DASPO urbani e legalità CEDU (artt. 9, 10 e 13 del D.L. 14/2017)

DASPO urbani e legalità CEDU (artt. 9, 10 e 13 del D.L. 14/2017)

La Convenzione europea dei per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali ha reso possibile una rilettura delle norme di diritto amministrativo interno e una nuova interpretazione delle stesse alla luce dei principi in essa contenuti. Uno dei campi applicativi in cui si è riscontrato maggiormente tale effetto è quello delle sanzioni amministrative.

Alla luce dell’evoluzione giurisprudenziale e normativa, infatti, appare possibile reinterpretare uno dei pilastri dell’apparato sanzionatorio interno, ovverosia il sistema del “doppio binario”, demandandosi se i principi espressi in seno alla Corte Europea dei diritti dell’uomo possano, in qualche modo, contribuire a ridisegnare l’assetto normativo di queste sanzioni.

Com’è noto, la Convenzione europea dei per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali si è dotata di principi e concetti giuridici del tutto autonomi e distinti da quelli presenti negli stati aderenti, a partire dal principio di legalità che, a differenza della concezione interna, ha una portata più ampia e generale.

Ciò è dovuto fondamentalmente dall’angolo prospettico su cui è imperniata la disciplina CEDU, vale a dire quello della tutela dei diritti fondamentali dell’individuo rispetto ai possibili arbitrii derivanti dall’esercizio di poteri autoritativi da parte degli stati aderenti e, quindi, in un’ottica limitativa di tali poteri.

la normativa CEDU pur avendo efficacia indiretta, in forza del richiamo operato dall’articolo 117 comma 1 della Costituzione diviene limite al potere legislativo e parametro interpretativo per le norme interne.

Più in particolare, per quanto riguarda la disciplina delle sanzioni amministrative la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, con la sentenza “Grande Stevens” ha messo in discussione l’attuale sistema sanzionatorio del cd “doppio binario”, mostrando l’impatto di questi principi nell’ordinamento interno.

Con tale pronuncia, infatti, la Corte ha ritenuto, in determinate condizioni, che il sistema così come concepito nell’ordinamento interno fosse violativo del diritto dell’individuo a non essere giudicato o punito per due volte sancito dall’art. 4 del protocollo addizionale alla CEDU.

In quella occasione la Corte è giunta a pronunciare tale principio di diritto partendo da una rilettura delle norme concernenti sanzioni amministrative; in prima analisi, è stata data una lettura di tali norme che prescinde dalla loro veste formale amministrativa (in ossequio ai discussi “Engel Criteria”) per enucleare un concetto di sanzione sostanzialmente afflittiva e, quindi, sottoposta alle guarentigie del processo penale.

Da ciò ne è derivata una nuova visione che, al ricorrere di talune condizioni, costringe il soggetto ad essere punito due volte per il compimento del medesimo fatto storico.

Da tale impatto sul sistema interno è, dunque, lecito demandarsi se i principi dettati con la sentenza “Grande Stevens” siano applicabili in via generale per tutte le sanzioni amministrative sostanzialmente afflittive.

Spesso, infatti, le norme concernenti tali sanzioni provocano una compressione di diritti fondamentali contemplati nella CEDU che potrebbero essere oggetto di nuove censure da parte della Corte Europea.

È il caso ad esempio delle sanzioni amministrative contenute negli articoli 9, 10 e 13 del Decreto-legge 20 febbraio 2017, convertito in legge 18 aprile 2017, n. 48 noti anche come “DASPO urbani”.

Nello specifico tali norme prevedono sanzioni accessorie che limitano il diritto di circolazione tutelato dall’art. 2 del Protocollo Addizionale n. 4 alla CEDU; tale sanzione è, infatti, comminata dall’art. 9 unitamente al pagamento di una sanzione amministrativa.

Tuttavia, all’art. 10 comma 1, ove è previsto il procedimento di irrogazione della sanzione, è presente una particolare guarentigia che sembrerebbe rendere la sanzione in parola costituzionalmente legittima.

Detto articolo prevede, infatti, che l’ordine di allontanamento cessa di produrre effetti trascorse 48 ore dalla commissione del fatto, in ossequio all’art. 13 della Costituzione che i provvedimenti restrittivi della libertà personale perdono efficacia se non sono convalidati in tale lasso di tempo.

Tuttavia, ad una lettura convenzionalmente orientata, anche le sanzioni contenute nel cd “Decreto Minniti” parrebbero presentare alcuni elementi di contrasto con la normativa CEDU.

Come sostenuto da parte della dottrina, il secondo e terzo comma dell’art. 10 cit., i quali prevedono rispettivamente che: il divieto d’allontanamento disposto dal Questore possa essere disposto in caso di reiterazione per la durata non inferiore a sei mesi; e per un periodo compreso tra sei mesi e 2 anni in caso di soggetto condannato, sembrerebbero rientrare nel novero delle sanzioni sostanzialmente penali.

Tali sanzioni, quindi, dovrebbero essere assoggettate alle garanzie previste per le sanzioni della stessa specie, prime fra tutte quelle previste dagli 6, 7 e 13 della CEDU.

A fronte di restrizioni di un diritto fondamentale, infatti, il soggetto sottoposto alle suddette misure dovrebbe poter beneficiare, dunque, delle garanzie previste per l’irrogazione delle sanzioni penali tra cui, la celebrazione di un equo processo con tutte le conseguenze ad esso connesse.

Anche le sanzioni previste dall’art. 13 sembrerebbero destinate a omologa sorte, in quanto anch’esse conseguono ad una condanna penale ma sono disposte in via amministrativa e, quindi, senza il previo vaglio di un organo giurisdizionale.

Tuttavia, seguendo l’opposto indirizzo, appare possibile che dette sanzioni vengano irrogate anche a fronte del medesimo fatto storico, con il temperamento del principio di proporzionalità che, com’è noto, costituisce un ulteriore corollario del principio di legalità.

L’autorità amministrativa in tal caso, infatti, è tenuta ad esercitare il proprio potere discrezionale tenendo in debita considerazione le caratteristiche della fattispecie per irrogare una sanzione commisurata alla gravità della violazione realizzata.

Pertanto, alla luce delle considerazioni svolte, appare possibile fornire una nuova lettura delle norme concernenti sanzioni solo formalmente amministrative alla luce dei criteri contenuti nella CEDU, la quale presta particolare attenzione alla cosiddetta “qualitè de là loi” e, dunque, ad una lettura avulsa da una preliminare qualificazione formale della sanzione, ma attenta alla sua reale incidenza sulla sfera dei diritti e delle libertà del soggetto.


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