia della libertà religiosa non sono solo garantiti dall’ordinamento nazionale, ma anche a livello europeo all’art. 10 del TFUE (Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea) che dice:

“Nella definizione e nell’attuazione delle sue politiche e azioni, l’Unione mira a combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale;

Dall’art. 19 comma 1 del TFUE:

1.” (…)il Consiglio, deliberando all’unanimità secondo una procedura legislativa speciale e previa approvazione del Parlamento europeo, può prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale.”

Dall’art. 14 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (C.E.D.U.) intitolato Divieto di discriminazione che recita:

“Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o quelle di altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita od ogni altra condizione.”

L’art. 7 della Costituzione, a proposito delle fonti di derivazione concordataria, recita:

-1.“Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.”

-2 “I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi.”

-3.”modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.”

Indipendenti e sovrani significa che Stato e Chiesa si pongono in una posizione di parità dove ognuno rispetta l’indipendenza e l’autonomia dell’altro.

In merito al terzo comma la Giurisprudenza e anche parte della Dottrina riterrebbero che l’abrogazione unilaterale del Patti sia consentita esclusivamente mediante una legge di revisione Costituzionale. In realtà tutto ciò è da escludersi e quindi l’unico organo che potrà modificare i Patti concordatari tra Stato e Chiesa in maniera unilaterale sarà la Corte Costituzionale se sono volti a dichiarare l’illegittimità costituzionale con i principi supremi della nostra Costituzione e in generale nel nostro ordinamento giuridico. Lo Stato non potrà farlo in maniera unilaterale, nemmeno con una legge di revisione costituzionale e neanche se tale modifica dovesse apportare migliorie o maggiori vantaggi alla chiesa cattolica.19

Questi patti hanno valore internazionale in quanto stipulato tra due enti sovrani ed indipendenti.

L’art. 8 della Costituzione italiana tratta del pluralismo confessionale e recita:

-1 Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.

-2 Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano.

-3 I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.

Il comma 3 ci dice dunque che è competenza delle confessioni, decidere i contenuti dei loro statuti. Questo sottolinea il principio di laicità dello Stato e la sua non ingerenza negli affari interni delle confessioni religiose.20

Il problema principale era rappresentato dalla regolamentazione dei rapporti fra lo Stato e le confessioni religiose diverse da quella cattolica. Mentre la Chiesa cattolica era stata definita indipendente e sovrana (art. 7), le altre confessioni avevano una sovranità limitata in quanto:

– il loro statuto non doveva contrastare con l’ordinamento giuridico italiano;

– il loro rapporto con lo Stato veniva regolato non attraverso una norma Costituzione, ma con legge ordinaria (ciò significava che per modificare il rapporto era sufficiente un normale procedimento legislativo);

– lo Stato italiano, inoltre, non aveva l’obbligo costituzionale di regolamentare i rapporti con una Chiesa diversa da quella cattolica. Questi problemi furono sanati, in parte, da un nuovo accordo tra la Repubblica italiana e la Santa Sede (18 febbraio 1984). La nuova intesa abrogò il principio che indicava la religione cattolica come religione di Stato e riconobbe uguale libertà a tutte le confessioni In questo modo trovò attuazione il principio del pluralismo confessionale stabilito dal primo comma dell’art. 8.

Tuttavia, l’ordinamento italiano non ha ancora eliminato le disparità perché distingue gerarchicamente fra:

– La Chiesa cattolica;

– Le confessioni dotate di intesa;

– Le confessioni riconosciute dalla legislazione sui culti ammessi (lo Stato riconosce circa 100 culti) ;

– Le confessioni prive di riconoscimento.

Per superare realmente le disparità bisognerebbe approvare una una legislazione unilaterale sulla libertà religiosa. Fino ad oggi, però, tutti i tentativi fatti sono sempre falliti.21

Le intese sono state stipulate con molte confessioni religiose come la Tavola Valdese risalente al 1984, le comunità ebraiche italiane, gli evangelisti battisti e luterani, i testimoni di Geova, l’unione buddhista italiana etc.

L’Italia non è mai riuscita a concludere intese con la religione Islamica perché non si sono mai trovati rappresentanti condivisi dai vari gruppi islamici, in Belgio e Francia invece hanno optato per un’altra soluzione: ossia quella di votare un rappresentante di quella determinata confessione religiosa che andasse a stipulare un’intesa con essi. In Italia la situazione è ancora in fase di stallo.22

L’intesa viene stipulata mediante il Presidente del Consiglio dei ministri previa delibera del Consiglio dei ministri e il Rappresentante di quella determinata confessione religiosa23. L’intesa conclusa è un atto atipico perciò non può essere abbrogata unilateralmente da una legge. Tuttavia esiste il diritto di recesso da parte di quella determinata confessione religiosa.

