Coronavirus: l’ONU avverte: “Probabile aumento dei maltrattamenti in famiglia”

Coronavirus: l’ONU avverte: “Probabile aumento dei maltrattamenti in famiglia”

Coronavirus, l’ONU pone l’attenzione del mondo sul possibile aumento dei maltrattamenti in famiglia. Il virus va combattuto strenuamente, ma non bisogna lasciare indietro nessuna esigenza altrettanto importante.

Dal 9 marzo 2020 col Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 62 l’Italia si è fermata.

Sono stati vietati assembramenti, chiuse tutte le attività commerciali tranne quelle strettamente necessarie, sospesi eventi e competizioni sportive.

La libertà dei cittadini è stata fortemente limitata per sconfiggere un male più grande, il Covid-19, comunemente conosciuto come Coronavirus.

Tra i tanti disagi che tale decreto ha portato con sé, da quelli sanitari a quelli economici e assistenziali, l’ONU ha voluto porre l’attenzione sul possibile e già riscontrato aumento dei casi di violenza domestica.

Il rapporto è del relatore speciale per la violenza contro le donne, Dubravka Simonovic: “Per molte donne e bambini la casa può essere un luogo di abuso. Una situazione che si aggrava di gran lunga nei casi di isolamento come quello imposto nell’ emergenza Covid-19”.

Sicuramente sappiamo bene che la violenza domestica può essere perpetrata anche dalle donne e subita dagli uomini, ma sappiamo anche che nella stragrande maggioranza dei casi è la donna a subire violenza.

In questo articolo ci concentreremo sul reato di maltrattamenti in famiglia, vedremo quando si configura e cosa comporta.

Il reato di maltrattamenti contro familiari e conviventi è previsto dall’ art. 572 del codice penale.

Con questa disposizione normativa si vuole tutelare la dignità della persona offesa che subisce i maltrattamenti per mezzo di condotte di lesione o messa in pericolo dell’incolumità fisica o psicologica.

Questo reato viene trattato separatamente da quello di violenza privata perché il legislatore ritiene, giustamente, che abbia una valenza diversa dagli altri reati dato che l’offesa deriva nell’ ambito di relazioni, come quelle familiari, in cui la personalità dei soggetti dovrebbe essere favorita e non danneggiata.

Sappiamo benissimo, infatti, che l’art. 2 della Costituzione riconosce le formazioni sociali come luogo privilegiato in cui si forma la personalità dell’individuo e la principale formazione sociale che ricopre questo ruolo è sicuramente la famiglia.

Denuncia

Iniziamo la trattazione del reato con la disciplina della denuncia che in questi tipi di reati è l’aspetto più importante di tutti.
Si tratta di un reato procedibile d’ufficio, ragion per cui non è necessaria la querela della persona offesa per poter procedere penalmente contro il responsabile.

Chiunque ha avuto notizia del reato, sia esso un soggetto privato (come un parente, un amico, il rappresentante di un’associazione) oppure un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio può presentare denuncia in uno degli uffici delle Forze dell’ordine (come Polizia di Stato, Arma dei carabinieri, polizia giudiziaria).

Ovviamente, tranne che per alcune persone specifiche, la denuncia non è un obbligo, ma una facoltà che chi ha avuto conoscenza del reato potrà esercitare.

La denuncia ovviamente può essere presentata anche dalla persona offesa.

Chi può commettere il reato di maltrattamenti in famiglia?

Stiamo parlando sicuramente di un reato proprio, cioè che non può essere commesso da chiunque ma soltanto da alcuni soggetti che adoperino nell’ ambito di alcuni rapporti interpersonali:

-primo fra tutti vi è sicuramente il rapporto di famiglia, qualunque membro della famiglia può commettere il reato in danno di un qualunque altro membro della famiglia. Il reato dunque può essere commesso sia da mariti, figli, fratelli, ma anche da mogli, figlie e sorelle.

Dal 2012 il delitto in esame è stato esteso anche ai conviventi e, successivamente, alle unioni civili riguardanti persone dello stesso sesso.

Il reato si ritiene sussistente anche nei confronti di soggetti separati: sia di separazione di coniugi che di sopravvenuta interruzione della convivenza. Se i soggetti non più conviventi, però, non sono più legati da vincoli nascenti dal coniugio o dalla filiazione non può configurarsi il delitto previsto dall’ art. 572 c.p. (1).

-oltre ai rapporti familiari il delitto può realizzarsi anche nei casi in cui colui che agisce e dunque commette il reato si trovi in rapporto di autorità o di affidamento per ragioni educative, di cura, di vigilanza con la persona offesa (2).

