Comunicazione, oligarchie economiche, poteri politici e aspetti giuridici: la relazione con l’ideologia di genere

Comunicazione, oligarchie economiche, poteri politici e aspetti giuridici: la relazione con l’ideologia di genere

Un breve excursus che prende in analisi la tesi secondo cui le assidue relazioni tra la comunicazione mass mediale, le oligarchie economiche, i poteri politici e le legislazioni di vario rango abbiano favorito un fenomeno di degenerazione del genere in ideologia; nel confronto con la sessualità.

Uno dei segnali più evidenti dell’appoggio da parte dei poteri politici del Mondo Occidentale all’ideologia di genere e ai movimenti omosessualisti proviene dal sostegno economico “a fondo perduto” che una buona parte delle grandi oligarchie economiche effonde a beneficio di tali cause.

Difatti ha fatto scalpore negli Stati Uniti l’atteggiamento di alcune grandi fondazioni bancarie come Goldman Sachs e JP Morgan – istituzioni solitamente molto attente a non schierarsi apertamente su qualsivoglia questione – che hanno pubblicamente accolto la decisione della Corte Suprema USA favorevole alla legalizzazione dei matrimoni gay:

«Nel giorno in cui la Corte Suprema ha definito incostituzionale il Defense of Marriage Act – che definisce matrimonio solo quello tra uomo e donna – riconoscendo ai coniugi gay gli stessi benefici federali di cui hanno goduto solo mogli e mariti nel senso tradizionale del termine, il numero uno di JP Morgan ha lodato la decisione odierna». Continua: «È una cosa buona per la nostra società e per i clienti, ma soprattutto è la cosa giusta da fare. I diritti di tutte le persone sono importanti e devono essere protetti», ha dichiarato in una nota Jamie Dimon.

Goldman Sachs ha fatto eco a ciò, affermando: «L’uguaglianza nel matrimonio riduce gli oneri e le sfide a carico dei dipendenti e porterà alla costituzione di attività imprenditoriali di successo e a un’economia americana forte».

Ritenendo improbabile che i maggiori hedge funds del mondo si schierino platealmente a fianco di codesta causa per ragioni meramente “filantropiche” – specie in un’epoca di devastante crisi economica in cui le priorità “umanitarie” sembrerebbero essere ben altre – c’è chi ha ipotizzato motivazioni di carattere esclusivamente finanziario: le oligarchie economiche, in sostanza, riterrebbero che i “matrimoni gay” potrebbero smuovere positivamente la stagnante economia occidentale, generando un giro d’affari considerevole; attraverso il “sapiente” uso di ogni possibile strumento di comunicazione essenziale alla causa. L’ipotesi economicistica non sembrerebbe tuttavia rendere ragione a tale inedito sostegno pubblico, se solo si pensa a come il “matrimonio gay” sia una questione ritenuta marginale.

In effetti, come denunciano i critici: «Il diritto ad adottare e a sposarsi dei gay riguarda meno di 1/10 della popolazione gay, la quale a sua volta è circa il 3% della popolazione. Quindi questo problema riguarda, in sintesi, lo 0,3% della popolazione. […] È difficile immaginare una questione meno rilevante per la popolazione americana, è difficile pensare a qualcosa di più futile come problema sociale». Nonostante ciò, il sostegno delle oligarchie finanziarie alla “causa gay” sembra essere una costante da anni, a dispetto di ogni apparente convenienza economica. Nei soli Stati Uniti (dati del 2008) le organizzazioni omosessualiste possono vantare i loro principali “paladini” nella persona del miliardario mondialista George Soros – lo stesso che ha finanziato le “primavere arabe” e le rivoluzioni filoccidentali e antirusse in alcuni Paesi dell’Est – attraverso l’Open Society Institute (150 mila dollari annui), la MacArthur Foundation (600 mila dollari) e la fondazione della casa automobilistica Ford (1.200.000 dollari) .

