Eredità devoluta ad enti: nessuna decadenza dal diritto di accettare o dal beneficio di inventario

Eredità devoluta ad enti: nessuna decadenza dal diritto di accettare o dal beneficio di inventario

Commento a Cassazione Civile, sez. II, ordinanza 27 maggio 2019 n. 14442

Con ordinanza citata in premessa, la Corte di Cassazione si è pronunciata su una tematica che nell’attualità giurisprudenziale e notarile rimane argomento di grande rilievo pratico. Si tratta infatti delle eredità devolute per testamento ad enti diversi dalle società, come associazioni, fondazioni o altri enti non riconosciuti.

Il diffondersi dei cd “lasciti solidali”, fortemente sostenuti dal Notariato e dalle tendenze legislative volte a offrire sgravi fiscali di grandi entità, ha infatti riportato all’attenzione della giurisprudenza la tematica, già oggetto di discussione, legata al destino dei lasciti non correttamente accettati dagli enti.

E’ infatti noto che l’art. 473 Codice civile impone che le eredità devolute ad enti diversi dalle società siano accettate con il beneficio di inventario: la scelta legislativa, analoga a quella imposta in materia di eredità devolute ad incapaci ex art. 489 Codice civile, è sempre stata giustificata dalla tendenza fortemente protettiva del legislatore verso gli enti di diritto privato. Il ricorso alla forma di accettazione di cui all’art. 484 Codice civile, oltre ad essere corredata dal rispetto di un rigido formalismo che prevede l’atto pubblico notarile o la dichiarazione avanti al cancelliere del tribunale, è infatti il più valido strumento per evitare che l’erede risponda dei debiti ereditari oltre il limite di quanto ricevuto.

Sulla natura giuridica della fattispecie dell’accettazione con beneficio di inventario si è discusso molto in passato: secondo parte della dottrina essa sarebbe perfezionata con la sola dichiarazione di accettare, salvo poi la necessità di produrre l’inventario ai soli fini dell’efficacia della medesima[1]. Secondo altra parte della dottrina invece essa sarebbe una fattispecie a formazione progressiva, i cui elementi costitutivi sono dati proprio dalla dichiarazione di accettare e dall’inventario, entrambi elementi strutturali della fattispecie[2].

Il problema della natura giuridica ha dato, nella prassi, un’incertezza di fondo: è sempre necessario procedere all’inventario al fine di perfezionare il procedimento di accettazione, oppure questi deve essere prodotto nei soli casi in cui c’è il rischio di una decadenza dal beneficio?

Il problema nella prassi non ha coinvolto tanto le persone fisiche capaci e le società: mentre infatti nel caso di accettazione beneficiata da parte di una persona fisica capace o di una società, è pacifico che la mancanza dell’inventario nei tre mesi successivi alla dichiarazione di accettare comporti, ex art. 487 Codice civile, la decadenza del beneficio medesimo e quindi l’acquisto della qualità di erede puro e semplice (con responsabilità ultra vires per i debiti ereditari), nel caso di incapaci o enti diversi da società si è sempre discusso se ciò potesse o meno avvenire. Lo stesso può dirsi con riferimento alla violazione, da parte di incapaci o enti, dell’art. 493 Codice civile, e quindi la vendita di un bene ereditato con il beneficio di inventario senza previa autorizzazione del Tribunale dell’aperta successione ex art. 747 Codice di procedura civile, su parere del giudice tutelare.

Per gli incapaci in verità è lo stesso art. 489 Codice civile che  in ogni caso, esclude la decadenza dal beneficio di inventario se non trascorso un anno dopo il compimento della maggiore età. Nel caso invece degli enti, si è sempre discusso se tale esclusione sia applicabile in analogia alla previsione per cui anche essi debbono accettare necessariamente con il beneficio, oppure se la scelta legislativa di non estendere anche il disposto dell’art. 489 Codice civile agli enti sia una precisa espressione del principio “Ubi voluit dixit, ubi noluit tacquit”.

