È reato accompagnare la prostituta sul “luogo di lavoro”

È reato accompagnare la prostituta sul “luogo di lavoro”

Cassazione Penale, Sezione III, 28 gennaio – 7 luglio 2016, n. 28212. Presidente Rosi, Relatore Aceto

1. La massima

«Il tema della rilevanza penale della condotta di accompagnamento della prostituta sul luogo di lavoro va risolto ricordando che il reato di favoreggiamento della prostituzione consiste in qualsiasi comportamento oggettivamente idoneo a facilitare consapevolmente lo svolgimento dell’attività della prostituta, indipendentemente dal fine di lucro personale dell’agente che può anche mancare, essendo connotato il reato dal dolo generico»

Con la sentenza n. 28212 del 2016 la Suprema Corte si è espressa sulla condotta di chi accompagna la prostituta presso il luogo in cui dovrà consumare l’attività di meretricio.

All’uopo rileva il reato di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione ex artt. 3, n. 8), e 4 della Legge 20 febbraio 1958, n. 75 (c.d. Legge Merlin), dunque sfruttamento della prostituzione e/o favoreggiamento della prostituzione.

La III Sezione ha offerto un quadro sinottico sulla rilevanza penale di tale condotta, compendiando la giurisprudenza di legittimità formatasi nel tempo così offrendo, al contempo, una ricca casistica di condotte penalmente rilevanti e di condotte, invece, neutre e perciò irrilevanti.

2. Il fatto 

L’imputato veniva condannato dal giudice di prime cure per il reato di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione di cui agli artt. 3, n. 8), e 4, legge 20 febbraio 1958, n. 75, perché, accompagnando in auto abitualmente e dietro compenso (30 euro per volta) due donne sul luogo del loro meretricio, ne favoriva la prostituzione.

La Corte di Appello di Napoli, incontestati il fatto e la consapevolezza dell’imputato, esprimeva un diverso apprezzamento sulla rilevanza penale dell’episodio per cui era processo. Secondo il giudice del gravame, infatti, la condotta dell’imputato non era dissimile da quella che sarebbe stata posta in essere da un tassista regolarmente autorizzato, differenziandosi soltanto per il fatto che l’attività veniva posta in essere abusivamente. Da ciò, l’irrilevanza penale della condotta posta in essere dall’imputato in quanto penalmente neutra.

Il Procuratore Generale, dunque, ricorreva per Cassazione, tra le altre, per inosservanza o erronea applicazione della legge penale.

3. La questio juris

Nell’accogliere il ricorso con riferimento all’erronea applicazione degli artt. 3, n. 8), e 4 della Legge 20 febbraio 1958, n. 75, la Suprema Corte ha ritenuto opportuno richiamare alcuni precedenti al fine di individuare il principio di diritto che sovrintende la fattispecie delittuosa, indicandone gli elementi costitutivi.

Nel far ciò, la III Sezione ha dato spazio ad una ricca casistica giurisprudenziale al fine di trasfondere il principio di diritto all’interno dei casi concreti che nel tempo hanno interessato le decisioni della Suprema Corte, distinguendo le condotte penalmente rilevanti da quelle assolutamente neutre.

Attraverso tale excursus giurisprudenziale, gli Ermellini hanno concluso per la penale responsabilità dell’imputato per i motivi che seguono.

3.1 Gli elementi costitutivi del delitto di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. Le condotte illecite

Richiamando i suoi precedenti (Sez. III, 10177/1985; Sez. III, 3588/1996; Sez. III, 36595/2012), la Sezione III ha ribadito che il tema della rilevanza penale della condotta di accompagnamento della prostituta sul luogo di lavoro va risolto ricordando che il reato di favoreggiamento della prostituzione consiste in qualsiasi comportamento oggettivamente idoneo a facilitare consapevolmente lo svolgimento dell’attività della prostituta. Ciò indipendentemente dal fine di lucro personale dell’agente, che può anche mancare in quanto il reato è connotato dal dolo generico.