Prima di prendere in esame l’art. 19, un altro articolo che tratta del tema della libertà religiosa è l’art. 20 della Costituzione che dice:

“Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d’una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività.”

Giuseppe Dossetti, deputato dell’assemblea costituente della Democrazia Cristiana spiegò il significato di tale articolo: «Questo articolo vuole affermare un concetto negativo, e cioè che il carattere ecclesiastico o lo scopo di culto non possano essere causa di un trattamento odioso a danno degli enti stessi. La norma si giustifica come esigenza particolare non solo degli enti ecclesiastici della Chiesa cattolica, ma anche degli enti religiosi non appartenenti alla Chiesa cattolica, tant’è che essa è stata invocata da appartenenti a Chiese non cattoliche. […]24.

In base a questo articolo un ente non può essere colpita in modo speciale per il semplice fatto che si tratta di ente ecclesiastico».

L’articolo 19 della costituzione italiana: necessità di integrazione e la sua tutela positiva. L’articolo 19 della Costituzione italiana recita:

Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.”

L’aggettivo “tutti” è un esplicito richiamo al diritto di uguaglianza e quindi deve intendersi, senza alcuna distinzione, che sia rivolto a tutti i destinatari siano essi stranieri, apolidi o rifugiati politici.

Il diritto alla libertà religiosa è un diritto personalissimo, inalienabile, indisponibile, inviolabile e naturalmente intangibile riconosciuto a tutti gli individui e quindi a tutte le comunità religiose.

Si può esercitare in pubblico e in privato quindi sia in forma individuale che collettiva così come dicono gli articolo 7 e 8 della Costituzione.

La lettura dell’articolo 19 però va integrato con altri due articoli che esprimono tra l’altro il principio di appartenenza religiosa e sono:

1) L’art. 9 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo che recita:

-1.“Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, così come la libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l’insegnamento, le pratiche e l’osservanza dei riti.”

-2.” La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo non può essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla pubblica sicurezza, alla protezione dell’ordine, della salute o della morale pubblica, o alla protezione dei diritti e della libertà altrui.”

2) L’art.10 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea intitolato “libertà di pensiero, coscienza e religione” che dice:

-1.” Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione. Tale diritto include la libertà di cambiare religione o convinzione, così come la libertà di manifestare la propria religione o la propria convinzione individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l’insegnamento, le pratiche e l’osservanza dei riti.”

-2. “Il diritto all’obiezione di coscienza riconosciuto secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio.”

Insomma, questi articoli prevedono la libertà di aderire a una fede religiosa e di cambiarla cosa che l’art. 19 della nostra Costituzione prevede ma solo in via indiretta.

Sicuramente i problemi più grandi, vengono riscontrati con quelle fedi religiose come l’islam che vietano l’apostasia ossia il ripudio, rinnegamento della propria religione per seguirne un’altra. In particolare, nel diritto canonico cattolico, l’abbandono totale (diverso quindi dall’eresia, che è inteso come abbandono parziale) della fede da parte di un battezzato, manifestato esteriormente in modi non equivoci e con la volontà e coscienza di abbandonarla25. Spesso sono previste delle vere e proprie punizioni che possono andare dalla confisca del patrimonio alla perdita del diritto di succedere mortis causa fino ad arrivare, nei casi più gravi, alla pena di morte. Queste però rappresentano le versioni più conservatrici dell’islam infondo anche il diritto canonico in passato puniva l’apostata impedendogli di succedere mortis causa e tutt’oggi prevede il divieto di funerali cattolici all’apostata notorio.

Dalla libertà religiosa dunque, derivano alcune facoltà date dal combinato disposto di tali norme costituzionali nazionali e comunitarie:

Libertà di professare qualunque fede religiosa, di non professarne nessuna o di cambiare credo senza che esso sia motivo di discriminazione

Diritto alla riservatezza e alla privacy.

