Divieto di patto commissorio e profili di liceità del “sale and lease back”

Divieto di patto commissorio e profili di liceità del “sale and lease back”

Al fine di individuare i confini entro cui considerare lecita l’operazione di sale and lease back è opportuno procedere preliminarmente all’analisi del divieto di patto commissorio previsto e disciplinato nel nostro ordinamento all’art. 2744 del codice civile.

La disposizione di cui all’art. 2744 del c.c., infatti, sanziona con la nullità tutti quei patti con i quali debitore e creditore convengono che, in mancanza di pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà del bene costituito in garanzia si trasferisca al secondo.

In relazione alla ratio fondante tale istituto, le più moderne tendenze dottrinali e giurisprudenziali hanno elaborato la cosiddetta tesi eclettica, che, coniugando le tesi sviluppatesi nel tempo, ravvisa la ratio del patto commissorio oltre che nell’esigenza di tutela della par condicio creditorum, lesa dalla soddisfazione del creditore al di fuori delle clausole legittime di prelazione, anche nell’esigenza di tutelare la parte debole del rapporto obbligatorio;  in mancanza di tale divieto, infatti, il debitore risulterebbe esposto al rischio che il creditore approfitti delle necessità economiche dello stesso per imporre condizioni potenzialmente usurarie, rendendo di fatto leciti accordi abusivi costituenti garanzie atipiche vietate dalla legge.

Nonostante l’eterogeneità delle tesi, in esse è comune l’esigenza di un ampliamento dell’area operativa del divieto.

Qualora si facesse esclusivamente riferimento al tenore letterale della norma, ne deriverebbe l’applicazione del divieto esclusivamente al cosiddetto patto commissorio accessorio, costitutivo di una garanzia reale tipica su un determinato bene;  tuttavia, in forza di un’operazione ermeneutica di tipo funzionale- sostanziale, si ritiene che tale divieto sanzioni qualsiasi negozio che realizzi finalità vietate dalla legge, prescindendo dalla forma impiegata.

In tal senso, gli interpreti riconducono la noma di cui all’art. 2744 c.c. alla categoria di “norma materiale”, finalizzata ad un risultato economico che prescinde dallo strumento giuridico effettivamente utilizzato dalle parti. Ne discende l’estensione della nullità di cui all’art. 2744 c.c. sia al cosiddetto patto commissorio “autonomo”, in cui il bene oggetto di accordo non è vincolato da garanzia reale o personale, che alle figure di patto commissorio reale, obbligatorio ed immediatamente traslativo.[1]

Di converso, è da ritenere che non possa ricomprendersi nell’ambito di applicazione del divieto la figura del pegno irregolare; in esso, infatti, non risulta contemplato il rischio per il debitore di perdere un bene di valore sproporzionato rispetto al credito.

Allo stesso modo, giurisprudenza [2] e parte della dottrina, facendo leva sulla coazione psicologica del debitore, hanno escluso che gli atti di disposizione del debitore indotti da una libera scelta e scevri da qualsivoglia forma di coazione della controparte possano essere ricondotti ad un patto commissorio; tale tesi muove dall’esame della norma di cui all’art. 1197 c.c. che disciplina e considera pienamente lecita la prestazione in luogo dell’adempimento (datio in solutum )

Altri autori, inoltre, partendo dall’analisi della disciplina del patto di riscatto di cui all’art. 1500  e s.s. del codice civile, distinguono la vendita che si caratterizza per la presenza di una causa di scambio, dal patto commissorio vietato dalla legge che, invece, presenta una funzione di garanzia.

Ciò posto, prima di indagare i profili di liceità del sale and lease back, occorre brevemente esaminare la figura della vendita a scopo di garanzia che risulta strumentale  ai fini dell’esame della particolare operazione negoziale oggetto di esame.

La vendita a scopo di garanzia, infatti, si configura ogniqualvolta il trasferimento di un diritto sia effettuato a garanzia di un credito, ovvero al fine di assicurare al creditore l’acquisto definitivo del bene nel caso in cui l’obbligazione rimanga inadempiuta. Pertanto, il perseguimento dello scopo di garanzia è attuato mediante il ricorso allo schema tipico della vendita rimodulato sulla base dello scopo concreto perseguito dalle parti.

Nella prassi tale figura negoziale si è prestata a molteplici adattamenti, assumendo, talvolta, la forma di negozio di alienazione sottoposto alla condizione sospensiva dell’inadempimento, talaltra di accordo con effetti obbligatori in cui il debitore si impegna a trasferire il bene nel caso in cui l’obbligazione oggetto di garanzia rimanga inadempiuta.

In tal senso, si ritiene che tale operazione negoziale integri un patto commissorio vietato e sanzionato con la nullità ai sensi dell’ art. 2744 c.c.

