Dell’anatocismo e dei fiumi di parole

Dell’anatocismo e dei fiumi di parole

Abstract

L’articolo prende in esame l’attuale disciplina dell’anatocismo in una logica strettamente funzionale all’operatività del rapporto di conto corrente e dei connessi affidamenti. Si esaminano i più frequenti casi pratici di addebito degli interessi, in presenza o meno delle disponibilità necessarie per il loro pagamento. Si sostiene la legittimità del pagamento degli interessi in moneta scritturale.

Dell’anatocismo e dei fiumi di parole

Sull’anatocismo bancario vengono quotidianamente versati fiumi d’inchiostro.

Le disquisizioni giuridiche rischiano di offuscare il dato di fatto: il prestito del denaro (capitale) viene effettuato dietro corresponsione di un compenso (interesse) per l’esercizio professionale dell’attività bancaria che comporta l’assunzione dei rischi connessi alla mancata restituzione del finanziamento.

Capitale ed interessi vanno rimborsati entro un lasso di tempo ragionevolmente  funzionale agli obiettivi del finanziatore che risulterebbe altrimenti privato degli stimoli necessari per proseguire nell’attività d’impresa.

La tecnicalità con il quale viene effettuato il rimborso, operato con addebito in conto corrente, fornisce l’abbrivio per infinite polemiche sulla legittimità dei comportamenti scaturenti dal maturazione, dal conteggio e dalla liquidazione degli interessi.

La disciplina positiva dell’argomento è ripartita, alla data odierna, tra l’art. 120 del D.Lgs. 385/1993 (Testo Unico Bancario) e la Delibera 343 del 3 Agosto 2016 del Ministro dell’Economia e delle Finanze, in qualità di Presidente del Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio, con qualche ulteriore interferenza portata dalle discipline codicistiche in materia di interessi moratori.

La regola, nell’accezione pratica, è semplice: gli interessi dovuti dai clienti per gli affidamenti diversi dai mutui si pagano una sola volta l’anno, all’inizio del mese di marzo, altrimenti scatta la mora.

Non mancano polemiche sull’equilibro, sulla correttezza o sulla bontà delle disposizioni; rimane il fatto che ad esse ci si deve uniformare, accettando le connesse regole pattizie o valutando il ricorso ad altre forme, tecniche o canali di finanziamento.

Pure chi si approccia con (sconsolato) spirito pragmatico al momento del pagamento deve fare i conti con una serie di situazioni e connesse soluzioni di problematica intelligibilità.

Procediamo con ordine, valutando le situazioni nella prospettiva del comune buon padre di famiglia.

Ipotesi 1 – Disponibilità per il pagamento

Il cliente / debitore che ha utilizzato nel corso dell’anno (precedente) l’affidamento concesso ha sufficienti disponibilità economiche in conto. Il pagamento si realizza in automatico con il semplice addebito degli interessi, utilizzando le somme eventualmente giacenti sul conto od attingendo al perdurante affidamento.

Questa è la situazione “tipo” disegnata dal legislatore, ricorrente nella stragrande maggioranza dei casi e si basa sull’assunto incontestato che il pagamento in moneta scritturale (addebito in conto) è idoneo ad estinguere l’obbligazione da interessi, in presenza dei fondi necessari (margine disponibile).

Il buon padre di famiglia non ha nessun problema.

Ipotesi 2 – Sconfinamento

Il cliente / debitore ha utilizzato nel corso dell’anno (precedente) l’affidamento concesso, ma non ha sufficienti disponibilità economiche in conto. Il pagamento in questo caso non è automatico, ma si realizza con l’addebito degli interessi che fanno ulteriormente andare in rosso il conto (sconfinamento) previa valutazione del Funzionario della banca.

Entra in gioco la prospettiva del buon padre di famiglia che pone la domanda fondamentale: la banca si sta approfittando ?

Non ci dobbiamo dimenticare che il debito (da interessi) è scaduto all’inizio di marzo, quindi il buon padre di famiglia ha la consapevolezza di dover provvedere al pagamento. Ma non ha le disponibilità sul conto (e men che meno in contati).

Forse, inizia pensare il pater,  la soluzione prospettata dalla banca non è poi così malvagia, visto che il complessivo pagamento viene procrastinato ad un diverso momento mentre nell’immediato vengono addebitati, e quindi pagati, i soli interessi.

Occorre però fugare il dubbio che dietro la soluzione, pragmaticamente scontata, si celi l’approfittamento contra legem dell’azienda di credito.

