Chi rompe (per primo) paga: l’addebito della separazione per infedeltà coniugale

Chi rompe (per primo) paga: l’addebito della separazione per infedeltà coniugale

La situazione affrontata dalla Suprema Corte con la recente sentenza 3318/2017 non è di certo tra le più semplici, tuttavia è ormai sempre più frequente imbattersi in tradimenti tra coniugi con “reazione a catena” e vi è da chiedersi se, cronologicamente parlando, ci sia differente gravità nel primo e nei successivi.

La risposta, come anche il quesito, è di estrema complessità e non può prescindere da alcune considerazioni enunciate dalla Corte di Cassazione.

Nel caso di specie, era stata già accertata in sede di giudizio, una relazione extra coniugale del marito che aveva provocato la rottura del legame coniugale. Questo primo aspetto risulta di fondamentale importanza, posto che l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale è di regola sufficiente, da sola, a giustificare l’addebito della separazione al coniuge responsabile, semprechè non si constati la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, tale che risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto cfr. da ultimo, ord. n. 16859 del 2015.

D’altro canto, continuano i Giudici della Cassazione, gli incontri della moglie con altro uomo erano successivi alla scoperta della relazione del marito, al definitivo abbandono della casa coniugale da parte di lui ed al deposito del ricorso per separazione, sicchè era indimostrata l’incidenza causale di tale relazione – in sè alquanto sfumata – nella frattura del matrimonio;

Ne consegue che resta fermo il principio su cui si fonda il difficile riconoscimento dell’addebito della separazione per violazione dell’obbligo di fedeltà: per l’addebitabilità della separazione, l’indagine sull’intollerabilità della convivenza deve essere effettuata con una valutazione globale e con la comparazione delle condotte di tutti e due i coniugi, non potendo il comportamento dell’uno essere giudicato senza un raffronto con quello dell’altro. Infatti, solo tale comparazione permette di riscontrare se e quale rilevanza essi abbiano avuto, nel verificarsi della crisi matrimoniale.” (Cass.14162/2001)

Pertanto,  accertato che la moglie aveva anch’ella intrapreso una relazione extra coniugale ma successiva alla  rottura del legame affettivo con il marito, rottura causata dalla pregressa relazione adulterina del marito, a farne le spese è quest’ultimo, reo di aver distrutto per primo il matrimonio.

Ma vi è di più, nella sentenza in questione i Giudici rigettano la richiesta di alimenti avanzata dal marito ( in conseguenza della richiesta di addebito alla moglie) sulla considerazione che il diritto agli alimenti previsto dall’art. 433 c.c. è legato alla prova dello stato di bisogno e dell’impossibilità da parte dell’alimentando di provvedere in tutto o in parte al proprio sostentamento mediante l’esplicazione di attività lavorativa: se questi è in grado di trovare un’occupazione confacente alle proprie attitudini ed alle proprie condizioni sociali, nulla può pretendere dal coniuge. Semplicemente, la Corte territoriale ne ha fatto applicazione in senso diverso da quello auspicato dal ricorrente, secondo la ricostruzione dei fatti dalla stessa operata, che, com’è noto, è incensurabile in sede di legittimità.

Al marito infedele e soccombente non resta che pagare anche le spese di giudizio.

Avv. Valentina Parabita


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