Come avvenuto in passato (Sez. III, 44918/2004), la III Sezione ha individuato i due elementi in presenza dei quali è possibile configurare il delitto di favoreggiamento nella terzietà del favoreggiatore rispetto alla prostituta e al cliente e nella consapevole attività di intermediazione tra domanda ed offerta per la realizzazione (o il mantenimento) del futuro accordo.

Sulla base di ciò, si è formata una casistica giurisprudenziale di condotte penalmente rilevanti puntualmente indicate dalla sentenza che si annota, per cui è possibile considerare configurato il delitto di cui all’art. 3, n. 8), Legge 20 febbraio 1958, n. 75:

– ogniqualvolta il terzo rafforzi psicologicamente la determinazione del meretricio (Sez. III, 7675/1983);

– quando l’accompagnatore svolga anche opera di sorveglianza e ponga l’auto a disposizione della donna per il compimento della sua attività (Sez. III, 2676/1985; Sez. III, 2704/1983);

– quando la condotta non sia occasionale ma abituale (Sez. III, 7675/1983; Sez. III, 37299/2013);

– quando l’accompagnamento costituisca una condotta funzionalmente orientata a migliorare le condizioni organizzative per l’esercizio in concreto della prostituzione con la presenza sul posto a garanzia di violenze e minacce (Sez. 3, n. 12633 del 29/09/1999, Rv. 214802).

3.2 Le condotte lecite

Poste quali elementi costituivi del delitto di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione la terzietà dell’agente e la sua attività di consapevole intermediazione tra domanda e offerta, non configura il reato de quo la condotta del cliente che, successivamente al rapporto, riaccompagni la prostituta nel luogo da cui l’aveva precedentemente prelevata, in quanto non è un soggetto terzo e la sua attività non è autonomamente rilevante bensì accessoria al rapporto lecito di meretricio (Sez. III, 44918/2004; Sez. III, 1716/2004; Sez. III, 36392/2011; Sez. III, 16536/2001).

Allo stesso modo, non costituisce reato la condotta del tassiste regolarmente munito della relativa licenza che si limiti ad accompagnare con l’autovettura sul luogo di lavoro persone dedite al meretricio, in quanto tale attività costituisce adempimento dell’obbligazione oggetto del contratto di trasporto (Sez. III, 35178/2007).

È altresì lecita la condotta del conduttore che destina l’immobile concesso in locazione in modo autonomo e indipendente all’esercizio della prostituzione, senza alcun ausilio da parte del conduttore, stante che la mera stipula del contratto di per sé non integra la fattispecie, in quanto l’atto negoziale, in assenza di altre prestazioni accessorie al meretricio (come inserzioni pubblicitarie, fornitura di profilattici, ricezione dei clienti), riguarda la persona e le sue esigenze abitative e non costituisce diretto ausilio all’attività di prostituzione (Sez. III, 7338/2014).

4. Il decisum 

La Suprema Corte ha colto nel caso di specie gli elementi costitutivi del delitto di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione.

Infatti, come rilevato dalla III Sezione, «l’accordo intercorso tra l’imputato e le prostitute è stato stipulato per garantire a queste ultime in modo stabile e continuativo condizioni migliori per l’esercizio della prostituzione», dunque «per rendere più agevole l’attività stessa nella piena consapevolezza dello scopo della prestazione, assicurata dietro corrispettivo».

«Si tratta», continua il Giudice, «di prestazioni onerose rese al di fuori di un’attività lecita precedentemente esercitata dall’accompagnatore, che trovano la loro causa concreta esclusivamente nell’accordo intercorso con le prostitute e che ha ad oggetto proprio le loro migliori condizioni lavorative, nella comune consapevolezza dell’oggettiva agevolazione all’attività da esse svolta. Non si tratta, dunque, di un aiuto dato alle prostitute in quanto persone, ma alla loro attività».

Dott. Andrea Diamante


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Andrea Diamante

Dottore in giurisprudenza. Già tirocinante ex art. 73 D.L. 69/2013 presso la sezione penale del Tribunale di Enna.

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