Concorsi pubblici: non è segno di riconoscimento l’indicazione di una specifica città nel testo della prova

Concorsi pubblici: non è segno di riconoscimento l’indicazione di una specifica città nel testo della prova

T.A.R. Toscana, sez. I, 13 febbraio 2017, n. 230 – Pres. – Est. Armando Pozzi

Il ricorrente agiva per l’annullamento del provvedimento di mancata correzione della prova scritta di matematica, classe di concorso A-26 (ambito disciplinare 7). Il suddetto provvedimento adduceva, a giustificazione della mancata correzione, che “l’elaborato presenta evidenti segni identificativi“. Tale atto ha impedito al ricorrente di essere valutato nella suddetta prova e di proseguire nelle successive prove orali per la classe di concorso in oggetto, nonché per la classe A-27 – Matematica e Fisica.

In sintesi, il ricorrente lamentava che dal lapidario giudizio di “evidenti segni di identificazione” presenti nell’elaborato del candidato non si riesce a comprendere quali siano tali segni, né in quale parte dell’elaborato stesso essi si trovino; inoltre, neppure si riesce a comprendere se i predetti segni identificativi assumano i caratteri dell’astrattezza e oggettività richiesti dalla giurisprudenza per dare concreto rilievo al principio dell’anonimato.

Con ordinanza n. 523/2016 il Collegio accoglieva l’istanza di sospensiva motivando nel modo che segue.

Rilevato che l’elaborato scritto redatto dal ricorrente consiste nella risposta ad otto “quesiti”, alcuni dei quali (quelli in lingua inglese) a loro volta articolati in varie “domande” ciascuna individuata con una lettera maiuscola dell’alfabeto; Osservato che il predetto elaborato, redatto su modulo predisposto dall’amministrazione, consta di ben 14 pagine fitte e che esso si conclude con l’espressione di un “Giudizio sintetico” del seguente tenore: ”L’elaborato presenta evidenti segni identificativi”; Ricordato che il fondamentale principio concorsuale dell’anonimato deve correlarsi all’altro fondamentale principio di chiarezza e trasparenza delle operazioni correttive e valutative attraverso adeguata, comprensibile e verificabile motivazione; Ritenuto che nella specie il giudizio finale reso sulla prova scritta del ricorrente più che sintetico appare ermetico: i presunti “segni” di riconoscimento (quindi, secondo un significato letterale, più di uno), infatti, sono talmente “evidenti” che da una lettura dello scritto contestato non si riesce a scorgere alcun elemento grafico violativo del principio di anonimato, come elaborato dalla giurisprudenza (redazione delle prove scritte con modalità inspiegabilmente anomale rispetto all’id quod plerumque accidit; inchiostri colorati, cancellature eccentriche, simboli ingiustificati, ecc.), dovendosi il predetto principio coniugare con quello di massima partecipazione possibile alla selezione; sicché non ogni segno grafico, che non corrisponda al predetto criterio di significatività e atipicità, può dar luogo ad un giudizio di riconoscibilità della prova; né, sul punto, la difesa dell’amministrazione, pur interpellata espressamente in sede di discussione camerale, è stata in grado di fornire indicazioni, chiarimenti o giustificazioni al riguardo;…”.

Nel merito, il Collegio ha ritenuto di mantenere le decisioni e l’impianto motivazionale della propria ordinanza cautelare sopra riportato.

In particolare, non è valso a ribaltare il giudizio di fondatezza del ricorso la Relazione depositata a firma del presidente della Commissione giudicatrice, la quale confermava la presenza di “evidenti” segni identificativi attraverso l’indicazione, nell’ambito del quesito n. 1, della città dove è ubicato il Liceo Scientifico ove aveva prestato servizio il candidato (Livorno). Siffatta indicazione assumerebbe, secondo la presidente di commissione, “carattere oggettivamente ed incontestabilmente anomalo”, tale da rendere l’elaborato astrattamente riconoscibile, a nulla rilevando la concreta identificabilità dell’autore da parte di uno o più membri della Commissione. Inoltre per “segno identificativo” non deve intendersi soltanto l’apposizione di segni grafici anomali, ma anche l’uso di parole o frasi che possano condurre ad identificare il candidato.

Il Collegio ha completamente rigettato la tesi difensiva dell’Amministrazione.

Anzitutto, sapientemente, il Tribunale ha rilevato che si tratta di motivazione postuma inidonea – per costante giurisprudenza – a colmare tardivamente un evidentissimo difetto di motivazione già ampiamente stigmatizzato con la riportata ordinanza cautelare, con riguardo ad una formula assolutamente criptica quale “segni evidenti di riconoscimento”, senza alcun’altra indicazione di contenuto e di collocazione.