A tal proposito Il 24 Ottobre 1995 fu emanata una direttiva europea in materia di privacy che vietava l’utilizzo dei dati sensibili attinenti la sfera personale recepita in Italia con la legge n. 675/1996. All’art 22.1 definisce che:

“i dati sensibili e le informazioni relative all’appartenenza politica, ideologica, religiosa o confessionale della persona possono essere oggetto di trattamento solo previo consenso scritto dell’interessato e previa autorizzazione del garante per la protezione dei dati personali.”

Un’eccezione a questa disciplina è stata introdotta dall’art. 5.1 del D.lgs. n. 135/1999 che ha aggiunto l’art. 22.1 bis. In base al quale:

“ l’autorizzazione scritta e quella del garante non sono richiesti: a) per i dati relativi agli aderenti alle confessioni religiose i cui rapporti con lo Stato siano regolati da accordi o intese ai sensi degli articoli 7 e 8 della Costituzione italiana; b) per i dati relativi ai soggetti che con riferimento a finalità di natura esclusivamente religiosa che abbiano contatti regolari con le medesime confessioni a condizione che si tratti di informazioni trattate da organi confessionali o enti civilmente riconosciuti e sempre che non siano comunicate o diffuse fuori dalle medesime confessioni.”

Il d.lgs. n. 467/2001 ricomprende in queste eccezioni anche le confessioni non munite di intesa fermo restando però in questo caso l’autorizzazione del garante.

Libertà di propaganda religiosa che si concretizza nella facoltà di ciascun individuo di esternare il proprio credo religioso divulgandolo sia in pubblico che in privato anche con opere di proselitismo26;

Libertà di culto ossia la libertà di celebrare i riti connessi alla propria confessione religiosa sia in pubblico che in privato che possono essere impedite solo “se contrarie all’ordine pubblico o al buon costume”;

Costituire o appartenere ad associazioni di carattere religioso  specificato anche dall’articolo 20 della Costituzione;

Divieto di discriminazione nei luoghi di lavoro in base alle proprie convinzioni Infatti nei luoghi di lavoro si registrano significative compressioni della libertà religiosa, soprattutto se riferita alle minoranze. La Direttiva 2000/43/CE del Consiglio del 29 giugno 200027, attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica. Mentre la Direttiva 2000/78/CE del consiglio del 27 novembre 200028, stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro.29 

Tale diritto risulta intimamente connesso al diritto di libertà di pensiero ed opinione sancito dall’art. 21 Cost. in base al quale:

“tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”;

E al diritto di riunione e associazione che si sostanzia nella facoltà di riunirsi con altre persone a scopo religioso in maniera pacifica così come sanciscono gli artt. 17 e 18 della Costituzione.30

Per quanto riguarda l’appartenenza etnica-culturale essa è tutelata, inoltre:

Dall’art. 22 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani che recita:

-“Ogni individuo in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale nonché alla realizzazione, attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale ed in rapporto con l’organizzazione e le risorse di ogni Stato, dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità.”

Dall’art 27 del Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966 tutela le minoranze dicendo:

-“In quegli Stati, nei quali esistono minoranze etniche, religiose, o linguistiche, gli individui appartenenti a tali minoranze non possono essere privati del diritto di avere una vita culturale propria, di professare e praticare la propria religione, o di usare la propria lingua, in comune con gli altri membri del proprio gruppo.”

Tali diritti sono individuali ma riconosciuti giuridicamente dallo Stato. In conclusione si può affermare come ogni individuo ha il diritto a distanziarsi dalla propria cultura, rinnovarla o reinterpretarla e nessuno gli potrà negare i diritti fondamentali riconosciuti dalle norme di diritto interno, comunitario e internazionale.

Uno dei problemi dell’art. 19 è che non ricomprende la libertà di coscienza che tra l’altro non è tutelata da nessun altro articolo della Costituzione italiana. Questo avviene perché nel pensiero politico moderno vi è coincidenza fra coscienza e coscienza religiosa.31 Trattasi sicuramente di una svista dato che la libertà di coscienza è tutelata anche a livello internazionale dalla Dichiarazione dei diritti dell’Uomo del 1948. Tutto ciò ha creato dei problemi circa la possibilità di riconoscere la libertà di coscienza espressa dagli atei, dagli agnostici, dagli scettici e dagli indifferenti.

Gli agnostici sono coloro i quali non hanno ancora preso una posizione circa le loro credenze religiose;

-gli scettici sono diffidenti circa l’importanza della religione;

-gli indifferenti sono coloro i quali non si pongono il problema;

-infine ci sono gli atei, coloro i quali non credono ad alcuna divinità. Non si tratta però di semplice “non credenza” ma negano qualsiasi realtà della dimensione divina. Diciamo che la Costituzione italiana tutela tale libertà di coscienza in via indiretta tramite lo stesso art. 19 ma anche tramite l’art. 2 e l’art. 13 che recita:

“Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.”