Nella prassi notarile è prevalso l’orientamento per cui in ogni caso l’ente non può mai decadere dal beneficio di inventario, in analogia a quanto previsto per gli incapaci dall’art. 489 Codice civile[3]: pertanto la prassi era quella di far accettare l’ente con il beneficio di inventario mediante l’apposita dichiarazione, senza poi procedere a redigere l’inventario fino al momento in cui l’ente avesse eventualmente dovuto alienare o dare in garanzia il bene ereditato, e ciò prescindendo da qualunque termine imposto dalla legge. L’inventario era dunque divenuto meramente elemento di esonero dalla responsabilità per il notaio e per gli amministratori dell’ente nei confronti dell’ente stesso, poiché la sua funzione si esauriva in un’attività preliminare all’eventuale futura vendita: secondo alcuni condizione di efficacia dell’operazione di disposizione nei confronti dell’ente[4], secondo altri addirittura esclusivamente elemento di esonero da responsabilità meramente risarcitoria degli amministratori[5].

Lo sfruttamento della mancata decadenza dell’ente dal beneficio di inventario nel caso di mancanza del medesimo, aveva assunto una diffusione talmente ampia nella prassi dei primi anni del post riforma degli enti non societari[6], che il Consiglio Nazionale del Notariato ha ritenuto opportuno fornire uno studio a livello centrale per orientare l’attività dei notai, enormemente esposti al rischio di subire azioni di responsabilità[7]. Anche la stessa giurisprudenza si è più volte pronunciata sulla tematica tra gli anni ’90 e i primi anni 2000, ed il quadro che era emerso prima dell’ordinanza commentata era il seguente.

La dottrina tradizionale sosteneva la teoria per cui l’ente potesse decadere dal beneficio di inventario senza alcun margine di applicabilità dell’art. 489 Codice civile, in tutti i casi in cui l’ente avesse disposto di beni ereditari senza l’autorizzazione ex art. 747 Codice di procedura civile (necessaria per disporre di beni ereditati con il beneficio, senza decadere dal medesimo)[8], ma anche nel caso di mancata redazione dell’inventario nel termine di tre mesi dalla dichiarazione di accettazione, con conseguente applicabilità senza deroghe dell’art. 489 Codice civile[9]. Le conseguenze erano la naturale decadenza dal beneficio di inventario da parte dell’ente con acquisto dell’eredità quale erede puro e semplice.

La Cassazione sul punto aveva invece una visione molto diversa: mentre nel caso di vendita senza autorizzazione giudiziale, si riteneva più o meno pacificamente che l’ente potesse decadere dal beneficio di inventario (a differenza di quanto sostenuto dalla prassi notarile), divenendo erede puro e semplice[10], nel caso dell’art. 487 Codice civile e quindi della mancata redazione dell’inventario nel termine di tre mesi, la Cassazione configurava una vera e propria ipotesi di incapacità a succedere. Infatti non avendo l’ente perfezionato nei termini di legge la fattispecie a formazione progressiva e non potendo in ogni caso l’ente decadere dal beneficio in questi casi, esso non aveva più il diritto di riprodurre in alcun modo tale fattispecie, avendo perduto a tutti gli effetti il diritto di accettare (peraltro con effetto retroattivo al momento dell’apertura della successione, secondo la logica dell’incapacità a succedere sopravvenuta)[11]. La stessa teoria è sostenuta dalla dottrina più moderna[12].

Il Notariato nello studio del Notaio Perlingeri del 2008 invece, appoggia l’idea della dottrina tradizionale: nulla osta alle ipotesi di decadenza dal beneficio di inventario da parte dell’ente. Esso pertanto decadrà come ogni altra persona fisica capace non dal diritto di accettare, bensì dal beneficio di inventario, avendo iniziato una forma di accettazione poi mai perfezionata. Sia nel caso di vendita senza autorizzazione giudiziale ex art. 493 Codice civile che nel caso di mancata redazione dell’inventario ex art. 487 Codice civile pertanto, non vi sarebbero ragioni normative per escludere l’ente dalla decadenza prevista per tutti gli altri soggetti di diritto (ad eccezione dei soli incapaci) nell’ordinamento.

Nonostante le molteplici visioni e il tentativo di centralizzazione del problema da parte del CNN, la prassi notarile è rimasta orientata sull’idea di non eseguire l’inventario, mantenendo comunque l’ente in uno stato di quiescenza dopo la dichiarazione di accettare. Fatta la dichiarazione di accettare, come già anticipato, sarebbe poi sufficiente per l’ente effettuare l’inventario in un momento successivo anche molto in avanti nel tempo e solo a necessità, avendo ormai esso già accettato ed essendo per ciò solo erede con il beneficio di inventario a tutti gli effetti.

