Cassazione: la proporzionalità è il criterio da applicare per il riparto delle spese nel condominio parziale

Cassazione: la proporzionalità è il criterio da applicare per il riparto delle spese nel condominio parziale

Nota a Corte di Cassazione, sez. 2°, ordinanza n. 24166, 08 settembre 2021[1]

La Suprema Corte chiarisce che, l’obbligo del condomino di partecipare alle spese ha fondamento nell’utilità tratta da ogni proprietà esclusiva per l’uso di beni comuni posti al loro servizio. La ripartizione delle spese va operata con criteri basati sul principio di proporzionalità, anche in ipotesi di condominio parziale.

Sommario: 1. Il caso – 1.1. I motivi della Corte d’appello di Milano – 2. La posizione della Cassazione circa il riparto delle spese comuni – 2.1 Il criterio della proporzionalità nel condominio parziale – 3. A carico di chi grava la spesa per le opere di prevenzione e di sicurezza in un condominio parziale? La parola alla Cassazione

 

1. Il caso

Alla base dell’ordinanza della Corte di Cassazione, sez. 2° n. 24166 del 08.09.2021, vi è la vertenza sorta dall’impugnazione di una delibera assembleare del 17.08.2008. Il giudizio di primo grado fu promosso, innanzi al Tribunale di Sondrio, su iniziativa di una condomina di un complesso immobiliare di Bormio. La delibera impugnata riguardava l’approvazione dei criteri di ripartizione delle spese di progettazione e esecuzione di lavori, finalizzati all’adeguamento alla normativa antincendi, da effettuarsi a beneficio delle autorimesse interrate dello stabile e delle aree comuni contigue. Il presupposto fattuale della domanda giudiziale di impugnazione del deliberato, era che la condomina impugnante non fosse proprietaria di alcuna autorimessa in quel condominio.

In punto di diritto, la lagnanza derivava dal fatto che, l’assemblea avesse suddiviso i costi delle opere con i criteri di riparto delle spese indicati nella misura dei 2/3 posti a carico dei titolari del diritto di proprietà. Il restante costo, pari ad 1/3, fu addebitato a tutti condomini, anche non proprietari. La condomina lamentò, in primo luogo, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1120 c.c. per il fatto che, il quorum costitutivo dell’assemblea era da ricondurre alla proporzione di voti favorevoli, pari ai due terzi del valore dell’edificio, fermo restando l’esenzione dalla spesa deliberata di quei condomini che non traessero vantaggio dai beni comuni oggetto di interventi. In secondo luogo, rilevò che, trattandosi di costi da sostenere per opere riguardanti beni a beneficio dei condomini, in misura diversa tra essi, la ripartizione dei costi dovesse avvenire in base all’ “uso” che ne faceva ciascuno di loro.

Si costituì in giudizio di primo grado un altro condomino, il quale dedusse, ulteriormente, che gli interventi deliberati erano, primariamente, rivolti a garantire la sicurezza del condominio senza, peraltro, comportare innovazioni che alterassero i beni stessi. Ne discendeva che la spesa riguardava tutti i condomini, fossero essi  proprietari o meno.

Il giudice designato respinse l’opposizione alla delibera. La sentenza venne confermata dalla Corte d’appello di Milano dove, di seguito, era stata interposta impugnazione avverso alla pronuncia di prime cure.

1.1 I motivi della Corte d’appello di Milano

Nel giudicato di secondo grado, la Corte aveva ritenuto di dare prevalenza alla sicurezza dello stabile condominiale, soccombendo a ciò le ragioni della condomina iniziale opponente. La Corte d’appello, infatti, articolò il decisum sul fatto che, le modifiche apportate con i lavori deliberati non integrassero gli estremi di una “innovazione”, di cui all’art. 1120 c.c., in quanto non andavano ad alterare la cosa comune e, men che meno, modificavano la destinazione dei beni. Anzi, la funzione delle opere eseguite fu ricondotta alla necessità di fornire un maggior grado di sicurezza dei locali-box terranei, in ragione di un incendio precedente, accaduto nel 2000. Per la Corte, il fatto essenziale era che i lavori deliberati, aumentando la sicurezza dei locali-box, sarebbero andati a beneficio, anche, dell’intero complesso condominiale. Ad avviso della Corte territoriale, la ripartizione delle spese ben seguiva i criteri dettati dall’art. 1123, co. 1 c.c.  Si ritenne, inoltre, corretta la suddivisione dei costi con uso della proporzione dei 2/3 a carico dei titolari del diritto di proprietà dei box e per la restante misura di 1/3 addebitata a carico di tutti i condomini.

