Donazione di quota indivisa: nullità o donazione obbligatoria?

Donazione di quota indivisa: nullità o donazione obbligatoria?

Cassazione Civile, Sez. Unite, 15.03.2016 n. 5068: “La donazione di bene altrui, benché non espressamente vietata, deve ritenersi nulla per mancanza di causa, a meno che, essendo a conoscenza del relativo difetto di legittimazione, il donante abbia formalmente assunto l’obbligo di procurare al donatario l’acquisto del donatum. Ne consegue che la donazione, da parte del coerede, della quota di un bene indiviso compreso in una massa ereditaria è nulla, non potendosi, prima della divisione, ritenere che il singolo bene faccia parte del patrimonio del coerede donante”.

1.Svolgimento del processo

Nella situazione di fatto, un soggetto donava al proprio nipote ex fratre la quota indivisa dei 5/12 della nuda proprietà di un immobile, facente parte di una più ampia comunione, pervenutagli per i 4/12 per atto tra vivi e per 1/12 per successione legittima.

Alla morte del donante, una delle sue eredi legittime chiedeva al Tribunale di Reggio Calabria che fosse dichiarata la nullità di detta donazione per l’inesistenza dei beni nel patrimonio del donante, soluzione accolta dal medesimo Tribunale.

La Corte d’Appello confermava la sentenza di primo grado, “potendo costituire oggetto di donazione solo ed esclusivamente i beni facenti parte del patrimonio del donante al momento in cui veniva compiuto l’atto di liberalità”.

Successivamente veniva proposto ricorso per Cassazione, richiedendosi alla Suprema Corte se il divieto di donazione di cose future ex art. 771 cod. civ. possa essere esteso anche ai beni altrui. La Seconda Sezione Civile, ritenendo la questione di particolare importanza, rimetteva la questione al Primo Presidente ai fini dell’assegnazione alle Sezioni Unite.

2.Oggetto della decisione

Dall’indagine di fatto, il caso in oggetto riguarda la donazione della quota di un bene facente parte di una più ampia comunione.

Prima di passare all’esame della sentenza, può essere significativo distinguere dal thema decidendum altre ipotesi simili, anch’esse oggetto di pronunce giurisprudenziali, che tuttavia vanno tenute ben distinte dal caso in esame.

Innanzitutto, non è soggetta a possibile declaratoria di invalidità la donazione della quota di un cespite non facente parte di una più ampia comunione. In tale ipotesi non vi è alcuna possibilità di considerare il donante possibile assegnatario, in sede di divisione, di un bene diverso rispetto a quanto oggetto della donazione; in questo caso, pertanto, non valgono le considerazioni in materia di donazione di cosa altrui, ma il condividente potrà pienamente disporre di una cosa propria1.

Inoltre, fattispecie ben distinta è anche la c.d. “alienazione di esito divisionale”, in cui il trasferimento è sottoposto alla condizione sospensiva dell’assegnazione del bene in sede di divisione. In questo caso il trasferimento “produce sempre e solamente effetti obbligatori, in quanto la sua efficacia rimane subordinata all’assegnazione in sede di divisione di quel bene”2. E’ interessante notare come in alcuni casi la giurisprudenza abbia in passato ricondotto a questo schema anche fattispecie – analoghe al caso in esame – in cui non si faceva alcun cenno alla sospensione degli effetti del contratto, parlando, per salvaguardare la validità del contratto stesso, di condizione sospensiva “implicita”3.

È invece fuor di dubbio che la diversa ipotesi di cessione di quota di eredità costituisca ipotesi distinta, poiché oggetto del contratto è un’universitas distinta dai singoli beni che la compongono; saranno pertanto applicabili le disposizioni di cui agli artt. 1542 e ss. cod. civ.