A tal proposito, dottrina e giurisprudenza si sono interrogate circa la riconducibilità del sale and lease back all’interno della vendita a scopo di garanzia unanimemente considerata abusiva ed integrante un patto commissorio in quanto presenterebbe taluni elementi che, sul piano funzionale, lo accosterebbero alla suddetta figura.

Pertanto, in prima battuta, è opportuno esaminare la particolare figura negoziale del lease back al fine di individuarne i profili rivelatori della sua liceità e gli indicatori che, al contrario,  lo renderebbero abusivo.

In particolare, il lease back rappresenta un’operazione negoziale complessa consistente in un accordo con il quale un soggetto, detto venditore-utilizzatore, procede alla vendita di un proprio bene ad una società di leasing che, a sua volta, lo concede in locazione al primo soggetto.

Ancora oggi tale operazione negoziale risulta legalmente atipica e frutto di svariate elaborazioni dottrinali e giurisprudenziali, ciononostante sono presenti all’interno del nostro sistema legislativo alcuni riferimenti.[3]

Pertanto, in forza di tale figura negoziale, avente carattere bilaterale, l’imprenditore ottiene liquidità grazie alla vendita dell’immobile mantenendo la disponibilità del bene; l’imprenditore, infatti, potrà usufruirne, corrispondendone i canoni alla società concedente durante il leasing e, una volta soddisfatto il pagamento dei canoni, riottenerne la proprietà.

Da ciò si desume il motivo per il quale tale operazione negoziale abbia registrato notevole diffusione nelle pratiche commerciali, risultando particolarmente confacente alle esigenze di finanziamento delle imprese.

Il sale and lease back, infatti, soddisfa l’esigenza del venditore – utilizzatore di ottenere con immediatezza liquidità mediante alienazione di un proprio bene, mantenendone l’uso con facoltà di riacquistarne la proprietà al termine del rapporto.

Tale figura costituisce, una delle prime applicazioni giurisprudenziali [4] del concetto di causa concreta avente funzione economico-individuale che, sostituendosi alla concezione di causa concreta con funzione economico- sociale,  si fonda sullo scopo concreto perseguito dalle parti al di là del modello tipizzato dalla legge.

Pertanto, in relazione all’impostazione ermeneutica che prospettava la sua riconducibilità ad una vendita a scopo di garanzia ed, in generale, ad un patto posto in frode alla legge,  si è obiettato che la vendita fatta alla società di leasing deve essere esaminata, oltre che dal punto di vista funzionale, anche quale operazione complessa autonomamente considerata in quanto derivante da un’esigenza che risulta tipica all’interno del normale svolgimento dell’attività di impresa.

Da ciò ne discende che la vendita fatta alla società di leasing non persegue necessariamente uno scopo di garanzia, ma rappresenta il necessario presupposto per la concessione del bene in leasing, in tal senso, il sale and lease back è stato definito non alla stregua di una vendita a scopo di garanzia, bensì allo scopo di leasing.

Nonostante i tentativi di delineare i confini entro cui ritenere lecite le operazioni di sale and lease back, nella prassi, tale forma negoziale si è comunque prestata ad un uso abusivo. Si pensi, ad esempio, al caso in cui il debitore, a scopo di garanzia, trasferisca la proprietà di un proprio bene riservandosi la possibilità di ottenere indietro tale bene senza prevedere, nel caso di inadempimento, di recuperare l’eventuale eccedenza rispetto al credito dovuto.

Pertanto, al fine di attribuire liceità all’operazione negoziale in esame si è ritenuto di dover valutare l’accordo in modo da verificare se esso possa integrare un patto marciano che, a detta di molti, renderebbe valida l’operazione negoziale in quanto farebbe venir meno il rischio che il creditore si appropri di un bene di valore superiore all’ammontare del debito.

Seppure il patto marciano non trovi compiuta disciplina nel nostro ordinamento, recentemente tale figura ha trovato riconoscimento in alcune norme settoriali, si pensi al d.lgs. n. 12 del 2016 in materia di finanziamento bancario ai consumatori ed alla legge n. 119 del 2016 in tema di finanziamento alle imprese.

In ottica sistematica alcuni autori hanno ritenuto che si possa far discendere da tali norme settoriali  un implicito riconoscimento della validità del patto marciano, evidenziando anche il favore dimostrato nel corso degli anni verso forme di “autotutela convenzionale esecutiva” purchè non comporti ingiusto arricchimento per il creditore. Anche tale impostazione non è andata esente da critiche; si è, infatti, ritenuto che la presenza di norme settoriali che riconoscano validità al patto marciano non comporti il riconoscimento automatico da parte dell’ordinamento di una generica validità dello stesso.