2. La posizione della Cassazione circa il riparto delle spese comuni

Contro la pronuncia della Corte d’appello di Milano fu incardinato ricorso per cassazione a cura della condomina promotrice del giudizio di primo grado. Tre sono i motivi di ricorso portati all’attenzione della Corte di legittimità.

Nell’economia del presente commento sono soltanto due i motivi rilevanti.  Il primo riguarderebbe la violazione e la falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c. co.1 n. 3, ritenendo travalicati in pronuncia i limiti della domanda proposta in giudizio di primo grado, relativa alla sola esclusione della condomina impugnante dalle spese straordinarie deliberate. Il limite di esame del giudice, ad avviso della parte, sarebbe stato superato, poiché questa non avrebbe mai richiesto l’esonero dalle altre spese, riguardanti i contigui beni di utilità collettiva. L’altro motivo di interesse è il terzo proposto nel ricorso per cassazione: si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1123 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c. co. 1 n. 3, attinente all’erronea ripartizione di tutte le spese deliberate nelle misure su esposte.

In sede di legittimità, la ricorrente si lamenta che la Corte milanese non avesse tenuto conto del fatto che la norma dell’art. 1123 c.c. prevede il riparto delle spese comuni in misura “proporzionale” tra tutti i condomini. Per la ricorrente, più di preciso, la Corte non avrebbe tenuto in conto che, quando si tratti di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese debbano essere ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne, fino ad escludere l’obbligo di contribuzione in caso di condominio parziale, ossia, laddove manchi l’uso dei beni comuni da parte di una o più unità immobiliari.

La ratio dell’art.1117 c.c. legherebbe la funzione dei beni comuni all’uso collettivo. La suddivisione dei costi è destinata, così, ad avvenire in maniera proporzionale al valore delle singole proprietà esclusive, che si beneficino dell’utilizzo di tali beni, salvo che non sussista diversa convenzione.

Allorché le cose comuni siano destinate al servizio dei condòmini di un edificio in misura diversa, a norma dell’art. 1223 c.c. co. 2, i costi e le spese per la loro gestione e conservazione andranno ripartite tenendo conto dell’uso “proporzionale” che ogni condomino può farne. Restano, in ogni caso, salvi eventuali accordi approvati all’unanimità dei condomini, con cui si preveda la ripartizione in misura proporzionale ai millesimi di proprietà. Il criterio della norma sarebbe quello adottato per l’articolo 1104 c.c., traslabile anche al regime dei beni condominiali, di cui all’art. 1123 c.c., data la medesima logica funzionale.

In motivazione, infatti, i giudici di piazza Cavour riconducono le spese previste dall’art.1123, co. 1 c.c. all’ obbligo del pagamento (quantum) a carico di ciascuna unità, in relazione alla proporzione espressa dalla quota immobiliare rispetto all’unità globale cui appartiene. Nessun condomino può sottrarsi, neppure rinunziando alla comproprietà sulla cosa comune stessa. In tal senso, le decisioni precedenti[2] adoperate dalla Suprema Corte, per avvalorarne i caratteri, vengono implementati dal criterio che ciascuna spesa debba essere proporzionata al godimento che ogni condomino possa trarre dalla cosa comune. In tal modo, il condomino resta obbligato alle sole spese per i beni che gli comportino un’utilità, restando invece indenne dal sopportare i costi per quei beni che, per ragioni strutturali o per destinazioni degli stessi, non arrechino tale utilità alla singola unità immobile[3] presente nell’insieme della struttura dell’edificio.

Quindi, verrebbe meno l’obbligo alle spese quando il bene comune non serva una o più unità immobiliari site nel condominio.

2.1 Il criterio della proporzionalità nel condominio parziale

Il criterio trova applicazione anche nel caso del condominio parziale, ossia nelle ipotesi in cui un bene appaia “per le sue obbiettive caratteristiche strutturali e funzionali, destinato oggettivamente al servizio e/o al godimento, in modo esclusivo, di una parte soltanto dell’edificio in condominio[4].

Nel caso in esame, il collegio di legittimità reputa errato il giudizio reso in fase di merito, in quanto la ricorrente non risultava essere proprietaria di alcun box/rimessa. Anche a mente di precedenti giudicati citati nell’ordinanza in commento, tra cui Cassazione civile, sez. 2°, 19.6.2000, n.8292 e più di recente Cassazione civile., sez. 2°, 16.1.2020 n.791, ne discende che, è “errato, quindi, porre a carico di tutti i condomini, e non invece a carico dei soli proprietari delle autorimesse, tutte le spese sostenute dal condominio per l’adeguamento alla normativa antincendio senza distinguere tra le spese che riguardavano la sicurezza dell’intero fabbricato (come, ad esempio, la centrale termica ed il locale ENEL), ed i lavori che hanno riguardato la messa in sicurezza delle autorimesse nel loro insieme[5].

