D.lgs. n. 231/2001: società unipersonale e gruppo societario sono responsabili?

D.lgs. n. 231/2001: società unipersonale e gruppo societario sono responsabili?

Sommario: 1. Responsabilità amministrativa dipendente da reato. Introduzione – 2. I soggetti potenzialmente responsabili ex D.lgs. n. 231/2001. – 3. Astratta applicabilità della disciplina ex D.lgs. n. 231/2001 alla società unipersonale – 4. La responsabilità amministrativa dipendente da reato “di gruppo”

 

1. Responsabilità amministrativa dipendente da reato. Introduzione

Il D.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 disciplina l’ipotesi della responsabilità amministrativa derivante da reato delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica.

Tale responsabilità sorge in capo all’ente a seguito della commissione, ovvero della tentata commissione (art. 26), di determinati reati, c.d. “reati presupposto”, inclusi nel catalogo di cui al Capo I, Sezione III del decreto legislativo medesimo, da parte di un soggetto inserito nella struttura dell’ente stesso, il quale agisce nell’interesse o a vantaggio dell’ente.

In particolare, ai sensi dell’art. 5 l’ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso (c.d. soggetti in posizione apicale) e da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti appena elencati (c.d. soggetti in posizione subordinata). La responsabilità dell’ente è esclusa se tali soggetti hanno agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi.

Viene così introdotta per la prima volta nel nostro ordinamento l’ipotesi di responsabilità a carico degli enti diretta, autonoma ed eventualmente concorrente con quella del soggetto agente.

Tuttavia, il D.lgs. n. 231/2001 ha suscitato non pochi dubbi interpretativi.

2. I soggetti potenzialmente responsabili ex D.lgs. n. 231/2001

Il decreto legislativo si apre con la previsione dei soggetti destinatari della disciplina. L’art. 1 co. 2 include nell’ambito applicativo del decreto gli enti forniti di personalità giuridica e le società e associazioni anche prive di personalità giuridica, escludendo, invece, gli enti pubblici territoriali, gli altri enti pubblici non economici nonché gli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale.

Nell’individuare i soggetti potenzialmente responsabili il legislatore utilizza appositamente il termine generico “enti” prediligendolo a quello di “persona giuridica”, al fine di ricomprendere tutte le realtà collettive ed evitare così lacune nell’ambito dei destinatari della normativa.

Tale scelta lessicale è indice della volontà del legislatore di perseguire sia i soggetti dotati di personalità giuridica sia i soggetti che ne sono privi, a condizione che questi siano comunque dotati di una certa autonomia rispetto alle persone fisiche che li compongono.

La genericità nell’individuazione dei soggetti finalizzata, nelle intenzioni del legislatore, a ricomprendere tutte le eterogenee categorie di realtà collettive ha contribuito, invece, a creare dubbi circa l’applicazione della disciplina ad alcuni soggetti.

3. Astratta applicabilità della disciplina ex D.lgs. n. 231/2001 alla società unipersonale

Il riconoscimento della responsabilità ex D.lgs. n. 231/2001 in capo alla società unipersonale è oggetto di questione controversa.

Un parte della giurisprudenza propende per l’applicabilità della disciplina di cui al D.lgs. n. 231/2001 nei confronti delle società unipersonali basandosi esclusivamente su un dato formale, ossia l’autonomia del soggetto fisico rispetto a quello giuridico. La società unipersonale rappresenterebbe un soggetto di diritto distinto dal soggetto persona fisica titolare delle quote e ciò giustificherebbe il suo assoggettamento alla responsabilità ex D.lgs. n. 231/2001 (cfr. Cass. pen., sez. VI, n. 49056/2017 e Cass. pen., sez. III, n. 15657/2010).

Tuttavia, così ragionando, si giungerebbe alla situazione per cui la stessa persona risponderebbe due volte dello stesso fatto: una volta in qualità di autore del reato e una seconda in qualità di autore dell’illecito amministrativo.