Con l’ordinanza in commento, il Supremo Collegio ha incredibilmente e contro ogni aspettativa invertito la rotta seguita dalla giurisprudenza pressoché costante e aderito alla prassi notarile: il caso aveva ad oggetto proprio l’eredità devoluta ad un ente che aveva effettuato formale dichiarazione di accettare avanti al notaio, senza poi redigere l’inventario nei tre mesi successivi. Un interessato alla successione (erede legittimo del testatore, che sarebbe subentrato nella chiamata ereditaria in luogo dell’ente in caso di incapacità giuridica del medesimo), aveva proposto azione per vedersi riconosciuto il diritto all’eredità in luogo dell’ente che, trascorsi tre mesi, non aveva proceduto a fare l’inventario. A detta del ricorrente, l’ente doveva considerarsi incapace a succedere, secondo l’orientamento giurisprudenziale più accreditato fino a quel momento. La Cassazione, prescindendo dal profilo processuale di inammissibilità del ricorso legato alla modalità di redazione e assenza di specificità del medesimo (per cui il procedimento si è concluso con ordinanza), ha trattato anche la questione di diritto sottesa al caso in esame.

Le motivazioni fornite dalla Corte di legittimità sono esattamente quelle sostenute dalla prassi notarile per tutti questi anni: l’art.489 Codice civile si può estendere analogicamente anche agli enti, che pertanto non potranno in ogni caso decadere dal beneficio di inventario nel caso previsto dall’art. 489 Codice civile, qualora non abbiano predisposto il medesimo entro tre mesi dalla dichiarazione di accettare. Tuttavia trattandosi di una fattispecie a formazione progressiva e non potendo l’ente essere totalmente esonerato dal termine trimestrale, la Cassazione conclude nel senso dell’inefficacia della dichiarazione di accettare. Sarà pertanto onere del’ente replicare la medesima e far seguire l’inventario, nel complessivo termine decennale di prescrizione. Pertanto il Collegio pone un correttivo alla prassi notarile: non basta la sola dichiarazione di accettare per essere eredi a tutti gli effetti, bensì anche l’inventario, confermando la natura giuridica di fattispecie a formazione progressiva. Pertanto la dichiarazione, qualora non sia seguita dall’inventario nei tre mesi successivi, andrà replicata entro dieci anni.

Mentre dunque la giurisprudenza sposa la prassi notarile nel senso di ritenere che l’ente non possa mai decadere dal beneficio di inventario, conformemente a quanto già sostenuto dalla dottrina tradizionale, vi è un superamento però del procedimento da seguire per giungere al risultato dell’accettazione, non bastando in tal senso la sola dichiarazione che diviene inefficace al decorso dei tre mesi per redigere l’inventario. L’accettazione con beneficio di inventario viene quindi trattata come una fattispecie a formazione progressiva ove sia la dichiarazione che l’inventario sono elementi strutturali della medesima, ferma restando l’assoluta incompatibilità della decadenza dal beneficio nei confronti degli enti.

Pur non prendendo posizione sulla tematica della vendita senza autorizzazione, sembra potersi affermare che in conformità a quanto sancito dalla Cassazione, l’inventario sia assolutamente necessario per procedere a disporre del bene insieme con la dichiarazione di accettare (che a sua volta non deve essere più risalente di tre mesi dall’inventario medesimo). Pertanto, salvo voler tentare di sostenere addirittura la tesi dell’invalidità della vendita (nullità, come sostenuto dalla dottrina in tema di incapaci)[13], sembra preferibile ritenere che essa sia quantomeno inefficace verso l’ente qualora la procedura di accettazione con il beneficio di inventario non sia stata perfezionata in ogni suo elemento prima dell’atto di disposizione medesimo.