Meritano un cenno anche le somme fornite dalla Goldman Fund di San Francisco (nel 2000 ha devoluto 2 milioni di dollari alle organizzazioni gay) e dalla Rockefeller Foundation (con circa 60.000 dollari annui), oltre alle altre innumerevoli decine di migliaia di dollari che giungono con regolarità da gruppi come: Kodak, Hewlett-Packard, American Airlines, Apple, AT&T, BP, Chevron, Citigroup, Credit Suisse First Boston , Deutsche Bank, Daiman Chrysler, Ernst & Young, Estee Lauder, Intel, Ibm, J.P. Morgan Chase & Co, Johnson & Johnson, Levi Strauss & Co, Toyota, Ubs, Xerox, Merril Lynch, MetLife, Microsoft, Nike, Pepsi, e soprattutto Motorola e la Fondazione Playboy che da decenni finanzia le lobby gay.

Sempre George Soros, insieme ad altri miliardari come Jeff Bezos di Amazon o Bill Gates, ha elargito milioni di dollari a comitati pro matrimoni gay negli Stati Uniti, arrivando persino a “donare” migliaia di dollari a molti deputati del Partito Repubblicano  – il cui elettorato è al 90% contrario ai matrimoni gay – pur di ottenere consenso. Un tale sostegno finanziario a fondo perduto, pertanto, non può non suscitare la domanda su quali siano le ragioni vere e profonde di tale mobilitazione, che avviene peraltro in contemporanea con una sovraesposizione senza precedenti dei maggiori leader politici e delle più rappresentative istituzioni dell’Occidente. Il sostegno finanziario si associa poi a quello politico: solo negli ultimi mesi, i principali leader politici dell’Occidente (Obama, Hollande e Cameron) si sono esposti pubblicamente e con uno sforzo senza precedenti, pur di sponsorizzare la battaglia a favore dei “matrimoni gay”, fino alla loro approvazione in Francia, in Gran Bretagna e negli Stati Uniti.

Si tratterebbe solo di una ricerca di consenso tra gli appartenenti alla comunità gay, oppure di una tecnica di “distrazione” di massa? Qualche critico potrebbe infatti sospettare che è proprio in momenti di così forte crisi che i politici avrebbero delle ragioni per dirottare l’attenzione dell’opinione pubblica verso questioni marginali (rispetto alla crisi economica e a quella geopolitica in Medio Oriente), eppure per loro natura capaci di suscitare reazioni emotive forti nella popolazione, quali i matrimoni o le adozioni gay. Non solo: è anche immaginabile che alcuni leader politici “di sinistra”, come Obama e Hollande, abbiano ritenuto conveniente sposare una causa considerata “liberal” come quella dei diritti gay, allo scopo preventivo di ammorbidire l’opposizione interna su altre tematiche (la politica estera, le guerre portate avanti in gran parte del mondo ecc.).

Questa ragione, naturalmente, non potrebbe però riguardare un leader “conservatore” come il britannico Cameron che, per fare passare la legge sui matrimoni gay, è stato costretto a un’alleanza con i Laburisti contro la volontà della maggioranza del suo stesso partito. L’ipotesi di una “convenienza politica” dunque, da sola, non sembra reggere. A tal proposito è nota, negli Stati Uniti, la notizia della partecipazione dell’ex presidente americano – repubblicano e conservatore – George Bush senior e di sua moglie Barbara, in qualità di “testimoni”, a un “matrimonio gay” nello Stato del Maine.

A ciò si associa l’altrettanto recente e pubblica presa di posizione a favore delle “nozze gay” da parte di alcuni dei più importanti ex membri del governo ultraconservatore di George Bush senior, proprio quel governo che lo stesso Papa Benedetto XVI aveva percepito come una sorta di “antemurale” a difesa dei cosiddetti valori cristiani non negoziabili della famiglia e della vita.

In uno spot  mandato in onda dalle tv americane, dal titolo Time4Marriage, infatti, si sono espressi a favore del “matrimonio gay” l’ex Segretario di Stato del governo di Bush junior Colin Powell, il potentissimo ex vicepresidente Dick Cheney e persino l’ex first lady Laura Bush.

