Commercialisti ed Architetti: tocchi e rintocchi di “cassa” scandiscono l’estate previdenziale

Commercialisti ed Architetti: tocchi e rintocchi di “cassa” scandiscono l’estate previdenziale

La carica di amministratore unico di società di capitali è incompatibile con il riconoscimento dei diritti previdenziali per i corrispondenti anni maturati come commercialista iscritto alla cassa, stante la carenza del c.d. esercizio effettivo della professione rilevante quale “conditio sine qua non” per l’applicazione del precipuo regime previdenziale professionale.

Tanto ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione con un “decisum” dirompente, poiché ha ribaltato integralmente sotto il profilo della legittimità l’accertamento dichiarativo e concreto degli interessi in gioco operato dai giudici di merito, riconoscendo in capo alla “Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Dottori Commercialisti” un potere autonomo nella verifica della sussistenza dei requisiti di legittimità di esercizio della professione e di contro l’inesistenza di incompatibilità ovvero cause ostative al maturare delle guarentigie previdenziali e tanto, anche in assenza di un preventivo parere conformativo dell’ordine professionale. (Cfr sentenza n.19638 pubblicata lo scorso 24/07/2018).

Prodromo della decisione è stata la chiosa sull’art.22 della legge n.21/1986 mutuata peraltro dalle SS.UU. della medesima Corte secondo la quale:”la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei Dottori Commercialisti è titolare del potere di accertare, sia all’atto dell’iscrizione ad essa, sia periodicamente, e comunque prima dell’erogazione di qualsiasi trattamento previdenziale, ed a tale limitato fine, che l’esercizio della corrispondente professione non sia stato svolto nelle situazioni di incompatibilità di cui all’art.3 del d.p.r. 1067/1953 (ora art.4 del d. lgs. 139/2005), ancorchè quest’ultima non sia stata accertata dal Consiglio dell’Ordine competente. In particolare, detto autonomo potere di accertamento sussiste nel momento della verifica dei presupposti per l’erogazione del trattamento previdenziale, al quale si associa naturalmente la cessazione dell’iscrizione all’Ordine, non potendosi ravvisare ostacolo alcuno nella carenza di una procedura specifica per l’esercizio di esso, risultando le garanzie procedimentali suscettibili di essere in ogni caso assicurate dall’osservanza delle norme generali di cui alla L.241/1990” (Cfr.Cass. SS.UU: 1/02/2017, n.2612; conforme in precedenza, Cass. 13 novembre 2013, n.25526).

Sempre nell’ambito della previdenza delle professioni liberali, un “rintocco” di giurisprudenza, questa volta favorevole per il professionista, ha colpito l’ente previdenziale degli Ingegneri ed Architetti ovvero l’Inarcassa, negando alla stessa ogni pretesa contributiva avverso un ingegnere nucleare per consulenze concernenti cc.dd. analisi di marginalità (costi benefici) rese in affiancamento presso la direzione di un’azienda, sul presupposto della esclusione di ogni nesso di riferibilità tra l’attività consulenziale di marketing effettivamente svolta ed il bagaglio culturale tipico del titolo professionale acquisito dal professionista: ingegnere nucleare. (Cfr. Cass. nr.20389 dello scorso 01/08/2018).

Secondo la Suprema Corte, invero il reddito libero professionale diventa “imponibile contributivo” allorchè l’attività concretamente svolta sia oggettivamente (e non soggettivamente) sussumibile alla professione di ingegnere o architetto, in ragione del c.d. “speciale contributo fornito dal professionista” che si traduce nell’influenza delle cognizioni tecniche del professionista sull’esercizio della prestazione d’opera professionale resa.

Nel caso di specie, il mero elemento soggettivo posseduto dal professionista (laurea in ingegneria nucleare) non connota significativamente l’attività consulenziale di marketing resa dallo stesso professionista, rimanendo ininfluenti le specifiche competenze possedute ed immanenti al predetto titolo professionale.


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Luigi Giuseppe Papaleo

Avvocato Cassazionista - Giornalista Pubblicista

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