In conclusione, chiarita la sorte del lascito ereditario nei casi di mancata redazione dell’inventario ex articolo 489 Codice civile e vendita senza autorizzazione ex art. 493 Codice civile a favore dell’ente, sembra agevole potersi ritenere che anche nelle ipotesi residue (e che nella prassi hanno un ambito applicativo notevolmente inferiore, tanto da non essere mai state trattate dalla giurisprudenza) l’ente non possa mai decadere dal beneficio di inventario né possa aversi alcuna forma di incapacità a succedere. Ci si riferisce tradizionalmente ai casi di: ente chiamato che sia nel possesso ex articolo 485 comma 1 Codice civile per oltre tre mesi; ente chiamato che sia nel possesso ex articolo 485 comma 3 Codice civile e faccia solo l’inventario senza dichiarazione nei 40 giorni successivi; ente chiamato che sottragga beni ereditari ex art. 527 Codice civile. Esso in tutti questi casi, come nei casi trattati nel presente commento, resterà chiamato, dovendo replicare (o fare per la prima volta) una dichiarazione di accettazione ex art. 484 Codice civile entro l’ordinario termine prescrizionale di dieci anni, seguita da apposito inventario nel termine di tre mesi dalla medesima. Nessun dubbio è invece mai sorto sull’applicabilità dell’art. 487 comma 3 Codice civile anche agli enti: esso prevede la decadenza dal diritto di accettare ove il soggetto abbia fatto l’inventario ma non la dichiarazione di accettazione nei 40 giorni successivi e non sia nel possesso dei beni ereditari. In questo caso infatti il legislatore non pone alcuna tutela nemmeno per gli incapaci, ritenendo che chi faccia l’inventario e poi non accetti stia in verità manifestando senza ogni dubbio la volontà di rimanere estraneo a quell’asse ereditario[14].

 


[1] Sul punto Coviello N., Delle successioni, Parte generale, Napoli, 1932 (riedizione 1982) 176 ss; Vocino C., Contributo alla dottrina del beneficio di inventario, Studi in onore di, Padova, 1996, 195 ss; Cicu R., Successioni per causa di morte, Giuffrè, Milano, 189 ss.
[2] Capozzi G., Successioni e Donazioni, Tomo I, IV Edizione, Giuffrè, Milano, 2015, 264 ss.; Grosso G. e Burdese A., Le successioni. Parte generale, Utet, 1977, 264 ss.; Musolino M., L’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario come negozio-procedimento, in Riv. not., 2004, 778.
[3] Sul punto in dottrina notarile Margiotta I., Sulla necessità delle persone giuridiche di accettare l’eredità con beneficio di inventario e conseguenze in caso di omissione, in Riv. not., 2005, 387 ss; Lorefice M., L’accettazione con beneficio di inventario, Padova, 1994, 285 ss.
[4] Loffredo F., Persone giuridiche e organizzazioni senza personalità giuridica, Collana Capozzi, Collana notarile, IV edizione, Giuffrè, Milano, 2016
[5] Ferri L., Successioni in generale, Artt. 456-511, 1968, 239 ss. che tuttavia analizza l’orientamento della prassi notarile in senso critico, prendendone atto.
[6] Ci si riferisce alle fondamentali modifiche introdotte con legge 192 del 22 giugno 2000, che ha eliminato qualunque limitazione all’accettazione di eredità da parte di enti sprovvisti di personalità giuridica.
[7] Ci si riferisce allo studio CNN, notaio Perlingieri 2008.
[8] Capozzi G., Successioni e donazioni, cit., 281 ss; Cicu R., Successioni per causa di morte, cit., 201 ss.
[9] Ferri L., Successioni in generale, cit., 241 ss.
[10] Cassazione Civ. Sez. I, n.2617 del 8 maggio 1979; Cass. Civ., n. 10338 del 19 ottobre 1998
[11] Si vedano Cass. Civ. n.1781 del 20 febbraio 1988; Cass. Civ. n. 19598 del 29 settembre 2004
[12] Azzariti G., Le successioni e le donazioni, 1982; Capozzi G., Successioni e donazioni, cit., 283.
[13] Sul punto in tema di incapaci per la nullità assoluta Buldini T., nota a Cass. Civ. n. 2211 del 1 febbraio 2007, in Giust. civ., 2007, I, 580 ss.; Cass. Civ., n. 7417 del 13 luglio 1999.
[14] Sul punto solleva dubbi soltanto Cian G. – Trabucchi A., Commentario al codice civile, sub art. 487, Edizione 2018, CEDAM, Milano, 585.

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Luca Sbaraini

Laurea in Giurisprudenza presso Università degli studi di Trento. Espletata pratica notarile in Brescia. Iscritto attualmente a Scuola Notarile.

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