Configurabilità del tentativo di rapina impropria: la parola alla Cassazione

Configurabilità del tentativo di rapina impropria: la parola alla Cassazione

Un vivace dibattito, che fino a tempi molto recenti divideva dottrina e giurisprudenza, aveva ad oggetto la configurabilità o meno del tentativo di rapina impropria nel caso in cui il soggetto agente, dopo aver compiuto atti idonei diretti all’impossessamento della cosa altrui, non portati a compimento per fatti indipendenti dalla sua volontà, adoperi violenza o minaccia nei confronti di quanti cerchino di ostacolarlo, per assicurarsi l’impunità.

Andando con ordine, premesso che la rapina ex art. 628 c.p. è un reato plurioffensivo, in quanto lesivo del patrimonio e della integrità individuale, e complesso ex art. 84 c.p., i cui elementi costitutivi integrano contestualmente il delitto di furto e un reato a matrice violenta, con specifico riferimento alla rapina impropria, rileva quanto segue.

La rapina impropria consiste in un’autonomia ipotesi delittuosa, codificata all’art. 628, secondo comma c.p. e si caratterizza per il fatto che l’agente esercita violenza o minaccia non già per conseguire la sottrazione della res – caso quest’ultimo che caratterizza la rapina propria, ove la violenza è strumentale e finalizzata al conseguimento della sottrazione e all’impossessamento della cosa mobile – bensì ” immediatamente dopo la sottrazione, per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta, o per procurare a sé o ad altri l’impunità .

Pertanto, se nella rapina propria la violenza o la minaccia sono espletate contestualmente alla sottrazione, e mirano unicamente al conseguimento dell’ingiusto profitto (dolo specifico) , al contrario nella rapina impropria la condotta violenta è immediatamente successiva alla condotta di sottrazione,  ed è volta non solo ad ottenere il possesso ma anche a garantire l’impunità (dolo specifico doppio).

Ciò premesso, quanto  alla configurabilità del tentativo nell’ipotesi di rapina impropria è bene evidenziare che, se da un lato nessun problema vi era in relazione al caso di un soggetto che, realizzata la sottrazione, tenti di esercitare violenza sulla vittima senza però riuscirci, al contrario, ampiamente dibattuto era il caso dell’agente che, senza aver precedentemente sottratto la res, adoperi violenza o minaccia per conseguire l’impunità.

La vexata quaestio, trovava due soluzioni diametralmente opposte.

Invero, secondo un primo orientamento, che privilegiava un’ interpretatio letterale dell’art. 628, secondo comma c.p., l’ipotesi dibattuta non era inquadrabile all’interno del tentativo di rapina impropria, in quanto la norma de qua, prevedendo claris verbis che la violenza o la minaccia devono essere esercitate immediatamente “dopo la sottrazione”,  configurava la sottrazione come momento necessariamente antecedente rispetto alla violenza o alla minaccia, senza la quale non poteva certo dirsi integrato il reato di rapina impropria. Seguendo tale opzione interpretativa, basata sui principi di tassatività e determinatezza della fattispecie penale, ne derivava che, solo quando la sottrazione precedeva la violenza poteva parlarsi di rapina impropria : al contrario, il caso dell’agente che, senza aver conseguito la sottrazione della cosa mobile altrui, adoperava violenza o minaccia, era piuttosto riconducibile ad un concorso tra il delitto di furto tentato ed un altro reato a matrice violenta consumato.

Diversamente, secondo un secondo orientamento, l’ipotesi del soggetto che, senza aver compiuto la sottrazione, adoperava violenza e minaccia, ben poteva ricondursi nel tentativo di rapina impropria. I fautori di tale tesi, condividendo una lettura di tipo sistematico e non letterale della norma, osservavano da un lato che il delitto di rapina, sia nella forma propria, che in quella impropria costituisce un tipico delitto di evento, pertanto è ben possibile che lo stesso possa arrestarsi allo stato del tentativo, dall’altro evidenziavano come la stessa disposizione normativa de qua, ponendo in alternativa non solo la finalità di “[…] assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta” ma anche quella di “[…] procurare a sé o ad altri l’impunità” , induceva a ritenere che tale ultima finalità potesse sussistere anche in assenza della sottrazione. 

L’annoso conflitto è stato risolto in tempi recenti da una pronuncia della Suprema Corte (Cass., Sez. Un., 19 aprile 2012, n. 34952) la quale, accogliendo il secondo orientamento summenzionato, ha ammesso la configurabilità del tentativo di rapina impropria nel caso in cui l’agente, dopo aver compiuti atti idonei a conseguire l’impossessamento, non portati a termine per cause esterne,  eserciti violenza o minaccia per assicurarsi l’impunità o darsi alla fuga. In particolare la Suprema Corte, ha evidenziato come il Legislatore, con la locuzione “immediatamente dopo” abbia voluto stabilire un mero nesso temporale tra i segmenti dell’azione criminosa, ma non anche definire le caratteristiche consumate o tentate di tali segmenti, dacché è ben possibile che la sottrazione sia solo tentata, mentre la violenza sia consumata. Inoltre le Sezioni Unite hanno ritenuto del tutto condivisibile l’argomento in base al quale il dato normativo ex art. 628, secondo comma c.p., ponendo le due finalità – id est assicurarsi il possesso e procurarsi l’ impunità- in via alternativa, abbia voluto indicare che quest’ultima finalità, potrebbe sussistere anche senza previa sottrazione.

Alla luce di tale orientamento, le Sezioni Unite hanno potuto enunciare claris verbis il seguente principio di diritto:”E’ configurabile il tentativo di rapina impropria, nel caso in cui l’agente, dopo aver compiuto atti idonei diretti all’impossessamento della cosa altrui, non portati a compimento per fatti indipendenti dalla sua volontà, adoperi violenza o minaccia nei confronti di quanti cerchino di ostacolarlo, per assicurarsi l’impunità”(Cass., Sez. Un., 19 aprile 2012, n. 34952).


Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
Listed in ROAD, con patrocinio UNESCO
Copyrights © 2015 - ISSN 2464-9775
Ufficio Redazione: redazione@salvisjuribus.it
Ufficio Risorse Umane: recruitment@salvisjuribus.it
Ufficio Commerciale: info@salvisjuribus.it
***
Metti una stella e seguici anche su Google News
The following two tabs change content below.

Maria Cappellari

ESPERIENZA PROFESSIONALE -24/10/2016–24/04/2018 : Praticante avvocato Avvocatura dello Stato, Venezia (Italia). -01/02/2017–alla data attuale: praticante Avvocato di Strada Onlus, Padova (Italia). Collaboro con l'Associazione Avvocato di strada Onlus, che è un'organizzazione di volontariato con l'obiettivo fondamentale di prestare tutela legale gratuita alle persone senza fissa dimora. Le mie attività principali consistono nel prestare una consulenza legale principalmente in materia civilistica ed in diritto dell'immigrazione alle persone che si recano allo sportello per ricevere un consulto. ISTRUZIONE E FORMAZIONE -11/10/2016 Laurea Magistrale LM in Giurisprudenza Università degli studi di Ferrara, Ferrara (Italia). Sono laureata a pieni voti (106/110) in Giurisprudenza presso l'Università degli studi di Ferrara. Tesi in Diritto Amministrativo : "Le sorti del contratto di appalto a seguito dell'annullamento dell'aggiudicazione: i poteri del giudice alla luce del Codice del processo amministrativo". COMPETENZE PERSONALI Lingua madre : italiano Altre lingue: inglese, livello B2, certificato : Cambridge Esol, dicembre 2017, e spagnolo.

Articoli inerenti