3. Panorama interpretativo anteriore alla sentenza

Anteriormente alla pronuncia a SS.UU. n. 5068/2016 l’orientamento largamente prevalente, cui aderiscono anche le sentenze di merito relative al procedimento in oggetto, propendeva per equiparare la “futurità oggettiva”, concernente il divieto di cui all’art. 771 cod. civ., alla “futurità soggettiva”, derivante dall’altruità della cosa donata. In entrambi i casi, infatti, veniva ravvisata identità di ratio nella necessità di porre un freno alla prodigalità del donante, in modo da impedirgli di spogliarsi gratuitamente di beni non ancora entrati a far parte del suo patrimonio di cui non possa stimare immediatamente il valore4.

Secondo una diversa impostazione, invece, il divieto di donazione di cose future non potrebbe valere per le cose altrui, poiché il disposto dell’art. 771 cod. civ. andrebbe limitato alle sole cose non esistenti in rerum natura. Il disponente, infatti, potrebbe ben conoscere il valore una cosa che non gli appartiene e stimarne l’opportunità di donarla, senza che occorra a priori un freno normativo ad un’eventuale prodigalità.

In aggiunta, peraltro, si sosteneva che in materia di compravendita il codice del ’42 terrebbe ben distinto il trattamento delle cose future (art. 1472) dalle cose altrui (art. 1478), e pertanto non vi sarebbe alcuna di necessità di equiparare il relativo regime giuridico nell’ambito delle donazioni. La donazione di cosa altrui, secondo tale interpretazione, avrebbe sostegno normativo nel combinato disposto degli art. 769 cod. civ., con riferimento all’assunzione di obbligazioni, e 797 cod. civ., laddove disciplina le ipotesi garanzia per evizione (che nella compravendita risultano dall’art. 1479 cod. civ.)5.

Secondo la teoria più permissiva, invece, ogni atto di disposizione con effetti reali immediati di una quota di un cespite facente parte di una più ampia comunione dovrebbe considerarsi perfettamente valido, poiché il condividente è titolare sia di un diritto immediato sull’intera quota di comunione, sia sulla quota dei singoli beni che la compongono6.

4. Argomentazioni delle ss.uu. e portata applicativa della sentenza

Al fine di risolvere la questione di particolare importanza e il contrasto giurisprudenziale creatosi in materia, le SS.UU. della Suprema Corte hanno accolto una soluzione intermedia tra le due teorie prevalenti anteriormente alla pronuncia, respingendo in toto solo l’ultima delle teorie sopra esposte, secondo cui è valida la donazione con effetti reali immediati della quota di un cespite facente parte di una più ampia comunione.

Partendo infatti dall’assunto che il caso di specie integra una donazione a tutti gli effetti di cosa (totalmente e non solo parzialmente) altrui – poiché l’assegnazione al condividente-donante è solo eventuale – la sentenza, pur pronunciandosi per la nullità della donazione oggetto del caso concreto, non accoglie le argomentazioni sulla possibile identità di ratio con il divieto di donazione di cose future ex art. 771 cod. civ.

La ragione della nullità, infatti, viene ravvisata nella mancanza di causa di siffatto contratto di donazione, dal momento che, non facendosi alcun riferimento all’altruità della cosa e verificandosi l’impossibilità di produrre un effetto reale immediato, il negozio, pur essendovi l’animus donandi, difetta della funzione economico-sociale di arricchimento del donatario, testualmente previsto dall’art. 769 cod. civ7.

Continuando nella motivazione, poi, la decisione, riportando la questione nell’ambito causale della donazione, fa salva la diversa ipotesi in cui nel contratto di donazione le parti intendano invece prevedere l’assunzione di un’obbligazione, anch’essa prevista dall’art. 769 cod. civ.; emerge chiaramente, tuttavia, come le SS.UU. richiedano che l’altruità della cosa debba espressamente emergere dal contratto a pena di nullità, a differenza di quanto sostenuto in passato da Cass. n. 1596 del 2001, in cui si parlava di mera inefficacia dello stesso fino al momento traslativo.

In definitiva, la pronuncia della Cassazione accoglie un indirizzo meno restrittivo rispetto a quello prevalente in passato, individuando ipotesi in cui la donazione di cosa altrui è valida e produttiva di effetti obbligatori; non deve pertanto ingannare la pronuncia di nullità relativa al singolo caso concreto.