Un altro orientamento, opposto al precedente, guardando al di là del dato formale della diversità tra società e persona fisica, esclude l’applicabilità del D.lgs. n. 231/2001 alle società unipersonali “quando la struttura della persona giuridica sia indistinguibile da quella fisica in maniera da non fondare il presupposto fondamentale su cui poggia l’intera struttura delle norme volte a regolare la responsabilità dell’ente giuridico” (cfr. Cass. pen., sez. VI, n. 30085/2012 e Cass. pen., sez. VI, n. 18941/2004).

La società unipersonale, allora, diventa destinataria della disciplina di cui al D.lgs. n. 231/2001 quando al suo interno è possibile distinguere la persona giuridica dalla persona fisica imputata.

In tal senso si rinviene anche una recente pronuncia del G.U.P. presso il Tribunale di Milano. Con sentenza n. 971/2020 del 16.07.2020 il Giudice ha pronunciato sentenza di non luogo a procedere, ai sensi dell’art. 425 c.p.p., nei confronti di una s.r.l. unipersonale imputata ai sensi del D.Lgs. n 231/2001.

La pronuncia è interessante perché ribadisce che ai fini dell’applicazione della responsabilità ex D.lgs. n. 231/2001 devono essere presenti due centri di interesse autonomi e indipendenti, la persona fisica da un lato e l’ente dall’altro.

Il percorso argomentativo si sviluppa sul confronto delle diverse tesi giurisprudenziali e l’analisi di alcuni indici concreti quali la vita sociale e la condotta delle persone fisiche imputate del reato presupposto e solo all’esito di tale iter motivazionale il Giudice conclude per l’esclusione della responsabilità amministrativa dell’ente in quanto privo di autonomo e distinto centro di interessi, non potendo distinguersi un centro autonomo di imputazione di rapporti giuridici della s.r.l. dagli interessi della persona fisica. Nel caso di specie, quindi, viene esclusa la responsabilità dell’ente perché viene meno la ratio della disciplina di cui al D.lgs. n. 231/2001, “la quale immagina contegni penalmente devianti tenuti da persone fisiche nell’interesse di strutture organizzative di un certo rilievo di complessità quale centro di imputazioni di rapporti giuridici distinto da chi ha materialmente operato“.

Riassumendo, il presupposto essenziale per l’applicazione della normativa sulla responsabilità amministrativa derivante da reato dell’ente è la sussistenza di due centri di interessi autonomi e distinti, uno riconducibile all’ente e l’altro alla persona fisica imputata del reato presupposto, oltre al fatto che il reato deve essere commesso nell’interesse o a vantaggio dell’ente.

Alla luce di quanto esposto, si può concludere che la società unipersonale non sia astrattamente esclusa dal novero dei soggetti responsabili ex D.lgs. n. 231/2001, ma occorre indagare se nel caso concreto sia possibile distinguere il centro di interessi della persona giuridica da quello della persona fisica.

Quando tale distinzione diventa impossibile perché persona fisica ed ente coincidono, come nel caso oggetto della pronuncia in cui la società era costituita dalle sole persone fisiche imputate, l’interesse o vantaggio perseguito finisce per essere unico e identico, pertanto si fuoriesce dalla disciplina del D.lgs. n. 231/2001.

Sarebbe irragionevole ritenere integrata la responsabilità amministrativa dell’ente nell’ipotesi in cui sia riscontrata una perfetta identità tra ente e persona fisica imputata del reato presupposto.

4. La responsabilità amministrativa dipendente da reato “di gruppo”

Altra questione riguarda la responsabilità ex D.lgs. n. 231/2001 nei gruppi di società. La normativa prende in esame solo il singolo ente tralasciando il fenomeno dei gruppi societari, intendendosi per gruppo societario l’aggregazione di una pluralità di società, giuridicamente distinte l’una dall’altra, che operano sotto la direzione e il controllo di un’altra società, la c.d. società capogruppo o holding.

Il nostro ordinamento considera il gruppo societario come unità solo sotto il profilo economico, mentre sotto il profilo giuridico il gruppo rimane una pluralità di soggetti.

La lacuna legislativa non è stata colmata nemmeno dopo l’introduzione della disciplina sulle società soggette a direzione e coordinamento ad opera del D.lgs. n. 6/2003.

Per colmare il vuoto normativo alcuni interpreti ricorrono all’interpretazione estensiva del disposto di cui all’art. 5 D.lgs. n. 231/2001, estendendo la nozione di “persona” fino a ricomprendervi anche la persona giuridica.