La persona offesa dal reato e che, dunque, subisce i maltrattamenti può essere qualunque soggetto appartenete alla famiglia, compreso il minore degli anni diciotto che assista ai maltrattamenti. Quindi nel caso più comune di maltrattamenti in cui il padre maltratta la madre, se il figlio minorenne assistesse ai maltrattamenti si reputerebbe anch’ egli persona offesa. (3)

Quali sono gli atti che, una volta compiuti, configurano il reato previsto dall’ art. 572?

La prima cosa da dire è che si tratta di un reato abituale e quindi, affinché si perfezioni, gli atti devono essere plurimi, non basta un solo atto di maltrattamento per configurare il reato.

Gli atti che vanno a sommarsi e a formare l’abitualità necessaria per la configurazione del delitto in questione, non devono necessariamente costituire essi stessi reato, ma insieme l’uno con l’altro andranno comunque a costituire il reato di maltrattamenti.

Possono pertanto rientrare nella fattispecie, infatti, non soltanto le percosse, le lesioni, le ingiurie, le minacce, le privazioni e le umiliazioni imposte alla vittima, ma anche gli atti di disprezzo e di offesa alla sua dignità, che si risolvano in vere e proprie sofferenze morali.(4)
Il delitto si consuma, dunque, quando viene posto in essere l’ultimo atto di maltrattamento ed è da lì che comincia a decorrere la prescrizione.

Elemento psicologico

Il delitto di maltrattamenti in famiglia è un delitto doloso, (per la precisione dolo generico) quindi per venirsi a configurare necessita della coscienza e volontà di far soffrire la vittima col proprio comportamento creandole una situazione di disagio costante che non le permette di vivere normalmente. La Cassazione ha precisato che lo stato di nervosismo o di risentimento non escluda l’elemento psicologico del reato, anzi proprio questo stato psicologico potrebbe costituire il movente per il maltrattamento.(5)

Pena

Chi commette il reato previsto dall’ art. 572 c.p. sarà punito con la pena della reclusione da 3 a 7 anni.

Se però dal fatto deriva una lesione personale grave della vittima gli edittali si spostano da 4 a 9 anni di reclusione; se ne deriva una lesione personale gravissima, la reclusione va da 7 a 15 anni; se ne deriva la morte, la reclusione prevista va da 12 a 24 anni.

Se la vittima si suicida la pena verrà aggravata, ma si dovrà dimostrare che la morte della vittima fosse prevedibile dal soggetto che ha commesso il reato.(6)

La pena è aggravata fino alla metà nel caso in cui il reato sia stato commesso in presenza o in danno di un minore degli anni 18 o in danno di una persona in stato di gravidanza.

Misure cautelari

Dopo la denuncia si metterà in moto la macchina giudiziaria, il che comporta il passare di un variabile lasso di tempo. Gli elementi da accertare, come abbiamo visto, sono numerosi prima che si possa arrivare ad una condanna definitiva e l’indagato o imputato ha sempre diritto di difendersi dalle accuse rivoltegli.

In questi casi la persona offesa e gli altri familiari rischiano di continuare ad essere esposti al pericolo.

Lo Stato, però, lungo questo arco di tempo non abbandona le vittime, ma, se ci saranno le condizioni, un giudice immediatamente potrà disporre una o più misure cautelari nei confronti dell’indagato o imputato quali: l’allontanamento dalla casa familiare, il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima e, nei casi più gravi, la custodia cautelare in carcere.

Per concludere

Possiamo affermare che, molto probabilmente, risulterà essere vero che i maltrattamenti familiari, con le nuove misure di contenimento del virus, tenderanno ad aumentare e che la casa familiare non rappresenta per tutti i cittadini il luogo che ci tiene al sicuro dal male che c’è all’ esterno, ma può rappresentare essa stessa un male.

Il blocco totale della vita delle persone, le bollette che continuano ad arrivare, i debiti da pagare, i canoni di affitto e locazione da adempiere, i sussidi governativi che tardano ad arrivare e in generale l’incertezza assoluta che si vive in questi giorni generano sicuramente un grande nervosismo nella popolazione.

Tuttavia l’esasperazione del momento non può assolutamente giustificare alcun atto di violenza, benché mai quella domestica, che se perpetrata dovrà certamente essere punita.

 


(1) Cassazione penale sez. II, 23/01/2019, n.10222.
(2) Cassazione penale sez. I, 19/04/2017, n.206.
(3) art.9 comma 2, lett. c, del Codice rosso.
(4) Cassazione penale sez. VI, 10/04/2019, 17/05/2019, n.21768.
(5) Cassazione penale sez. III, 11/02/2016, n.14742.
(6) Cassazione penale sez. VI, 19/02/1990.

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