Compensazione impropria: presupposti e orientamento giurisprudenziale

Compensazione impropria: presupposti e orientamento giurisprudenziale

La compensazione, quale mezzo di estinzione a carattere satisfattivo delle obbligazioni, opera in presenza di debiti e crediti reciproci. La legge distingue tre tipi di compensazione: legale (art. 1243 c. 1 c.c.), giudiziale (art. 1243 c. 2 c.c.) e volontaria (art. 1252 c.c.).

Quanto alla compensazione legale, essa presuppone l’esistenza di crediti certi, liquidi ed esigibili e che l’oggetto delle obbligazioni abbia il carattere della fungibilità (denaro o una quantità di beni dello stesso tipo).

La compensazione giudiziale può invece avere ad oggetto un debito o un credito non liquido purché di pronta liquidazione ed è normalmente dichiarata dal giudice con una sentenza costitutiva.

La compensazione volontaria, in ultimo, presuppone un accordo delle parti che può determinarne l’operatività anche in mancanza delle caratteristiche sopra indicate, a condizione che siano presenti il carattere di reciprocità dei debiti e dei crediti e la certezza degli stessi.

Una delle questioni che è stata ampiamente oggetto di discussione in dottrina e giurisprudenza concerne la fonte dei debiti e dei crediti; ai fini dell’applicazione della compensazione strettamente intesa, è infatti necessario che essi abbiano origine da fonti diverse. La giurisprudenza, sul punto, distingue una compensazione propria ed una impropria o atecnica.

La prima presuppone sempre l’esistenza di rapporti giuridici autonomi, mentre la seconda opererebbe in presenza di debiti e crediti scaturenti da un unico rapporto.

Per quanto il risultato finale della compensazione impropria sia lo stesso della compensazione propria, la Suprema Corte con la sentenza n. 18452/2014 ha sottolineato che quella impropria in realtà non soggiace alla stessa disciplina.

Sebbene debba pur sempre trattarsi di crediti/debiti certi, liquidi ed esigibili, sotto il profilo processuale la compensazione propria presuppone che la parte interessata a farla valere debba sempre eccepirla, laddove quella impropria potrebbe essere accertata anche d’ufficio dal giudice. Con la recente sentenza n. 7474/2017 la Corte di Cassazione ha ribadito detto principio: “la compensazione impropria rende inapplicabili le norme processuali che pongono preclusioni o decadenze alla proponibilità delle relative eccezioni, poiché in tal caso la valutazione delle reciproche pretese importa soltanto un semplice accertamento contabile di dare e avere, al quale il Giudice può procedere anche in assenza di eccezione di parte o di domanda riconvenzionale (cfr. Cass. n. 8971/2011; Cass. n. 16800/2015; Cass. n. 14688/2012)”

La Corte ha quindi confermato un principio che ormai da tempo si stava radicando in giurisprudenza; si ricorda a titolo esemplificativo la sentenza pronunciata dal Tribunale di Roma n. 2377/2009, con cui il Giudice ha riconosciuto la legittimità della compensazione delle trattenute operate dal datore di lavoro nella misura superiore ad un quinto con i contrapposti crediti scaturenti da un unico rapporto negoziale, chiarendo che casi del genere richiederebbero semplicemente di operare una mera attività di accertamento contabile, operazione che escluderebbe l’applicabilità del limite quantitativo ex art. 545 c.p.c..

Così è stata applicata la compensazione impropria anche con riferimento alle poste di danno che il lavoratore deve corrispondere al datore di lavoro con le retribuzioni dovute da quest’ultimo all’autore dell’illecito o all’importo corrisposto a titolo di tfr in via illegittima per indebito licenziamento con le retribuzioni arretrate ancora da versare.

La ratio dell’istituto è chiaramente preservare l’economicità e la semplificazione nella regolazione dei rapporti negoziali.

Istituti assimilabili alla compensazione impropria sono del resto previsti anche da altri ordinamenti, tra cui quello francese dove la connexité trova applicazione in presenza di debiti e crediti nascenti dallo stesso contratto, anche in deroga  alle norme generali, quali ad esempio quelle previste in materia concorsuale.


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