Di conseguenza, “la gestione e il controllo”, di cui alla lett. a) dell’art. 5, e la “direzione e vigilanza”, di cui alla lett. b) dell’art. 5,  sarebbero esercitabili non solo da persone fisiche, ma anche da persone giuridiche. Attraverso tale interpretazione sarebbe possibile ricondurre il gruppo societario sotto la disciplina del D.lgs. n. 231/2001. Tuttavia, tale lettura non è esente da critiche.

Innanzitutto, è evidente che le disposizioni di cui all’art. 5 si riferiscono a persone fisiche e non a persone giuridiche, perché il legislatore laddove ha voluto rivolgersi a soggetti diversi dalle persone fisiche, dotati o meno di personalità giuridica, lo ha indicato chiaramente, utilizzato il termine “ente” e mai quello di “persona”.

In secondo luogo, all’art. 5 co. 1 lett. a) viene previsto espressamente lo svolgimento di funzioni apicali non solo all’interno dell’ente, ma anche all’interno “di una  sua  unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale”. Dalla norma così formulata, si desume che il legislatore ha inteso includere all’interno del perimetro dell’ente le divisioni aziendali autonome, e soltanto queste,  escludendo, al contrario, enti collegati ma soggettivamente distinti, quali sono le società controllate.

Dunque, il gruppo societario, non rientrando nella definizione di ente così come delineato nel D.lgs. n. 231/2001 non può essere considerare diretto centro di imputazione di responsabilità.

Tuttavia, ciò non esclude che le singole società che compongono il gruppo possano rispondere dei reati commessi nello svolgimento dell’attività di impresa. Al riguardo gli interpreti preferiscono parlare di “responsabilità da reato nel gruppo”.

Nei gruppi societari la responsabilità può manifestarsi in tre differenti situazioni: a) la responsabilità della holding per il reato commesso nell’interesse o a vantaggio della società controllata; b) la responsabilità della società controllata per il reato commesso nell’interesse o a vantaggio della holding; c) la responsabilità della società controllata per il reato commesso nell’interesse o a vantaggio di un’altra società controllata.

Nonostante tali considerazioni, un orientamento giurisprudenziale persisteva nel parlare di responsabilità di gruppo, ossia del riflettersi della responsabilità dalla controllata sulla holding, attraverso l’esistenza di un “interesse di gruppo”, rifacendosi all’interesse di cui all’art. 5 D.lgs. n. 231/2001.

L’interesse di gruppo prescinderebbe dalle singole società che compongono il gruppo e consisterebbe in un interesse unitario del gruppo considerato nella sua interezza, cioè un interesse comune a tutti i soggetti che fanno parte dell’organizzazione.

Attraverso l’elaborazione dell’interesse di gruppo veniva a crearsi un automatismo per il quale in caso di commissione di un reato da parte di uno dei soggetti legati dal rapporto qualificato con una società del gruppo e nell’interesse o a vantaggio di questa, tale interesse o vantaggio si sarebbe esteso automaticamente anche sulla controllante. Si riteneva, infatti, che l’eventuale vantaggio economico conseguito dalla controllata avrebbe prodotto i suoi effetti favorevoli anche sul patrimonio della holding in termini di maggior fatturato e/o in sede di distribuzione degli utili.

Secondo questa ricostruzione si riusciva ad estendere la responsabilità all’intero gruppo societario.

Tuttavia, tale interpretazione contrastava con i principi di cui al D.lgs. n. 231/2001 e, in particolare, con il dettato dello stesso art. 5 del decreto.

Così ragionando, in primo luogo, sarebbero risultate responsabili tutte le società del gruppo per il solo fatto di appartenere allo stesso gruppo della società all’interno del quale era stato commesso l’illecito.

In secondo luogo, veniva effettuata una lettura errata della nozione di interesse. Secondo tale ricostruzione l’interesse di gruppo diventava un interesse mediato e indiretto, produttivo di vantaggi patrimoniali per la holding e le altre società del gruppo solo di riflesso. Invece, quello che è richiesto dall’art. 5 D.lgs. n. 231/2001 è la sussistenza di un interesse reale, concreto ed effettivo.