5. Risvolti pratici dell’attuazione della donazione di cosa altrui

Precisati nel dettaglio i profili patologici della donazione di cosa altrui, la Suprema Corte si limita ad affermare in diversi passaggi come la versione “fisiologica” del contratto discenda dall’assunzione di un’obbligazione di “dare” o di “procurare l’acquisto” al donatario.

La sentenza, però, non chiarisce in alcun modo quale strumento giuridico sia idoneo allo scopo, tralasciando, peraltro, di sottolineare come i due tipi di obbligazioni richiamate abbiano tra loro un contenuto incontestabilmente diverso8.

Quanto alle obbligazioni di dare, infatti, il codice civile è costante nel riferirlo a situazioni in cui l’effetto reale si è già realizzato e il trasferente deve solo procedere all’immissione dell’avente diritto nel possesso di quanto ceduto. Si può pertanto ragionevolmente presumere che la Corte abbia utilizzato tale riferimento in senso atecnico, al solo fine di sottolineare come la donazione di cosa altrui sia valida solo attraverso l’assunzione di un’obbligazione.

Diverso discorso, invece, merita l’obbligazione di “procurare l’acquisto” al donatario, poiché la questione può prestarsi a diverse interpretazioni.

Aderendo ad un’impostazione restrittiva e largamente prudenziale, la donazione di cosa altrui dovrebbe consistere in un contratto ad effetti meramente obbligatori, all’interno del quale il donante si impegna a trasferire la quota del bene con un successivo atto, naturalmente posteriore all’assegnazione in sede di divisione.

Al riguardo un primo metodo può essere individuato nel contratto preliminare di donazione, avente ad oggetto l’obbligo di concludere una successiva donazione con effetti reali immediati successivamente alla divisione9. E’ interessante notare tuttavia come, sebbene una simile convenzione rispetti il dettato della sentenza in oggetto, il contratto preliminare di donazione non venga di fatto mai menzionato dalle SS.UU. ed addirittura è, nel panorama giurisprudenziale attuale, considerato dalla Cassazione come lesivo della spontaneità della donazione e, quindi, nullo per contrarietà alla causa donativa10.

Utilizzando un’altra modalità, invece, la donazione potrebbe consistere nell’assunzione dell’obbligo di trasferire il bene – in seguito all’assegnazione – non attraverso un contratto definitivo di donazione, ma con un mero atto unilaterale di adempimento dell’obbligo, cioè il c.d. “pagamento traslativo”. Sebbene concettualmente anche questo istituto possa essere ritenuto coerente con le motivazioni della sentenza in oggetto, non ci si può esimere dall’osservare come tale figura sia a sua volta largamente discussa tra gli interpreti e di incerta applicazione; è infatti ritenuto da un’opinione un negozio unilaterale atipico di adempimento con causa esterna11, da un’altra nullo per mancanza di causa12, da un’altra riqualificato come diverso contratto13.

Alla luce delle incertezze generate da tali soluzioni, è forse preferibile ritenere che la S.C. abbia inteso l’obbligazione di “procurare l’acquisto” in senso tecnico, e non a caso abbia utilizzato la terminologia di cui all’art. 1478 cod. civ., relativo alla vendita di cosa altrui. In altre parole, aderendo a questa impostazione la donazione di cosa altrui avrebbe non solo un effetto obbligatorio, coerente con l’art. 769 cod. civ., ma anche un effetto reale differito decorrente dal momento in cui il condividente-donante diventa titolare di quanto assegnatogli in sede di divisione14.

Tale soluzione ha il pregio di far riferimento ad un effetto acquisitivo tipico, specifico per i beni altrui, indipendente dalla causa gratuita od onerosa del contratto, nonché perfettamente coerente con l’insegnamento delle SS.UU., che circoscrivono la nullità alla sola ipotesi di effetti reali immediati della donazione di cosa altrui; inoltre, l’opinione contraria15 è ancora legata ad argomentazioni superate dalla sentenza, come ad esempio l’inammissibilità dell’assunzione di obbligazioni di fare in sede di donazione.