La nostra Costituzione tutela solo l’ateismo di fatto non anche quello militante che hanno spesso lo scopo di eliminare le religioni in tutte le sue manifestazioni che andrebbe contro tutti gli articoli in materia di libertà religiosa sopra citati.

Inoltre l’art. 19 è da molti ritenuto lacunoso perché si basa sul trinomio:

– Professare liberamente;

– Fare Propaganda;

– Esercitare il culto nei limiti nel buon costume.

Ci si chiede se possa essere ricompresa l’attività di testimonianza, nell’ottica del professare liberamente la propria religione. Questo e altri interrogativi riguardano i c.d. “Atti impliciti di professione”. Forse sarebbe stato meglio limitarsi a dire che “La libertà religiosa è inviolabile”.32

Anche per quanto riguarda l’esercizio del culto nei limiti del buon costume, ci sono delle antinomie: Infatti dire che un culto non deve essere contrario al buon costume non implica necessariamente che esso debba essere conforme ad esso.33

Insomma l’art. 19 da solo non basta perché lascia alcuni problemi irrisolti come la libertà di pensiero, di coscienza e di religione integrati a livello comunitario e internazionale che riguardano anche il diritto di poter cambiare la propria fede religiosa.

Nel 2006 la L. n. 85 ha modificato le disposizioni del codice penale riguardanti i reati contro il sentimento religioso.34 Punisce con la reclusione fino a 1 anno e 6 mesi o con una multa fino a 6000 euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico ovvero istiga a commettere atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Inoltre è punito con la reclusione dai 6 mesi ai 4 anni chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per gli stessi motivi.

Esiste una tutela positiva della libertà religiosa tramite gli articoli 2043 del codice civile, che recita:

“Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.”

E l’articolo 2059 del codice civile:

“Il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge.”

Affinchè vi sia un danno risarcibile è necessario che il danno sia ingiusto dove per ingiustizia si intende antigiuridicità e serietà del fatto dannoso ed, in generale35, deve concretarsi nella oggettiva lesione dell’interesse giuridico tutelato il cui pregiudizio può essere patrimoniale o non patrimoniale.

Infatti non vi sono sempre gli estremi per un risarcimento. Ad esempio la Corte di Cassazione, nel 2007, con sentenza n 7449, ha negato che potesse essere riconosciuto ai famigliari del defunto un risarcimento danni derivante dalla mancata celebrazione nell’orario stabilito della messa perché esso non lede alcun diritto fondamentale della persona né incide sul diritto di ognuno a praticare i riti della propria religione in quanto estraneo alla libertà di culto.36

Il danno patrimoniale è inteso come pregiudizio economico e una diminuzione del patrimonio che può consistere nel danno emergente

Il danno non patrimoniale si divide a sua volta in diverse categorie:

Il danno morale consistente in un turbamento psicologico;

Il danno biologico consistente nella lesione dell’interesse, costituzionalmente garantito, all’integrità fisica della persona;

Il danno esistenziale che si configura come lesione del diritto al libero dispiegarsi delle attività umane, alla libera esplicazione della personalità.37

Il danno patrimoniale sarà risarcito per equivalente con una somma di denaro mentre il danno non patrimoniale non essendo quantificabile, è una riparazione pecuniaria concessa allo scopo di procurare al danneggiato una somma compensatrice di quelle sofferenze subite. Esso dipende molto dalle singole fattispecie dovendo tenere in considerazione fattori come età, sesso, grado di sensibilità e fisica del soggetto e ovviamente il grado di gravità dell’offesa sulle dinamiche di vita relazionale del soggetto.