In tema di liceità del sale and lease back, nel tempo la giurisprudenza ha, inoltre, effettuato una sorta di “codificazione” di taluni  indici che rileverebbero la presenza di operazioni negoziali aventi finalità fraudolente e che renderebbero illecito tale negozio; essi, nella prassi, vengono disitnti in indici di natura soggettiva ed oggettiva [5].

Di recente si è registrato un ulteriore intervento della Corte di Cassazione che ha cercato di definire profili di liceità del lease back [6] .

La Corte ha, infatti, cassato con rinvio la sentenza impugnata ed accolto le deduzioni della società di leasing ricorrente che, in primo grado, proponendo opposizione allo stato passivo del fallimento della società sua debitrice, sosteneva la presenza all’interno del contratto di leasing di una clausola marciana che avrebbe assicurato la liceità del contratto di lease back .

Nella sentenza in commento la Corte ha precisato che la liceità del sale and lease back è subordinata alla necessità che il creditore restituisca l’eventuale eccedenza di valore del bene rispetto al credito garantito nel caso di inadempimento. E ciò sulla base di una stima da effettuare dopo la scadenza del debito.

In altro punto della sentenza, infatti, si statuisce che la tutela marciana “supera i profili di possibile illiceità del lease back in quanto al termine del rapporto prevede la stima del bene oggetto di garanzia come presupposto del consolidarsi dell’effetto traslativo iniziale.”(Cass. 1625/15)

Pertanto, in forza di tale impostazione, si esclude la sussistenza di un abuso del creditore a danno del debitore in ragione della presenza di una clausola marciana che preveda un procedimento di stima del bene.

Pertanto, tale procedimento deve avvenire in tempi certi e con modalità definite, al fine di garantire una valutazione imparziale da attuare sulla base di parametri oggettivi automatici, con la possibilità che venga demandata a soggetti terzi ed indipendenti che, sulla base di tali parametri, determinino l’ammontare del quantum dovuto quale differenza da erogare al debitore all’esito del procedimento di stima del bene.

A tal proposito, si è obiettato che i criteri di stima automatici non soddisfano l’esigenza di addivenire alla determinazione del valore attuale in quanto fortemente variabile e strettamente connesso  alle condizioni di mercato, da ciò consegue la necessità di effettuare una stima ad hoc.

A tal fine, nella prassi, si è spesso adoperato lo strumento di cui all’art. 2798 c.c. che, in tema di escussione del pegno di beni mobili, consente al creditore “di domandare al giudice che la cosa  gli venga assegnata in pagamento fino a concorrenza del debito, secondo la stima da farsi con perizia o secondo il prezzo corrente se la cosa ha un prezzo di mercato.”

Ciò ha condotto alla possibilità di affidare al giudice la determinazione del prezzo del bene qualora quest’ultimo risulti facilmente individuabile.

Inoltre, in relazione al momento in cui debba avvenire la stima, si ritiene che essa venga effettuata al tempo dell’attuazione coattiva delle pretesa creditoria [7], ossia alla scadenza del debito; al contrario, la determinazione del valore del bene in un momento anteriore all’inadempimento dell’obbligazione garantita comporterebbe una lesione degli interessi delle parti e la riconducibilità dell’accordo ad un patto commissorio vietato ex art. 2744 c.c.

In conclusione, la Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, ha ritenuto che, nel caso oggetto di giudizio, la clausola marciana contemplata nell’accordo, per i motivi esposti, rendesse pienamente valida l’operazione negoziale di lease back.


[1] A. Luminoso, Riv. Dir. Civ. 2017,1, 10.

[2] Tra tutte, Corte di Cassazione sentenza n. 893/ 1999

[3]art. 17 comma 2 legge 183 del 1976 ; art. 72 quater della legge fallimentare.

[4] Corte di Cass.10490/2006 ; Corte di Cass. 9006/2015.

[5] Per quanto concerne i criteri aventi natura soggettiva, si pensi, ad esempio, all’esistenza di una situazione di debito-credito tra la società finanziaria e l’impresa utilizzatrice, alle difficoltà economiche in cui versa l’impresa utilizzatrice, o ancora, alla sproporzione tra il valore del bene trasferito ed il corrispettivo versato dall’acquirente; invece, per quanto concerne quelli di natura oggettiva, si pensi alle clausole che attribuiscono alla società di leasing la facoltà di trattenere parte del prezzo della vendita spettante al venditore, ovvero alle clausole attributive della disponibilità materiale del bene alla società concedente o che prevedano un corrispettivo molto più basso rispetto al valore di mercato.

[6] Corte di Cassazione, sentenza n. 1625 /2015

[7]  A.A. Dolmetta, “lease back e patto commissorio”


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