6. Soluzioni pratiche per realizzare un effetto reale immediato

Ormai appurato che il condividente non possa disporre autonomamente della quota di un singolo bene appartenente ad una più ampia comunione con effetto immediato, occorre chiedersi se esistano altri strumenti giuridici che ne consentano con altre modalità la realizzazione.

E’ pacifico che la massa comune possa subire modificazioni soggettive od oggettive solo con l’intervento di tutti i condividenti16.

Non è quindi in discussione che gli stessi congiuntamente possano donare una quota di un singolo bene con effetto reale immediato. Tuttavia questa soluzione comporterebbe che la qualità di donante sia rivestita da ciascun condividente, con tutte le conseguenze che ne derivano in materia di collazione, riduzione e restituzione delle donazioni; non è pertanto sufficientemente soddisfacente.

E’ pertanto opportuno che i condividenti non interessati alla donazione non acquistino la qualità di donanti, ma prestino unicamente il proprio consenso alla modifica della massa comune, con la conseguenza che il donatario potrà anche in questo caso ottenere da subito la titolarità della quota sul singolo bene. In tale occasione non è tuttavia chiaro a che titolo venga modificata la massa; secondo una prima opinione si realizza una divisione soggettivamente ed oggettivamente parziale, in base a cui la comunione originaria continuerà a gravare sugli altri beni, mentre una nuova comunione si instaurerà tra il donatario e gli altri condividenti originari sul bene oggetto di donazione17.

È forse preferibile ritenere che l’intervento degli altri condividenti abbia la causa della c.d. “assegnazione in conto futura divisione”, in base a cui i condividenti attribuiscono ad uno di essi un singolo bene con effetto immediato, e precisamente la quota del singolo bene che viene contestualmente donata, e – successivamente il condividente-donante otterrà in sede di divisione un’assegnazione proporzionalmente inferiore. Con questa soluzione, quindi, nella futura divisione la massa sarà composta anche dalle quote rimaste agli altri condividenti sul bene oggetto di donazione, poiché l’intenzione delle parti è quella di modificare la comunione nei soli limiti di quanto oggetto di donazione.

7. Conclusioni

Dall’analisi delle argomentazioni e dei risvolti pratici della sentenza emerge come la prassi notarile si avvierà ad eliminare la figura della donazione di una singola quota di un bene facente parte di una più ampia comunione.

È infatti consolidata l’interpretazione secondo cui la responsabilità del notaio per aver ricevuto atti nulli (rectius: vietati, ex art. 28 l. not.) sorge solo in caso di nullità assoluta e inopinabile18; con la pronuncia a SS.UU., tuttavia, la giurisprudenza chiamata a valutare detta responsabilità nelle future donazioni potrebbe considerare non controversa la materia ed applicare le pesanti sanzioni a carico del notaio.


1  Cass. 1 luglio 2002, n. 9543. Ne ammette anche implicitamente la validità Cass. 9 aprile 1997, n. 3049, laddove precisa che l’alienazione di quota dell’unico bene ereditario, ove emerga dal contratto che non si tratti di una cessione di quota ereditaria, non è soggetta a retratto successorio ex art. 732 cod. civ.

2  Così Cass. 1 luglio 2002, n. 9543. Nello stesso senso Cass. 18 marzo 1981, n. 1609 e Cass. 9 giugno 1987, n. 5042.

3  G. CAPOZZI, Successioni e donazioni, A. FERRUCCI e C. FERRENTINO (a cura di), Milano, 2009, pag. 1307; Cass. 15 febbraio 2007, n. 3385.

4  Cass., 12 giugno 1979, n. 3315; Cass., 20 dicembre 1985, n. 6544; Cass., 18 dicembre 1996, n. 11311; Cass., 5 maggio 2009, n. 10356; in dottrina G. CAPOZZI, Successioni e donazioni, A. FERRUCCI e C. FERRENTINO (a cura di), Milano, 2015, pag. 1533 ; G. BONILINI, La donazione di beni altrui, L’oggetto, in Tratt. dir. succ. e don., G. BONILINI, (diretto da), vol. I, Le donazioni, Milano, 2009, pag. 446; A. TORRENTE, La donazione, in Tratt. dir. civ. e comm., A. CICU, F. MESSINEO, L. MENGONI (già diretto da), P. SCHLESINGER (continuato da), U. CARNEVALI e A. MORA (aggiornato a cura di), Milano, 2006, pag. 498.

