Contestazione disciplinare tardiva

Contestazione disciplinare tardiva

Corte di Cassazione , sent. del 14 luglio 2016, n. 14383 

La contestazione del fatto che può dar luogo all’irrogazione delle sanzioni previste dal codice di disciplina, ovvero dai contratti collettivi, rappresenta la fase propedeutica del potere sanzionatorio del datore di lavoro ex art. 2106 c.c.

La prevalente interpretazione dottrinale e giurisprudenziale ritiene dover obbligatoriamente sussistere una serie di requisiti ai fini della validità della stessa contestazione quali:

  • 1) L’immediatezza ( necessariamente da tenersi conto in rapporto alla gravità dei fatti e natura degli accertamenti da svolgere);

  • 2) Esatta indicazione dei fatti da contestare, delle circostanze, dei tempi e dei luoghi in cui esso si è verificato

  • 3) L’immodificabilità della contestazione, per la quale in caso di sussistenza di altri fatti è necessaria un’ulteriore contestazione,

  • 4) La non obbligatorietà di rendere note le prove a fondamento dei fatti addebitati da parte del datore.

Tra i requisiti indicati, la tempestività rappresenta sicuramente l’oggetto più frequente della giurisprudenza di merito e legittimità; giurisprudenza che attraverso l’ uniformità delle sue pronunce ha contribuito ha delineare i caratteri indefettibili di tale requisito.

Preliminarmente, occorre evidenziare come la tempestività della contestazione vada valutata sempre avendo riguardo al momento in cui il datore ha avuto piena conoscenza dei fatti, quanto meno nei suoi tratti essenziali, affinchè non incorra nel rischio di un addebito generico, ovvero privo di quella specificità necessaria ( Trib. Firenze 09/01/2015).

Successivamente, l’attenzione deve focalizzarsi avendo riguardo alla durata del procedimento di accertamento del fatto contestato, pena il rischio dell’illegittimità della sanzione.

Un ritardo eccessivo nella contestazione, infatti, esporrebbe il lavoratore ad una difesa difficile se non addirittura impossibile, violando così il il principio previsto dall’art. 7 della L. 300/1970.

Con riguardo alla durata e alle modalità , tanto la giurisprudenza di merito (Trib. Milano, 09/12/2010 , Giud. Gasparini , in Lavoro nella giur. 2011) quanto quella di legittimità ( Cass. 17/09/2013, n.212039) hanno ritenuto , in precedenza, intendere il principio dell’immediatezza in senso relativo, considerandolo compatibile comunque in concreto con un arco temporale più o meno lungo allorchè l’accertamento e la valutazione del fatto siano laboriosi e bisognosi di tempi più lunghi. La sentenza in oggetto, invece, facendo propri quei principi che hanno da sempre delineato il requisito della tempestività , ha voluto evidenziare che “la tardività nella contestazione al dipendente di condotte disciplinarmente rilevanti non può essere giustificata da un sistema di organizzazione aziendale complesso e farraginoso”.

La Suprema Corte, secondo quanto già esposto pocanzi, conferma dunque   come il ritardo eccessivo nella contestazione di adddebito ha come conseguenza quella di rendere difficile , se non addirittura impossibile, la difesa del lavoratore e non può essere giustificato da una serie di sistemi di verifica aziendali farraginosi e complessi; tutte caratteristiche che si manifestano quale espressione di una colpevole inadempienza organizzativa da imputarsi esclusivamente al datore di lavoro.


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Andrea Pagnotta

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