Di fatto, il giudice di merito avrebbe dovuto  porre a carico della ricorrente la quota delle spese riguardanti i beni comuni e non l’intero delle spese relative alle misure antincendio, finalizzate a prevenire gli eventi nei box di proprietà privata e negli spazi di manovra, destinati a produrre un’utilità funzionale esclusiva in favore di questi ultimi.

3. A carico di chi grava la spesa per le opere di prevenzione e di sicurezza in un condominio parziale? La parola alla Cassazione

Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione mostra di voler dare continuità al suo precedente orientamento[6], imputando l’onere economico delle spese per la gestione e conservazione dei beni comuni a carico di quei condomini che risultino titolari di unità immobiliari che traggono utilità o beneficio dai beni collettivi.

La Corte ha inteso sottolineare che, tale principio trova accoglimento anche nelle ipotesi in cui la funzione della manutenzione o degli interventi riguardi la sicurezza di alcuni soltanto degli immobili che fanno parte del condominio. Nel caso di specie, l’esigenza di approntare interventi, volti a garantire una “funzione di prevenzione e di sicurezza” in favore dei condomini che utilizzano i garage, pur creando indirettamente un’utilità agli altri condomini, non smentisce il criterio espresso dai giudici di legittimità. L’art. 1223, co. 2 c.c. fa ricadere gli oneri economici a solo carico dei titolari, i cui immobili siano fonte di potenziale pericolo collettivo.

In termini di estrema sintesi, se l’obbligo di partecipare alle spese ha fondamento nell’utilità che ogni proprietà esclusiva tragga dai beni comuni, ne deriva che il criterio di ripartizione delle spese operi in base ad un principio di proporzionalità e, questo, anche in caso di condominio parziale. Per tali ragioni, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti ed ha rinviato, anche per le spese del giudizio di legittimità, innanzi alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione.

 

 

 

 


Note bibliografiche
[1] Cass. Civ., Sez.2° ord. 08.09.2021, n. 24166, (ECLI:IT:CASS:2021:24166CIV), udienza del 02.12.2020;  Presidente, D’ASCOLA P. – Relatore, GIANNACCARI R., in www.italgiure.giustizia.it .
[2] Cass. Civ. sez. 2°, 02.07.2001, n.8924 in www.italgiure.giustizia.it; id., Cass. civile sez. II, 19.06.2000, n. 8292.
[3] In tal senso Cass. Civ. 12.11.97 n. 11152; Cass. Civ. 20.11.96 n. 10.
[4] Cass. Civ., Sez.2° ord. 08.09.2021, n. 24166, p. 3.11.
[5] Cass. Civ., Sez.2° ord. 08.09.2021, n. 24166, p. 3.12.
[6] Cass. Civ., Sez. 2°, 22.6.1995 n.7077.

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Avvocato, iscritta presso Ordine Avvocati di Salerno, con patrocinio in Corte di Cassazione e altre Magistrature Superiori. Laureata in Giurisprudenza nel 1994 presso UNISA-Università degli Studi di Salerno. Tra i vari, titoli conseguiti si annoverano: Specializzazione universitaria in professioni legali; Master universitario in E-Government e Management della Pubblica Amministrazione; Master universitario in diritto amministrativo. Dal 2019 è membro confermato del Consiglio Direttivo Provinciale di Salerno dell’associazione Nazionale-Europea A.N.AMM.I.. Ha, inoltre, conseguito idoneità in concorso pubblico per titoli ed esami per attività giuridico-amministrativo e medico-legale del laboratorio di igiene e medicina del lavoro presso UNISA (Dipartimento di medicina e chirurgia), Scuola Medica Salernitana dell´Università degli studi di Salerno. Dal 2020 ha conseguito titoli di aggiornamento professionale per funzioni di mediatore civile e commerciale; idoneità REI CINECA (collaboratori Area Economica) per docenza, esercitazioni/laboratori, didattica presso UNIMIB Università degli Studi di Milano-Bicocca; idoneità Collaboratori Alta Formazione triennio 2019 - 2022 - Area Giuridica/ Higher Education Collaborators – presso UNIMIB Università degli studi Milano Bicocca.

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