Congedo mestruale: perché è necessario

Congedo mestruale: perché è necessario

Per congedo mestruale si intende un permesso retribuito che può essere richiesto dalle lavoratrici che soffrono di dismenorrea o di endometriosi. In particolare, nel linguaggio medico, la dismenorrea indica i dolori fisici associati alle mestruazioni, i quali si manifestano attraverso fitte acute, spasmodiche e crampiformi al bassoventre, irradiandosi alla schiena e/o alle gambe e provocando altresì svenimenti. Si tratta di dolori debilitanti, spesso accompagnati da altri fastidi come nausea, mal di testa, diarrea, capogiri, lombalgia, nervosismo e stanchezza. L’endometriosi – di cui la dismenorrea può essere un sintomo – invece, è una malattia infiammatoria dell’apparato genitale femminile, caratterizzata dalla presenza anomala di endometrio all’esterno dell’utero o comunque in porzioni di esso non appropriate, il che provoca un dolore cronico e persistente che si aggrava notevolmente durante il periodo mestruale, divenendo invalidante. Secondo i dati riportati dal Ministero della Salute, in Italia le donne con diagnosi conclamata sono almeno 3 milioni e il picco si verifica tra i 25 e i 35 anni, pur potendo, tale malattia, interessare anche fasce d’età più basse. Nello specifico, risultano affette da endometriosi il 10-15% delle donne in età riproduttiva e la patologia interessa circa il 30-50% delle donne infertili o che hanno difficolta a concepire.

Apparentemente normalizzate, le mestruazioni rappresentano ancora un tabù, come dimostra il fatto che il tema del congedo mestruale, così come quello dell’eliminazione della tampon tax, l’IVA sugli assorbenti e le coppette mestruali, non riesca a trovare una collocazione prioritaria nell’agenda politico-istituzionale. Nonostante i dati allarmanti (infra) sulla dismenorrea, infatti, l’Italia non è ancora provvista di uno strumento di tutela idoneo per le donne con il ciclo doloroso, pur non essendo il Parlamento all’oscuro della situazione. Invero, nel 2016 è stata presentata alla Camera una proposta di legge (n. 3781) intitolata “Istituzione del congedo per le donne che soffrono di dismenorrea”, recante al riguardo informazioni preoccupanti. Nel testo si rende noto che dal 60 al 90% delle donne soffre durante il ciclo mestruale e che questo causa tassi dal 13 al 51% di assenteismo a scuola e università e dal 5 al 15% di assenteismo nel lavoro. Per tale ragione – continua la proposta – alcune associazioni per i diritti delle donne nel mondo del lavoro in Italia, dopo l’apertura di un dibattito in questa direzione negli USA, stanno lavorando da tempo ad una bozza di proposta di legge per istituire un congedo mestruale che permetta alle lavoratrici di rimanere a casa nei giorni di picco del ciclo.

In particolare, il disegno di legge prevede un permesso di un massimo di tre giorni al mese rivolto alle lavoratrici dipendenti che soffrono di dismenorrea, previa presentazione di certificato medico, con contribuzione piena e un’indennità ragguagliata al 100% della retribuzione giornaliera. I giorni di congedo mestruale non sono in alcun modo equiparabili ad altre cause di assenza dal lavoro, tra cui la malattia, rispetto alla quale, pertanto, tale permesso è speciale e non può essere sostituito o assimilato né dal punto di vista retributivo, né dal punto di vista contributivo. Si prevede che a certificare la dismenorrea vi provveda un medico specialista, che emetterà un apposito certificato con validità annuale, il quale dovrà essere rinnovato entro il 31 dicembre di ogni anno e presentato al datore di lavoro entro il successivo 30 gennaio. Va poi sottolineato che l’istituto ha un ampio ambito di applicazione, essendo rivolto alle lavoratrici subordinate o parasubordinate, a tempo pieno o parziale, determinato o indeterminato ovvero a progetto. Nonostante l’evidente importanza e necessità dello strumento in discorso, la proposta di legge che lo contiene non ha avuto il successo atteso: l’argomento è passato in sordina e di conseguenza sul piano giuridico la situazione è rimasta irrisolta.

