Difesa legittima domiciliare: il pianerottolo è appartenenza dell’abitazione

Difesa legittima domiciliare: il pianerottolo è appartenenza dell’abitazione

In tema di legittima difesa domiciliare, rientra nella nozione di appartenenza alla privata dimora anche la soglia dell’abitazione con la conseguenza che, sussistendo gli altri requisiti della necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, la proporzionalità tra offesa e difesa è presunta.

Questa la massima estrapolata dalla Sent. n. 8090/2017, depositata lo scorso 21 febbraio, con cui la Suprema Corte sancisce il principio in parola, allargando l’ambito di applicabilità della privata dimora anche alla soglia della propria abitazione, sottraendo al vaglio del giudice la possibilità di valutare il quantum della scriminante della difesa legittima.

La vicenda prende le mosse da una lite scoppiata tra un uomo, la sua ex compagna e i genitori della stessa, presso la casa di famiglia di lei, lite sfociata nell’uccisione dello stesso che, entrato nel palazzo ove abitavano la compagna e i suoi genitori, li minacciava verbalmente e mediante l’utilizzo di un ombrello tentando di aggredirli ripetutamente.

L’acceso litigio terminava tragicamente con la morte dell’aggressore, freddato con un colpo di pistola esploso sull’uscio di casa da parte del padre della ragazza, condannato per omicidio volontario dalla Corte di Assise di Appello di Roma che, in riforma di quella della Corte di assise di Frosinone, riduceva la pena ad anni dieci di reclusione, confermando nel resto la sentenza impugnata.

Da un punto di vista prettamente sostanziale, si ricorda come le scriminanti sottostiano ad una duplice disciplina: una generale (ex artt. 59, co. I o IV e 55 c.p.), applicabile quindi ad ogni fattispecie, ed una speciale (ex artt. 50-54 c.p.).

Nella specie, con riferimento alla difesa legittima di cui all’art. 52 c.p. è necessario che per la sua sussistenza siano rispettati i requisiti specifici previsti dal medesimo articolo, quali l’oggetto dell’attacco (un diritto), la minaccia ingiusta (al diritto attaccato), il pericolo attuale e, di riflesso, la reazione necessaria e proporzionata all’offesa, valutata quale extrema ratio.

Stanti tutti i requisiti necessari al configurarsi della difesa legittima, la misura della stessa, ci è quindi data dalla disciplina generale de qua. Dunque, affinché sussista l’an  della scriminante, la situazione di fatto deve essere vera (art. 59, co. I c.p.) o verosimile (art. 59, co. IV c.p.) e affinché si possa determinare il quantum ci si deve parametrare all’art. 55 c.p. (al fine di non sconfinare nell’eccesso colposo ivi disciplinato).

Come detto, con la sentenza in commento la Corte di Cassazione estende il concetto di privata dimora anche alle pertinenze dell’abitazione e nello specifico al pianerottolo condominiale, di tal che il giudizio sul quantum e quindi sulla proporzionalità della difesa rispetto all’offesa non va formulato poiché già previsto ex lege con  il co. II dell’art. 52 c.p.

La I Sezione Penale, infatti, ha ritenuto che anche gli spazi condominiali rientrino nelle appartenenze dell’abitazione, ai sensi dell’art. 614, co. I, c.p.

Riprendendo, infatti, orientamenti risalenti, in tema di violazione di domicilio, ha potuto affermare come specificamente rientri nella nozione di appartenenza di privata dimora, il pianerottolo condominiale antistante la porta di un’abitazione (cfr. Cass. Pen., Sez. V, Sent. n. 12751/1998; Sez. II, Sent. n. 6962/1987; Sez. V, n. 1067/1981).

La Suprema Corte, esaminati i fatti e stante il principio in parola non ha potuto far altro che annullare la sentenza impugnata.

La stessa, inoltre, bacchetta la Corte di merito ritenendo che non potesse “non chiedersi se la violenza esercitata prima con le testate verso l’imputato e poi agitando l’ombrello con il puntale metallico verso di lui e la moglie, avessero fatto ritenere (erroneamente o meno) all’imputato che sussistesse un effettivo pericolo per l’incolumità sua, del coniuge o delle figlie, tanto da essere costretto a difendere da un pericolo attuale” invece, evidentemente, di chiudersi in casa o chiamare le forze dell’ordine; ciò starebbe a significare, neanche troppo velatamente come, non potendo essere valutata la sussistenza del quantum (esclusa come detto dal Legislatore), è necessaria una valutazione a monte, mancante nei primi due giudizi, sull’an della difesa legittima.
La S.C. conclude, infatti, sottolineando che “anche questa valutazione è stata omessa dalla Corte territoriale e dovrà essere effettuata dal giudice del rinvio, la cui decisione sarà supportata da adeguata motivazione”.

La Corte di Cassazione ha, infatti, cassato la sentenza con rinvio ad altra sezione della Corte di Assise di Appello di Roma al fine di rivalutare la questione alla luce del principio di diritto enunciato.


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