Al fine intenditore di cose bancarie non potrà infatti sfuggire che dall’addebito degli interessi scaturisca una modifica del saldo negativo del conto, sul quale verranno conteggiati ulteriori interessi. Per l’appunto, con qualche piccola approssimazione, il famigerato anatocismo!

Ma il buon padre di famiglia, al quale peraltro continua a far comodo la piccola disponibilità concessa, è lesto a fare di conto: sa che ove non approfittasse dello sconfinamento accordato, dovrà pagare in moneta contante quantomeno gli interessi … ma se non paga, visto che il debito è scaduto, è possibile che gli vengano reclamati interessi di ritardato pagamento (c.d. mora) magari ad un tasso più alto dello sconfinamento.

Del resto, continua nei suoi intimi ragionamenti il buon pater che il caso vuole essere anche un piccolo imprenditore, se il mio cliente al quale ho fornito merce, non paga alle scadenze pattuite posso reclamare interessi di ritardato pagamento ? CERTO che si !

Mhhhh…. Confabula tra se e se sempre il buon padre di famiglia ….

Alla fine si convince che la soluzione proposta risolva effettivamente i suoi problemi e non sia quella iattura che capita di sentire, ma che anzi rappresenta una equa contemperazione dei diversi interessi.

Il giurista non ha alcun ragionevole motivo di confutare tale impressione, confortato dagli scritti sempre attuali del Prof. Ferro Luzzi che insegnano come nel conto corrente l’anatocismo “non c’è proprio a livello di fattispecie”.

Mancano cioè interessi produttivi di nuovi interessi, poiché l’interesse addebitato è stato pagato tramite il fido (anche di fatto). Il debito che persiste riguarda “la somma utilizzata”, numero che esprime momento per momento il saldo algebrico di tutte le operazioni regolate su quel c/c, siano esse rimesse in accredito o addebiti a qualunque titolo (mandati eseguiti dalla banca, spese e anche interessi addebitati).

Chi vuole continuare a proiettare le regole del 1283 codice civile sul conto corrente bancario erra da un punto di vista tecnico (nel senso della tecnica bancaria sopra spiegata) e prospettico (nel senso della specialità della disciplina del Testo Unico Bancario rispetto alle regole del diritto comune). L’anatocismo, come fenomeno bancario, è definitivamente tramontato.

Il risultato raggiunto con la norma speciale del 120 TUB disegna qualcosa di diverso, forse in grado di sollevare suggestioni e ricordi rispetto alla disciplina codicistica, ma intimamente e finalisticamente diverso.

Gli interessi si pagano; e si pagano con annotazione in conto !

Proprio a voler incrementare il fiume di parole della premessa, a voler cercare profili di censura rispetto all’attuale assetto normativo si dovrebbe pensare, al più, ad ipotesi di comportamenti volutamente artefatti degli istituti di credito che si risolvano a mantenere in vita rapporti di conto oramai costantemente bloccati “in dare” e senza ulteriori rimesse, al solo fine di (teoricamente) lucrare dalla capitalizzazione annuale degli interessi, in luogo del conteggio ad interesse semplice scaturente dalla chiusura del rapporto stesso.

Non è un caso che il problema si fondi proprio sulla disciplina degli interessi moratori rispetto ai quali la norma speciale del TUB opera un secco (e non ben comprensibile) rinvio al codice civile.

Ma, come detto, probabilmente ricadiamo nei fiumi di (dotte) parole, ma con molta poca sostanza.

Ipotesi 3 – Difetto dell’autorizzazione all’addebito.

Il cliente / debitore che ha utilizzato nel corso dell’anno (precedente) l’affidamento concesso non ha sufficienti disponibilità economiche in conto. Il cliente non consente alla banca di procedere all’addebito in conto degli interessi scaduti.

Questa è ovviamente una ipotesi nella quale si manifesta la crisi fiduciaria insita nella relazione banca cliente, ma può anche nascondere i primi sintomi di una patologia dell’affidamento concesso.

Ed infatti, a prescindere da eventuali motivazioni ideologiche e di principio, il rifiuto del pagamento di un debito normativamente riconosciuto come scaduto, peraltro incontestabile all’evidenza del comune buon senso, può celare un disagio più o meno grave a far regolarmente fronte all’adempimento delle proprie obbligazioni.

La situazione potrebbe pertanto sfociare, prima o poi, nella temuta revoca dei fidi e connessa chiusura del rapporto di conto.