Se l’assenza di una legge sul congedo mestruale in Italia si colloca in linea con il trend europeo, in quanto in nessun Paese dell’Ue è presente una siffatta tipologia di tutela, il permesso per congedo mestruale retribuito è già attivo in diversi Paesi extra Ue, alcuni dei quali lo riconoscono peraltro da parecchio tempo. In Giappone, ad esempio, il congedo mestruale esiste dal 1947, mentre dal 1992 nella regione indiana di Bihar vige una legge che dà diritto alle donne di assentarsi dal lavoro per due giorni al mese per ragioni biologiche. Nel 2003 il congedo mestruale è stato introdotto con legge in Indonesia, seguita da Corea del Sud, Vietnam, Taiwan e Cina, mentre in Zambia esiste dal 2015. Vanno poi citate anche diverse aziende che, pur trovandosi in Paesi in cui il congedo mestruale non è legge, si sono attivate e si stanno attivando per riconoscere alle lavoratrici un periodo di permesso nei giorni di picco del ciclo. A partire dal 2007 Nike ha adottato come politica aziendale il menstrual leave (o period leave policy), seguita nel 2016 dall’inglese Coexist (Bristol), nel 2017 dalla Culture Machine in India e nel 2019 da Shark and Shrimp in Egitto. Nel 2020 un’altra azienda indiana ha riconosciuto alle sue lavoratrici il permesso retribuito per dismenorrea: si tratta di Zomato, colosso operante nel settore della food economy con 24 sedi nel mondo. In particolare, la multinazionale indiana ha riconosciuto alle proprie dipendenti un congedo retribuito di 10 giorni all’anno per dismenorrea (il numero 10 è dato da una media che tiene conto della possibilità che il ciclo possa capitare nel weekend e del fatto che i giorni più dolorosi che impediscono di recarsi al lavoro non sono di norma più di uno per ciclo). Le lavoratrici di Zomato possono richiedere il congedo mestruale attraverso un apposito portale a loro dedicato e hanno altresì la possibilità di denunciare colleghi e colleghe che le discriminino per la loro assenza in quei giorni. La decisione della multinazionale indiana ha suscitato parecchio clamore, inserendosi in una serie di battaglie che i movimenti femminili di tutto il mondo stanno portando avanti proprio in merito alle mestruazioni. Tra queste battaglie, degna di nota è la possibilità di detassare assorbenti, tamponi e coppette mestruali fornendoli gratuitamente alle giovani donne e ai redditi bassi, misura che – come detto sopra – in Italia non è ancora andata in porto, proprio come il permesso retribuito per dismenorrea.

Ultimamente si sta discutendo di un congedo mestruale mensile anche nel Lussemburgo, dove la proposta, qualora venisse accolta, permetterebbe alle lavoratrici di non dover più presentare mensilmente un certificato di inabilità al lavoro a causa delle mestruazioni, che in questo modo, dunque, non sarebbero più assimilate alla malattia o ad altre cause di assenza dal lavoro, proprio come prevede il disegno di legge italiano presentato (e dimenticato) nel 2016.

Affrontare la questione sul piano legislativo è fondamentale da un duplice punto di vista: il congedo mestruale, infatti, faciliterebbe la vita di milioni di lavoratrici ogni mese e contribuirebbe a promuovere ed integrare le azioni positive per le pari opportunità delle donne nel lavoro, strumento introdotto e legittimato dalla l. 125/1991 e oggi disciplinato dagli artt. 42 e ss. del Codice delle Pari Opportunità (d.lgs. 198/2006). Le azioni positive rappresentano la faccia non repressiva, ma promozionale del diritto antidiscriminatorio e consistono in strumenti di “diritto diseguale” che rispondono alla logica dell’uguaglianza sostanziale di cui all’art. 3 co. 2 Cost. in un’ottica di effettiva equità di genere. In particolare, si tratta di iniziative finalizzate a rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono la realizzazione delle pari opportunità tra lavoratori e lavoratrici e che devono essere promosse da soggetti istituzionali (il Comitato e i Consiglieri di parità), dai sindacati e dai datori di lavoro, nonché obbligatoriamente adottate dalle pubbliche amministrazioni con appositi piani d’azione.


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Martina Giachetto Mena

Graduand in Law at University of Turin.

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