Chi risponde del sinistro di un viaggiatore che rimane incastrato tra i battenti della metro?

Chi risponde del sinistro di un viaggiatore che rimane incastrato tra i battenti della metro?

Il quesito è stato oggetto di una recente pronuncia della Corte di Cassazione, Sez. III civile, la quale ha dato risoluzione alla problematica con la sentenza n. 249 del 26/10/2016 – dep. 10/01/2017.

La vicenda de quo origina da un sinistro avvenuto tra una viaggiatrice e l’Azienda Trasporti Milanese (A.T.M.) s.p.a., poiché la stessa aveva chiesto il risarcimento dei danni che aveva subito a causa del malfunzionamento delle porte di un treno della metropolitana; l’attrice deduceva che, al momento della discesa dal convoglio, era rimasta imprigionata tra i due battenti, che si erano chiusi automaticamente, e che, per tale motivo, aveva riportato lesioni personali. Dall’altro lato la convenuta aveva negato ogni responsabilità.

Il Tribunale di Milano adito provvedeva al rigetto della domanda formulata dall’attrice sul rilievo che la negligenza dimostrata dalla stessa “nell’ignorare le segnalazioni acustiche e nel violare il divieto di interporre ostacoli alla chiusura delle porte”, liberava la controparte dalla presunzione di colpevolezza da cui era gravata ex art. 1681 c.c.. Tale sentenza veniva, altresì, integralmente confermata dalla Corte di Appello.

Pertanto, la ricorrente proponeva ricorso per cassazione lamentando principalmente la “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1681 cod. civ.”

La ricorrente censurava la Corte per avere ritenuto che la condotta colposa individuata a suo carico valesse ad esonerare l’A.T.M. dall’onere di provare “di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno” e ciò in relazione sia alla presenza di dispositivi antischiacciamento (che consentono la riapertura automatica delle porte prima della ripartenza del treno in presenza di ostacoli che ne impediscano la completa chiusura e che erano evidentemente non presenti o malfunzionanti) sia all’obbligo del macchinista di verificare l’avvenuta chiusura di tutte le porte prima della ripartenza del convoglio (nel caso di specie, la ricorrente, deduceva che il treno era ripartito ed aveva percorso un breve tragitto prima di fermarsi per consentirle di liberarsi dalla stretta delle portiere).

Dunque, la questione principale è se il concorso di colpa dell’infortunato possa valere ad escludere la responsabilità del vettore, liberando quest’ultimo dalla presunzione di colpevolezza di cui all’art. 1681 c.c.

Preliminarmente, va detto che nel contratto di trasporto di persone, ai sensi del richiamato art. 1681 c.c. “il vettore risponde dei sinistri che colpiscono la persona del viaggiatore durante il viaggio e della perdita o dell’avaria delle cose che il viaggiatore porta con sé , se non prova di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno”. 

Quindi, da un lato il viaggiatore danneggiato ha l’onere di provare, oltre all’esistenza e all’entità del danno, il nesso esistente fra il trasporto e l’evento dannoso, mentre, dall’altro lato, incombe sul vettore, al fine di liberarsi della presunzione di responsabilità posta a suo carico dall’art. 1681, primo comma, c.c., la prova che l’evento dannoso era imprevedibile e non evitabile usando l’ordinaria diligenza.

La Corte di Appello, invece, ha considerato la negligenza della trasportata quale fattore idoneo a sollevare il vettore dall’onere di dimostrare di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno, onere finalizzato a superare la presunzione su di esso gravante ex art. 1681 c.c.

Così facendo, ha mal interpretato il piano del possibile concorso colposo della vittima con quello del superamento della presunzione, in una situazione in cui, sia per le modalità del fatto che per la condotta della ricorrente, non si poteva determinare ex se il superamento della presunzione suddetta!!!

Infatti, la Corte di Appello si è limitata a verificare solo se la donna si era attenuta alle segnalazioni acustiche e al rispetto del dovere di non interporre ostacoli alla chiusura delle porte senza aver accertato né la presenza di dispositivi antischiacciamento, i quali avrebbero impedito alle portiere di chiudersi, né tantomeno il dovere del macchinista di non far ripartire il treno prima di avere verificato la completa chiusura delle porte di tutti i convogli.

Tutto ciò, dimostra come, in relazione a questi due profili, la Corte non abbia accertato effettivamente che l’A.T.M. avesse “adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno”.

Per tali motivi, la Suprema Corte, ribaltando la pronuncia della Corte di Appello, ha accolto la tesi della ricorrente, e ha cassato la sentenza con rinvio alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, la quale si dovrà attenere al suddetto principio di diritto .


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