5  Cass., 5 febbraio 2001, n. 1596; in dottrina L. MENGONI, Gli acquisti «a non domino», Milano, 1975, pag. 26 ss.; B. BIONDI, Le donazioni, in Tratt. dir. civ., F. VASSALLI (diretto da), Torino, 1961, pag. 346-347 ss.; G. BALBI, Le donazione, in Tratt. dir. civ., G. GROSSO e F. SANTORO PASSARELLI (diretto da), Milano, 1964, pag. 43.

6  A. FEDELE, La comunione, in Tratt. dir. civ. diretto da GROSSO e SANTORO-PASSARELLI, III, 5, Milano, 1967, pag. 294; A. BURDESE, La divisione ereditaria, in Tratt. dir. civ., diretto da F. VASSALLI, XII, 5, Torino, 1980, pag. 41; F. MAGLIULO, La donazione di quota indivisa su un bene facente parte di una più ampia massa comune, studio n. 380-2009/C, approvato dalla Commissione studi civilistici del Consiglio Nazionale del Notariato, in data 17 settembre 2009, in Studi e materiali, 2010, 2.

7  Al riguardo le SS.UU. richiamano le numerose sentenze in materia di causa della donazione: Cass. n. 8018 del 2012; Cass. n. 12325 del 1998; Cass. n. 1411 del 1997; Cass. n. 3621 del 1980.

8  Ciò emerge chiaramente dal dato letterale dell’art. 1476 cod. civ., laddove sono tenute distinte le obbligazioni “di consegnare la cosa” e “di far acquistare la proprietà della cosa o il diritto, se l’acquisto non è effetto immediato del contratto”.

9  B. BIONDI, Le donazioni, cit., pag. 348

10  Cass., 12 giugno 1979, n. 3315; Cass. SS.UU., 18 dicembre 1975, n. 4153.

11  F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 1996, pag.780.

12  Cass. 30 giugno 1987, n. 5748.

13  Come contratto definitivo da Cass., sez. II, 9 ottobre 1991, n. 10612; come contratto con obbligazioni del solo proponente ex art. 1333 cod. civ. da Cass., sez. II, 21 dicembre 1987, n. 9500 .

14  A.A. CARRABBA, Donazioni, in Tratt. dir. civ. del Consiglio Nazionale del Notariato, P. PERLINGIERI (diretto da), Napoli, 2009, pag. 392; B. BIONDI, Le donazioni, cit., p. 349

15  L. MENGONI, Gli acquisti a non domino, cit., pag. 27; A. TORRENTE, La donazione, cit., pag. 498.

16  Per tutte: Cass., 13 marzo 2013, n. 6371; A. CICU, Successioni per causa di morte. Parte generale. Delazione ed acquisto dell’eredità. Divisione ereditaria, in Tratt.dir.civ. e comm., diretto da A. CICU- F. MESSINEO, Milano, 1961, pag.424; G. CAPOZZI, Successioni e donazioni, Milano, 1982, pag.706; GAZZARA, voce Divisione (dir. priv.), in Enc. dir., pag.425; A. BURDESE, La divisione ereditaria, in Tratt. dir. civ. it., diretto da F. VASSALLI, Torino, 1980, pag.118.

17  Consiglio Nazionale del Notariato, Donazione di cosa altrui e di quota indivisa: prime riflessioni a margine della sentenza della Corte di Cassazione a sezioni unite, 15 marzo 2016, n. 5068, Studio Civilistico n. 200-2016/C, a cura di M. BELLINVIA – A. MAGLIULO – A. MUSTO, pag. 25.

18  Per tutte: Cass., 12 novembre 2013, n. 25408.


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Gianmarco Cito

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