In secondo luogo la Relazione mostra da sé e ulteriormente che non vi poteva essere alcuna “evidenza”, tanto che il Collegio, ad una pur attenta lettura del complesso elaborato, non era riuscito a scorgere alcun segno, grafico o letterale, idoneo a consentire la riferibilità dello scritto ad un soggetto determinato.

Anche ad accettare per ipotesi l’integrazione motivazionale tentata con la ricordata Relazione, in ogni caso manca nella specie ogni elemento che possa far ritenere violato il pur fondamentale principio dell’anonimato con riferimento al quesito numero 1. Quest’ultimo consisteva nel “collocare” la trattazione di un argomento matematico nell’ambito di una programmazione disciplinare curricolare “di un istituto secondario di secondo grado”. La risposta del candidato inizia così: “CONTESTO: Classe V superiore – Liceo Scientifico di Livorno”.

La predetta indicazione – in modo del tutto condivisibile –  non appare violativa del ricordato principio di anonimato, non assumendo essa i caratteri rilevatori di un intento di farsi riconoscere e di evidente anomalia rispetto alle consuete modalità di redazione di una risposta ad una data traccia. Quest’ultima, infatti imponeva ai partecipanti di “collocare” la trattazione dell’argomento nel contesto “di un istituto”, in tal modo inducendo la legittima opinione nei candidati stessi di non solo potere, ma anzi di dovere riferire l’esposizione teorica ad una concreta realtà ed esperienza didattica collocata all’interno di uno specifico Istituto di istruzione. Quest’ultimo, quindi, per come era formulato il quesito, poteva essere individuato sia come tipologia generica, sia come concreta realtà operativa scolastica. La seconda opzione non era esclusa, dunque, dalle possibilità esplicative del candidato, il quale legittimamente (in mancanza di specifiche avvertenze ed ammonimenti) poteva sentirsi legittimato ad indicare un certo istituto scolastico nel quale “collocare” e calare la propria proposta didattica. Mancando ulteriori elementi di specificazione di quella realtà locale da parte della commissione sul piano rivelsativ (ad es., l’esistenza di un solo professore di quella materia nell’intero plesso), una tale indicazione non si mostra rivelatrice di nulla.

D’altra parte, il principio di anonimato (espressione del valore dell’imparzialità e buon andamento) va applicato con intelligenza, proporzionalità e correlazione con l’altro fondamentale principio di massima partecipazione possibile, a sua volta correlato con due valori anch’essi di rango costituzionale: quello del lavoro e quello del buon andamento, sotto l’altro profilo dell’ampliamento della platea dei partecipanti per innalzare la possibilità statistica di scegliere i migliori: sicché non ogni “segno” astrattamente idoneo al riconoscimento può assurgere a causa escludente.

La giurisprudenza, infatti, ha delineato i confini entro i quali opera la regola dell’anonimato, individuando nell’idoneità del segno di riconoscimento e nel suo utilizzo intenzionale, i due elementi costitutivi della fattispecie legale.

Quanto all’idoneità del segno, essa consiste, sì, nell’astratta idoneità del segno a fungere da elemento di identificazione, ma solo quando la particolarità riscontrata assuma un carattere “oggettivamente e incontestabilmente” anomalo, rispetto alle ordinarie modalità di estrinsecazione del pensiero e di elaborazione dello stesso in forma scritta, in tal caso a nulla rilevando che in concreto la Commissione o singoli componenti di essa siano stati o meno in condizione di riconoscere effettivamente l’autore dell’elaborato (cfr. Cons. St., Sez. V, 11 gennaio 2013, n. 102; nello stesso senso Cons. St., Sez. V, 20 ottobre 2008, n. 5114; Cons. St., Sez. IV, 20 settembre 2006, n. 5511).

Questa prima condizione (oggettività, incontestabilità, irrilevanza di conoscenze personali) non sussiste nella specie: l’indicazione del Liceo scientifico di Livorno non assume i riportati connotati, sia in relazione al contenuto della traccia del quesito, sia in mancanza di prove circa la assoluta evidenza identificativa di quanto indicato (per un caso analogo cfr. Cons. St., sez. V, 17 gennaio 2014, n. 202).

Quanto all’elemento psicologico della fattispecie, si è escluso che possa operare un automatismo tra astratta possibilità di riconoscimento e violazione della regola dell’anonimato, dovendo emergere elementi atti a provare, anche qui in modo oggettivo ed inequivoco, l’intenzionalità del concorrente di rendersi riconoscibile (cfr. Cons. St., sez. V, 17 gennaio 2014, n. 202; idem, 1 aprile 2011, n. 2025). Nella fattispecie, appare evidente come difetti anche questo ulteriore requisito, trattandosi, come più volte detto, di indicazione perfettamente plausibile e giustificabile alla luce della traccia del quesito.


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