 

 

 

 

 

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1 De Maglie Cristina, I reati culturalmente motivati “ideologie e modelli penali”, Edizioni ETS, 2010. Nella presentazione.
2 Martin Luther King scriveva questo nel 1963 in una lettera dal carcere di Birmingham.
3 De Maglie Cristina, I reati culturalmente motivati “ideologie e modelli penali”, Edizioni ETS, 2010. Nella presentazione. SEN, L’idea di giustizia cit. pag. 408.
4 Pantheon, Ricca “Agenda della laicità interculturale”, Torri del vento edizioni. Palermo 2012 . Capitolo 3  intitolato “agire liberamente” da pag. 119.
5 Il Re Aśoka Maurya (304-232 a. C.) nel subcontinente indiano, fu sovrano di un territorio che includeva l’Afghanistan, parte dell’attuale Iran e l’Assam. Egli si convertì al buddhismo ma era consapevole delle diverse religioni presenti nel suo regno quindi si preoccupò di assicurare a tutti la libertà di culto.
6 Articolo completo alla pagina web www.isitutoeuroarabo.it al seguente link: http://www.istitutoeuroarabo.it/DM/la-liberta-religiosa-breve-storia-ed-evoluzione/.
7 Dall’enciclopedia “Treccani” http://www.treccani.it a proposito della laicità dello Stato italiano al seguente link: http://www.treccani.it/enciclopedia/laicita-dello-stato/.
8 Enciclopedia treccani al seguente link: http://www.treccani.it/enciclopedia/patti-lateranensi/.
9 Antonio Incampo, filosofia del dovere giuridico, Cacucci editore, Bari 2012.
10 Ibidem.
11 Antonio Incampo e Adolfo Scalfati, Giudizio penale e ragionevole dubbio, Cacucci, Bari 2017. Saggio di Amato Salvatore: “ Chi sa riconoscere l’errore? Il problema delle neuroscienze”, da pag. 13.
12 Idem.
13 Sito web: www.ilviaggiodellacostituzione.it al seguente link: http://www.ilviaggiodellacostituzione.it/blog/le-caratteristiche-della-costituzione.
14 Idem.
15 Idem.
16 Ibidem.
17 Idem.
18 Idem.
19 Pantheon, Ricca “Agenda della laicità interculturale”, Torri del vento edizioni. Palermo 2012 .
20 Casuscelli, nozioni di diritto ecclesiastico, III. I principi e gli strumenti del pluralismo confessionale (artt. 7 e 8) (J. Pasquali Cerioli) Giappichelli 2015.
21Pantheon, Ricca “Agenda della laicità interculturale”, Torri del vento edizioni. Palermo 2012 .
22 Pantheon, Ricca “Agenda della laicità interculturale”, Torri del vento edizioni. Palermo 2012. “Governare le differenze e legiferare”, capitolo IV da pag. 151.
23 Sul sito del Governo Italiano al sito www.governo.it.
24 www.nascitacostituzione.it che sottolinea tra l’altro come l’articolo sia stato approvato con 13 voti favorevoli, 1 contrario e 2 astenuti.
25 Enciclopedia Treccani.
26 http://dimensionesperanza.it a proposito della libertà religiosa. Al seguente link l’articolo completo: http://dimensionesperanza.it/langolo-del-diritto-ecclesiastico/item/6907-la-liberta- religiosa.html.
27 Gazzetta ufficiale n. L 180 del 19/07/2000 pag. 0022 – 0026.
28 Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.
29 Stato, Chiese e pluralismo confessionale, articolo di Livia Saporito, Francesco Sorvillo e Ludovica Decimo intitolato. “Lavoro, discriminazioni religiose e politiche d’integrazione” paragrafo 3.1 “- Le discriminazioni religiose nei rapporti di lavoro nel quadro del diritto primario dell’Unione europea”.
30 www.dimensioneesperanza.it e al seguente link l’articolo: http://dimensionesperanza.it/langolo-del-diritto-ecclesiastico/item/6907-la-liberta- religiosa.html.
31Pantheon, Ricca “Agenda della laicità interculturale”, Torri del vento edizioni. Palermo 2012. “Dalla libertà religiosa alla libertà di coscienza, cap. 3 “agire liberamente” da pag. 119.
32 Pantheon, Ricca “Agenda della laicità interculturale”, Torri del vento edizioni. Palermo 2012 . “Dalla libertà religiosa alla libertà di coscienza, cap. 3 “agire liberamente” da pag. 119.
33 Pantheon, Ricca “Agenda della laicità interculturale”, Torri del vento edizioni. Palermo 2012 . “Dalla libertà religiosa alla libertà di coscienza, cap. 3 “agire liberamente” da pag. 119.
34 Tale normativa ha modificato l’art. 3 comma 1 della precedente l. n. 654/1975.
35 Antonio Fucillo e Raffaele Santoro “Diritto religioni e culture” Giappichelli editore, capitolo VII pagina 234.
36 Ibidem, pag. 233.
37 www.altalex.com.

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