Commette reato il genitore che non mantiene il figlio nato fuori dal matrimonio

Commette reato il genitore che non mantiene il figlio nato fuori dal matrimonio

La Sesta Sezione della Suprema Corte, con sentenza n. 55744 del 12 dicembre 2018, si è pronunciata sulla quaestio iuris sorta in seguito all’introduzione nel corpus codicistico  dell’art. 570 bis c.p. che assoggetta alle pene previste dall’art. 570 c.p. (rubricato “Violazione degli obblighi di assistenza familiare”) il solo “coniuge” che si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero vìola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli.

La formulazione letterale della nuova disposizione sembrerebbe, dunque, attribuire rilevanza penale alla condotta del solo coniuge che ometta di versare l’assegno di mantenimento o comunque violi gli obblighi di natura economica nei confronti dei figli nati dal matrimonio e, quindi, in relazione ad epiloghi del rapporto coniugale per separazione, divorzio o nullità del matrimonio.

I giudici di legittimità, invece, nella sentenza in discorso pervengono, all’esito di una ricostruzione interpretativa sistematica delle norme coinvolte, al condivisibile principio di diritto per cui il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio di cui all’art. 570 bis cod. pen. – inserito dall’art. 2, comma 1, lett. c) d.lgs. 1 marzo 2018, n. 21 – sussiste anche in caso di violazione da parte del genitore degli obblighi di natura economica verso i figli nati da genitori conviventi more uxorio.

A tale conclusione la Corte approda, prendendo le mosse dall’esegesi dell’art. 3 l. 54/06, che recente giurisprudenza aveva già ritenuto applicabile anche in caso di omesso versamento, da parte di un genitore, dell’assegno periodico disposto dall’autorità giudiziaria in favore dei figli nati fuori dal matrimonio (Sez. 6, n. 14731 del 22/02/2018, S, Rv. 272805; Sez. 6, n. 12393 del 31/01/2018, P, Rv. 272518; Sez.6, n.25267 del 06/04/2017, S. Rv. 270030) alla luce della interpretazione sistematica della disciplina sul tema delle unioni civili e della responsabilità genitoriale nei confronti dei figli, introdotta dalla L. 20 maggio 2016 n. 76 e dal D.Lgs. 28 dicembre 2013 n. 154, e di una rilettura dell’art. 4 comma 2 della legge n. 54 del 2006, in base al quale le disposizioni introdotte da tale legge si applicano anche ai procedimenti relativi a figli di genitori non coniugati.

Ciò posto, gli Ermellini si interrogano sulla tenuta di tale approdo ermeneutico a seguito dell’innesto nel codice di diritto sostanziale dell’art. 570 bis c.p. ad opera del d.lgs. 1 marzo 2018 n. 21, che ha dato attuazione ad una delle deleghe contenute nella cd. legge Orlando (l. 23 giugno 2017 n. 103) e, in particolare, a quella relativa all’introduzione del principio della “riserva di codice” nel nostro ordinamento penale.  Tale operazione veniva realizzata attraverso l’abrogazione delle previgenti disposizioni penali di cui all’art. 12 sexies della l. 898/70 ed all’art. 3 della l. 54/06 – il cui contenuto veniva trasfuso, non in modo letterale, nella nuova disposizione codicistica, rubricata “Violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio” e testualmente riferita al solo “coniuge” quale soggetto attivo del reato de quo- facendo salva, al contempo, la disposizione “di chiusura” di cui all’art. 4 comma 2 della l. 54/2006.

Orbene, i Giudici della VI Sezione, piuttosto che sul dato letterale e semantico, ritengono di concentrare l’attenzione sulla natura e portata della delega conferita dalla l. 103/17, e cioè una delega di natura meramente compilativa che autorizzava la traslazione delle figure criminose già esistenti nel corpus del codice, senza contemplare alcuna modifica sostanziale delle stesse, intenzione peraltro confermata dalla stessa relazione ministeriale allo schema di decreto legislativo. Anche secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale in materia, richiamata nella sentenza in discorso, qualora la delega abbia ad oggetto, come nella specie, il riordino e il riassetto di norme preesistenti, queste finalità giustificano un adeguamento della disciplina al nuovo quadro normativo complessivo, conseguito dal sovrapporsi, nel tempo, di disposizioni emanate in vista di situazioni ed assetti diversi, ma non anche l’adozione di soluzioni innovative rispetto al sistema legislativo previgente che richiederebbe la emanazione di principi e criteri direttivi idonei a circoscrivere la discrezionalità del legislatore delegato (cfr. Corte Cost., sentenza n. 170 del 2007 e n. 239 del 2003).

In conclusione, la Corte ritiene che non possa attribuirsi alla fattispecie incriminatrice di cui all’art. 570 bis un ambito applicativo più ristretto rispetto a quello riferibile agli artt. 3 e 4 della L. n. 54/2006 come interpretati dal consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità.

Sul punto si è, altresì, recentemente pronunciata la Corte Costituzionale con sentenza n. 189 del 2019, in seguito alla questione di costituzionalità, sollevata dal Tribunale di Nocera Inferiore con ordinanza del 26 aprile del 2018, dell’art. 570 bis c.p., in relazione all’art. 3 della Costituzione, “nella parte in cui esclude dall’ambito di operatività della disciplina penale ivi prevista i figli di genitori non coniugati”. Con ordinanze di contenuto sostanzialmente sovrapponibile, anche la Corte d’appello di Milano, la Corte d’appello di Trento e il Tribunale ordinario di Civitavecchia hanno censurato la disposizione in questione, indi per cui la Corte Costituzionale ha disposto la riunione dei relativi giudizi.

Dopo aver ricostruito il quadro normativo e giurisprudenziale attinente alla materia, la Corte ha in definitiva sposato la soluzione ermeneutica adottata dagli Ermellini in alcune recenti sentenze (tra cui quella sopra citata), relativa alla sopravvivenza, al riordino normativo operato dal dlgs 21/2018, dell’art. 4 comma 2 l. 54/2006 (“Le disposizioni della presente legge si applicano anche […] ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati”), che dovrebbe oggi intendersi riferito al nuovo art. 570 bis c.p.; tale interpretazione, peraltro suffragata dal dato normativo (v. art. 8 dlgs 21/2018), consentirebbe, a giudizio della Corte, di superare le censure di incostituzionalità cui presta il fianco la formulazione letterale dell’art. 570 bis. c.p., e di estenderne l’ambito applicativo anche ai figli nati fuori dal matrimonio.

La Corte non ha risparmiato, tuttavia, un monito al legislatore, teso a sollecitarne un intervento diretto sul testo dell’art. 570 bis c.p., per esplicitarne l’applicabilità – già oggi riconosciuta dal diritto vivente – anche alla condotta omissiva del genitore che non adempia i propri obblighi economici nei confronti dei figli nati fuori dal matrimonio, in omaggio all’obiettivo – rilevante ex art. 25, secondo comma, Cost. – di una più immediata riconoscibilità del precetto penale da parte dei suoi destinatari.


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Federica di Santo

Laureata in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Napoli "Federico II". Tirocinante presso il Tribunale ordinario di Napoli Nord- Sezione Penale.

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