Ancora, l’interesse alla ripartizione degli utili rappresenta un interesse non solo indiretto e mediato, ma anche eventuale ed incerto, in quanto la percezione degli utili è subordinata alle deliberazione dell’assemblea dei soci.

È il caso di ribadire che i gruppi societari rappresentano un fenomeno unitario solo dal punto di vista economico, mentre dal punto di vista giuridico le singole società del gruppo mantengono ognuna la propria autonomia e indipendenza.

Pertanto, l’unica conclusione a cui si può addivenire è che la responsabilità ex D.lgs. n. 231/2001 deve essere valutata con riferimento alle società singolarmente considerate.

A sostegno di ciò, inoltre, occorre rilevare che nella disciplina ex D.lgs. n. 231/2001 resta fermo il principio della personalità della responsabilità rappresentato dal criterio di imputazione dell’illecito all’ente, ossia l’appartenenza qualificata all’ente della persona fisica che ha commesso il reato.

È proprio la previsione dell’appartenenza della persona fisica a una determinata società che garantisce dal rischio di propagazione della responsabilità al resto delle società del gruppo.

La responsabilità da reato non può, pertanto, estendersi nell’ambito del gruppo a tutte le società per un reato commesso da esponenti di una società del gruppo e non può attingere la capogruppo in modo indiscriminato per il solo fatto della mera esistenza del rapporto di controllo o di collegamento all’interno del gruppo di società.

Affinché il gruppo societario risponda ex D.lgs. n. 231/2001 occorre verificare la sussistenza dei criteri di imputazione della responsabilità da reato in capo ad ognuna delle società dell’aggregazione.

Il tema della responsabilità della holding e delle altre società controllate per un reato commesso da una singola società del gruppo è stato affrontato anche dalla giurisprudenza di legittimità la quale ha escluso che sia sufficiente un generico interesse di gruppo, illustrando le condizioni necessarie per l’applicazione della responsabilità alle società del gruppo (cfr. Cass. pen., sez. II, n. 52316/2016 e Cass. pen., sez. V, 24583/2011).

Il primo requisito riguarda una sorta di concorso nell’illecito amministrativo dipendente da reato. In sintesi, la holding e le altre società del gruppo potrebbero essere chiamate a rispondere ex D.lgs. n. 231/2001 per un reato commesso da altra società appartenente al gruppo se almeno una persona fisica che sia legata dal rapporto qualificato con la holding stessa o con altra società appartenente al gruppo concorre nella commissione del reato presupposto.

Ulteriore requisito riguarda l’interesse alla commissione del reato presupposto, nel senso che al fine di fondare l’affermazione di responsabilità ex D.lgs. n. 231/2001, deve trattarsi di un interesse concreto e attuale, nel senso che  la holding e/o le altre società del gruppo devono trarre dalla commissione del reato almeno un’utilità potenziale, non essendo sufficiente un generico interesse di gruppo.

L’appartenenza al gruppo societario può rappresentare al più un elemento indiziario, ma non può essere sufficiente per ciò solo ad estendere la responsabilità alle altre società del gruppo.

L’interesse alla commissione del reato non potrà essere desunto di per sé dalla struttura del gruppo.

In conclusione, per quanto riguarda la responsabilità dipendente da reato ex D.lgs. n. 231/2001 con riguardo ai gruppi societari non si può parlare di un’astratta responsabilità di gruppo, ma occorrerà indagare caso per caso se si sono verificati tutti i presupposti richiesti dalla disciplina.

 


Bibliografia:
  • F. D’Arcangelo, La responsabilità da reato nei gruppi di società e l’abuso di direzione unitaria della holding, in Le Società, 3/2017, p. 353 e ss.
  • M. H. Schettino, La difesa degli enti nel d.lgs. 231/2001: dal modello organizzativo al procedimento penale, Giuffrè, 2019.

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Avv. Ketty Colacino

Avvocato del Foro di Verona. Iscritta all'elenco dei difensori d'ufficio. Laureata presso l'Università degli Studi di Verona nel 2015, successivamente, ha ottenuto il titolo presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali presso l'Università degli Studi di Trento e di Verona.

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