Ma prima di arrivare a soluzioni definitive, che rappresentano comunque una sconfitta per entrambi gli attori del processo, si possono ipotizzare tutta una serie di iniziative volte ad assicurare il pagamento, sovente in percentuale minima, realizzato anche a prescindere dal concorso volontario del debitore.

Sono situazioni a vario titolo ascrivibili ai concetti della compensazione e della preventiva imputazione dei pagamenti, rispetto alle quali le residue disponibilità del cliente, pervenute o detenute presso l’intermediario, vengono utilizzate a decurtazione e pagamento del debito scaduto derivante dagli interessi.

Non sembrano disposizioni prive di logica ed equilibrio, se indagate con l’onesta concettuale del buon padre di famiglia che voglia far fronte agli impegni assunti utilizzando il patrimonio disponibile.

Non deve inoltre equivocarsi sul fatto che la mancata autorizzazione o la revoca della stessa rispetto all’addebito degli interessi possa comportare il venir meno della pretesa di pagamento, ma rappresenti, a ben vedere, solo la modifica operativa della modalità di esazione.

Indubbiamente queste situazioni possono però determinare tensioni di ordine relazionale e gestionale, ogniqualvolta le aspettative dei diversi interlocutori non convergano sul medesimo obiettivo.

Si pensi, a mero titolo di esempio, alla creazione di disponibilità tramite accrediti di bonifici pensata dal cliente per specifiche operazioni ma diversamente utilizzata dall’intermediario in virtù delle previgenti disposizioni contrattuali in tema di imputazione dei pagamenti o compensazione.

Sono queste le situazioni dalle quali sarà lecito attendersi il maggior numero di contestazioni e reclami, in considerazione della difficile individuazione di un punto di equilibrio rispetto alla legittima tutela dei contrapposti interessi.

Conclusioni (necessariamente temporanee).

La prospettiva di indagine del fenomeno anatocistico non può essere esclusivamente giuridica; si rischia di essere travolti dal fiume, veramente in piena, di parole e concetti che progressivamente perdono contatto con la realtà funzionale del conto corrente bancario e dell’affidamento su di esso regolato.

Le regole, necessarie, devono consentire a tutti gli interlocutori di operare in un regime di chiarezza e trasparenza dei rispettivi propositi. Ricevere un compenso per le attività di finanziamento prestate non può essere percepito e non deve essere veicolato come un disvalore … a meno di non voler ricadere in tradizioni giuridiche arcaiche o molto lontane dalla lex mercatoria del mondo occidentale. L’applicazione delle regole, d’altro canto, non può tradursi in comportamenti vessatori a danno del contraente debole al quale non vengono prospettate soluzioni alternative.

Questo non significa che non vi siano, oggi, basi giuridiche più che salde a regolamentare gli  istituti … ma si teme che la vis polemica che ha costantemente investito l’argomento per gli ultimi 20 anni possa non essere paga dei risultati faticosamente raggiunti.

Nel frattempo il sistema arranca dietro insostenibili costi di compliance che ben lontani dal riuscire a garantire tutele effettive finiscono con il drenare le ultime limitate risorse da impiegare a sostegno dell’economia reale o per l’ottimizzazione dei processi con l’obiettivo della riduzione dei costi dei servizi.

Non ho ben chiaro chi tragga effettivo beneficio da questa situazione.


Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
Listed in ROAD, con patrocinio UNESCO
Copyrights © 2015 - ISSN 2464-9775
Ufficio Redazione: redazione@salvisjuribus.it
Ufficio Risorse Umane: recruitment@salvisjuribus.it
Ufficio Commerciale: info@salvisjuribus.it
***
Metti una stella e seguici anche su Google News
The following two tabs change content below.

Gianluca Mazzarini

Capo area normativa della Federazione Marchigiana delle BCC con compiti di coordinamento delle funzioni Compliance, AML e Normativa finanziaria e diretta responsabilita' della Consulenza Legale e Societaria. Responsabile Ufficio Reclami. Formatore iscritto all'Albo Docenti di Accademia BCC. Componete del Collegio dei Probiviri di numerose BCC

Articoli inerenti

Il CMOR, corrispettivo di morosità: disciplina e funzionamento

Il CMOR, corrispettivo di morosità: disciplina e funzionamento

Il Corrispettivo CMOR è stato introdotto con delibera ARG/elt 191/09 dell’AEEG – Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas e il Sistema Idrico (ora...