Ritornando al Vecchio Continente, anche la travagliata istituzione dell’Unione Europea (UE), pur afflitta da un dissesto economico e sociale di proporzioni epocali, sembra considerare la promozione dell’“agenda gender” fra le sue indiscutibili priorità. Ad esempio, nella Raccomandazione CM/Rec (2010) 5 del Comitato dei Ministri agli Stati membri sulle misure volte a combattere la discriminazione fondata sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere, a partire dalla necessità di combattere qualsiasi discriminazione rivolta verso persone LGBT, si raccomanda, con una formula molto vaga e quindi suscettibile delle più libere interpretazioni che:

«Gli Stati membri dovrebbero adottare le misure adeguate per combattere qualsiasi forma di espressione, in particolare nei mass media e su internet, che possa essere ragionevolmente compresa come elemento suscettibile di fomentare, propagandare o promuovere l’odio o altre forme di discriminazione».

Inoltre, la stessa esortazione europea incoraggia a estendere “l’informazione gender” anche alle scuole:

«Tenendo nel debito conto l’interesse superiore del fanciullo, dovrebbero a tale scopo essere adottate misure appropriate ad ogni livello per promuovere la tolleranza e il mutuo rispetto a scuola, a prescindere dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere. Tali misure dovrebbero comprendere la comunicazione di informazioni oggettive sull’orientamento sessuale e l’identità di genere, per esempio nei programmi scolastici e nel materiale didattico».

Nel 2012, in Italia, queste esortazioni del Consiglio d’Europa sono state trasformate nella Strategia nazionale per combattere le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere – a cura del Ministero delle Pari Opportunità  – in cui vengono biasimate come “discriminanti” anche l’eccessiva attesa e il costo delle operazioni chirurgiche per il cambio di sesso (che secondo tale raccomandazione, dovrebbero ricadere economicamente sullo Stato), dove si ribadisce la necessità di istituire dei focus nelle scuole per sensibilizzare gli studenti sulle tematiche di genere e si ritiene, infine, gravemente discriminatorio l’atteggiamento dei padroni di casa che “evitassero di affittare appartamenti ai trans per timore della prostituzione”, senza tenere conto della libertà di ognuno, pregiudizi inclusi, di aprire la propria casa a chi ritenga personalmente più adatto. In quest’ultimo caso, di fatto, si vorrebbe forzare un privato a eludere dei propri pregiudizi (fondati o no che siano) per allinearsi a ciò che si vuol far diventare “politicamente corretto”. È da ricordare, inoltre, che la recente legge sull’omofobia – la quale si inserisce nella più ampia legge Mancino, che punisce l’istigazione all’odio razziale, l’antisemitismo e la xenofobia – rischia di divenire un’arma a doppio taglio, che da un lato tutela le minoranze e dall’altro limita la libertà di pensiero, legittimando l’intolleranza degli omosessuali nei confronti di chiunque non condivida le loro richieste.

Osserva Massimo Fini: «L’omofobia viene definita come “condotta basata sul pregiudizio e l’avversione nei confronti delle persone omosessuali, analoga al razzismo, alla xenofobia, all’antisemitismo e al sessismo che si manifestano nella sfera pubblica e privata in forme diverse quali discorsi intrisi di odio”. L’odio, come l’amore, la gelosia e l’invidia è un sentimento e quindi, come tale, incomprimibile. Nessun regime, neanche il più totalitario, si era mai spinto fino a questo punto: a mettere le manette ai sentimenti (alle azioni e alle idee ovviamente, ma non ai sentimenti). […] In ogni caso se oggi uno non appartiene a qualche minoranza protetta ma fa parte di quei quattro gatti della maggioranza è spacciato» .

Più di recente – il 22 ottobre 2013 – è stata invece respinta dal Parlamento Europeo, dopo un acceso dibattito e il successivo voto, la proposta della deputata socialista Edite Estrela Sulla salute e i diritti sessuali e riproduttivi, nella quale, tra l’altro, si suggeriva di riconoscere come diritti umani fondamentali il ricorso all’aborto in qualsiasi situazione e quello alla fecondazione assistita per coppie e singoli, e si invitavano gli Stati Membri a istituire nelle scuole di ogni ordine e grado dei corsi obbligatori di educazione sessuale che dedicassero particolare attenzione alle tematiche “di genere” e all’informazione sui diritti gay e lesbo . Il testo della proposta di legge era stato redatto secondo le indicazioni di Vichy Claeys, presidente della se-zione europea dell’International Planned Parenthood Federation, l’organizzazione abortista diretta emanazione della Fondazione Rockefeller.

