Difendersi dalle cartelle esattoriali

Difendersi dalle cartelle esattoriali

Spesso accade che i cittadini in “regola” con gli adempimenti tributari, si vedano recapitare atti illegittimi e infondati. In questi casi, prima di contestare tali atti ritenuti illegittimi attraverso la presentazione di un ricorso al Giudice tributario è necessaria un’attenta valutazione per capire se occorre pagare o presentare un ricorso.

Preliminarmente è opportuno effettuare un controllo relativo ad una eventuale prescrizione, infatti, ogni tributo dovuto è assoggettato ad uno specifico termine di prescrizione entro il quale è necessario procedere con l’azione di riscossione. Se il suddetto termine, variabile a seconda dello specifico tributo, decorre senza che venga sollevata alcuna richiesta di pagamento, l’amministrazione finanziaria perderà il diritto ad esercitare tale azione e, conseguentemente, ci si vedrà liberati dal debito.

Vi è poi la possibilità che la cartella esattoriale notificata sia nulla per vizi di forma, ad esempio, può succedere che la cartella non riporti la relata di notifica o che questa sia errata o incompleta, oppure, che la cartella non riporti il computo analitico degli interessi maturati.

La nullità della cartella esattoriale può essere determinata anche da vizi di notifica, invero, le cartelle esattoriali devono essere notificate solo da determinati soggetti, ovverosia da pubblici ufficiali, quali gli ufficiali giudiziari, i messi comunali e i vigili urbani. Non ha nessun valore, ad esempio, la cartella ricevuta mediante raccomandata postale.

In difesa del contribuente è intervenuta anche la Corte Costituzionale che, con la sentenza n. 37/2015, ha statuito l’illegittimità delle nomine di molti dirigenti dell’Agenzia delle Entrate, in quanto reclutati anzichè tramite concorso mediante nomina provvisoria al fine di coprire dei posti vacanti.

Pertanto, di riflesso, le cartelle firmate da questi falsi dirigenti, di conseguenza, non hanno alcun valore giuridico e possono essere impugnate.

Nello stabilire l’opportunità di instaurare un contenzioso tributario, occorre comunque ponderare sia tempi che costi. Difatti, la proposizione di un ricorso comporta, nella maggior parte dei casi, costi aggiuntivi rappresentati dall’obbligo, per le controversie di valore superiore a 3.000 euro, di farsi assistere da un difensore e dal rischio, in caso di soccombenza, di essere condannato al pagamento delle spese.

Il decreto legislativo n. 156/2015 ha introdotto alcune importanti novità alla normativa sul contenzioso tributario.

Precisamente, dal 1° gennaio 2016 per tutte le controversie di valore non superiore a 20.000 euro il ricorso produce anche gli effetti del reclamo e può contenere anche una dettagliata proposta di mediazione, cioè di rideterminazione degli importi dovuti.

Tra le maggiori novità contenute nel decreto citiamo: l’aumento a 3.000 euro del valore della controversia che consente al contribuente di stare in giudizio senza assistenza tecnica; l’estensione dell’istituto del reclamo e della mediazione a tutte le controversie di valore non superiore a 20.000 euro, dunque, l’istituto non riguarderà più soltanto le liti derivanti da atti emessi dall’Agenzia delle Entrate; l’introduzione della conciliazione giudiziale anche dopo il primo grado; la possibilità di conciliare anche le controversie per le quali è obbligatoria la procedura del reclamo e della mediazione; l’esecutività delle sentenze favorevoli al contribuente; l’introduzione del cosiddetto ricorso “per saltum”, cioè la possibilità di impugnare una sentenza emessa da una Commissione Tributaria Provinciale, previo accordo delle parti in giudizio, proponendo ricorso direttamente in Cassazione.

Il processo tributario si instaura con la proposizione di un ricorso alla competente Commissione Tributaria Provinciale. Tale ricorso deve essere notificato all’Ente che ha emanato l’atto impugnato entro 60 giorni dalla data in cui il contribuente ha ricevuto il medesimo atto.

Nel computo dei termini per proporre ricorso vi è da considerare la sospensione feriale compresa dal 1° al 31 agosto.

Successivamente, entro 30 giorni dalla notifica del ricorso, il contribuente deve costituirsi in giudizio, vale a dire deve depositare o trasmettere alla Commissione Tributaria l’originale del ricorso notificato o copia del ricorso consegnato o spedito per posta, con fotocopia della ricevuta di deposito o della spedizione per raccomandata.

Per le controversie che rientrano nel campo di applicazione della mediazione tributaria, qualora questa non sia stata conclusa, tale termine inizia a decorrere trascorsi 90 giorni dalla notifica del ricorso all’ente impositore.

La presentazione del ricorso non sospende gli effetti giuridici dell’atto impugnato, tuttavia, il contribuente può chiedere la sospensione attraverso un’apposita istanza se ritiene che dal medesimo atto gli possa derivare un danno grave ed irreparabile, la richiesta può anche essere contenuta direttamente nel ricorso.

Con l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 156/2015, la sospensione dell’atto impugnato può essere invocata anche nei gradi successivi al primo.

Tale decreto legislativo ha introdotto la possibilità di chiedere la sospensione degli effetti della sentenza sia di primo grado sia di appello qualora sussistano “gravi e fondati motivi” e per evitare che si verifichi un danno grave e irreparabile.

La fase relativa alla trattazione della controversia tributaria avviene in camera di consiglio senza la presenza delle parti. Comunque, se una delle parti vuole che il ricorso sia discusso in udienza pubblica, deve farne richiesta alla Commissione con istanza da depositare in segreteria e da notificare alle altre parti costituite.

Il termine per impugnare la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale è di 60 giorni e decorre dalla notifica effettuata da una delle parti.

Nel caso in cui la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale non è stata notificata, il termine per proporre appello è di sei mesi dalla data di pubblicazione della sentenza.

Le sentenze delle Commissioni Tributarie di secondo grado possono essere impugnate con ricorso per Cassazione solo per motivi attinenti alla giurisdizione; per violazione delle norme sulla competenza, quando non è prescritto il regolamento di competenza; per violazione o falsa applicazione di norme di diritto; per nullità della sentenza o del procedimento; per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

In più, come già detto, dal 1° gennaio 2016, quando vi è un accordo delle parti in giudizio e se il ricorso riguarda una questione di diritto è possibile adire la Suprema Corte di Cassazione anche contro le sentenze delle Commissioni Tributarie Provinciali. Siffatto ricorso, cosiddetto “per saltum”, permette di saltare il giudizio d’appello.


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