Tali fenomeni descrivono appieno l’ideologia gender che paradossalmente avvicina il nostro mondo contemporaneo a quello descritto dall’inglese Aldous Huxley nello scritto intitolato  Il Mondo Nuovo: in esso, l’essere umano, privato di tutta l’eredità del passato, vive in un “governo globale”, in cui ogni aspetto della vita è omologato fin dalla nascita, la riproduzione è disgiunta dal sesso e realizzata artificialmente e infine ogni aspirazione personale, ogni creatività, ogni spiritualità viene “annegata” nella droga (il soma) o nel piacere sessuale, sia etero che omo, praticato senza limiti di età e di legge.

Un mondo, questo, in cui la “persona” in quanto tale non esiste più, qualunque forma di “identità” è abolita e l’individuo è perfettamente amorfo e “resettato”, naufrago solitario in un oceano di non-senso.  Si gettano così le basi teoriche del concetto di “Nuovo Ordine Mondiale” (New Worl Order, NWO).

«Quando una civiltà rifiuta di accettare l’esistenza del diritto naturale il giudizio morale diventa impossibile; la coscienza è cieca. Una civiltà in preda a questo accecamento prima o poi ridefinisce il matrimonio come un fatto convenzionale: qualunque cosa può essere definita matrimonio purché la maggioranza dei consociati lo voglia. […] La società è così ridotta a una landa desolata, battuta dal vento gelido del relativismo» . Secondo il Marchesini, se i vari aspetti riguardanti la sessualità umana non sono connessi in maniera armonica (celebre l’efficace esempio della colonna vertebrale) tra loro si avranno patologie, disordini, disturbi della sessualità umana .

Dunque da ciò si deduce come la teoria gender rifiuti e ignori tutto questo; conducendo ad un processo di destrutturazione e desimbolizzazione della differenza tra i sessi, nonché svuotando dall’interno il triangolo familiare padre/madre/figlio ed eliminando la tradizionale polarità sessuale maschile/femminile[1].


[1] Per approfondire:

L. P. Martina, Diritti di genere? Aspetti giuridici, fisiologici e politici, in Corona Lateranensis, Lateran University Press, Città del Vaticano, 2017.

O. Tarzia, Ci alzeremo in piedi. L’Italia dall’aborto alle unioni civili: il mio viaggio tra passione civile e testimonianza cristiana, in Vivae Voces, Lateran University Press, Città del Vaticano, 2016.


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Luigi Piero Martina (Lecce, 1992). Laureato con 110 e lode in Giurisprudenza (con qualifica Summa cum Laude) presso la Pontificia Università Lateranense, con pubblicazione scientifica di Tesi di Laurea a carattere sperimentale. Laureato con il massimo dei voti in Operatore Giuridico di Impresa, del Lavoro e delle Pubbliche Amministrazioni, con pubblicazione scientifica di Tesi di Laurea in materia di contrattualistica pubblica. Laureando in materie economiche e Avvocato Comunitario. Dipendente del Sovrano Militare Ordine di Malta. Ex Segretario e Tesoriere dell’Associazione Internazionale Lateranense della Pontificia Università Lateranense ed ex Consulente Professionale presso la Fondazione “Civitas Lateranensis” . Ex Consulente Professionale presso la Cattedra di Filosofia e Storia delle Istituzioni Europee della Pontificia Università Lateranense. Autore scientifico ed ex Tutor Accademico presso la succitata università. Componente dell'Osservatorio di Studi sulla Dualità di Genere della Pontificia Università Lateranense. Membro del Gruppo Interdisciplinare di Ricerca in Neurobietica dell'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum. Responsabile Qualità Accademica della Scuola di Alta Formazione e Studi Specializzati per Professionisti.

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