Esame avvocato 2016, parere diritto civile: normativa e massime per la seconda traccia

Esame avvocato 2016, parere diritto civile: normativa e massime per la seconda traccia

Possibile soluzione schematica

La soluzione indicata in modo sintetico e schematico è solo una delle possibili; ha mero valore orientativo ed ha scopo di esercitazione per i praticanti che non affrontano l’esame.

Traccia n. 2:

Caio è un giovane molto ben voluto nel piccolo paese in cui vive. Nel dicembre del 2005 riceve in donazione dall’amico Sempronio un piccolo appezzamento di terreno; successivamente nel maggio del 2008 acquista un piccolo appartamento con denaro dell’amico Mevio. Nel febbraio del 2016 Caio riceve la visita di Tizio, figlio e unico erede di Mevio, deceduto nel 2010, che gli rappresenta la propria intenzione di rivendicare la proprietà del predetto terreno lasciatogli in eredità da Mevio, nonché di ottenere la restituzione della somma di euro 50.000 pari al prezzo dell’appartamento acquistato con denaro dello stesso Mevio. A sostegno della prima pretesa Tizio sostiene che Caio non possa vantare alcun titolo sul terreno, non potendo considerarsi tale la donazione di cui il predetto aveva beneficiato nel dicembre 2005, dal momento che il disponente Sempronio non era titolare di alcun diritto sul bene donato. Quanto alla seconda pretesa, lo stesso rappresenta che l’acquisto del predetto appartamento con denaro di Mevio avesse realizzato una donazione di denaro di non modico valore che doveva considerarsi nulla per aver rivestito la forma prescritta dalla legge. Caio, che vive dalla data della prima donazione (peraltro immediatamente trascritta), aveva goduto direttamente del terreno adibendolo a orto. Preoccupato per quanto rappresentatogli da Tizio, si rivolge ad un legale, al quale dopo aver riferito i fatti per come sopra descritti, ribadisce di non aver mai saputo che il terreno donatogli da Sempronio fosse, in realtà, di proprietà di Mevio.

Il candidato assunte le vesti del legale di Caio , rediga un motivato parere illustrando le questioni sottese al caso in esame e prospettando la linea difensiva più idonea a tutelare le regioni del proprio assistito.

Svolgimento:

Ai fini della risoluzione del presente parere occorre preliminarmente inquadrare l’istituto della donazione. Infatti, ai sensi dell’art. 769 c.c., la donazione è il contratto col quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione.

La donazione è un tipico atto di liberalità, caratterizzato da due elementi essenziali: lo spirito di liberalità (animus donandi) di colui che dona, ossia il donante; l’arricchimento di colui che riceve la donazione, il donatario, cui corrisponde l’impoverimento del donante.

Nel caso di specie, Caio ha ricevuto in donazione dall’amico Sempronio un terreno, sul quale però quest’ultimo non aveva alcun titolo, in quanto non proprietario.

La giurisprudenza ha affermato che “la mancanza, nel codice del 1942, di una espressa previsione di nullità della donazione di cosa altrui, dunque, non può di per sé valere a ricondurre la fattispecie nella categoria del negozio inefficace. Invero, come si è notato in dottrina, il fatto stesso che il legislatore del codice civile abbia autonomamente disciplinato sia la compravendita di cosa futura che quella di cosa altrui, mentre nulla abbia stabilito per la donazione a non domino, dovrebbe suggerire all’interprete di collegare il divieto di liberalità aventi ad oggetto cose d’altri alla struttura e funzione del contratto di donazione, piuttosto che ad un esplicito divieto di legge. Pertanto, posto che l’art. 1325 c.c., individua tra i requisiti del contratto “la causa”; che, ai sensi dell’art. 1418 c.c., comma 2, la mancanza di uno dei requisiti indicati dall’art. 1325 c.c., produce la nullità del contratto; e che l’altruità del bene non consente di ritenere integrata la causa del contratto di donazione, deve concludersi che la donazione di un bene altrui è nulla. Ne consegue che la donazione di cosa altrui deve ritenersi nulla non già in ragione di un’applicazione estensiva o analogica del divieto di donazione di cosa futura. La donazione di cosa altrui sarebbe infatti nulla per assenza della causa” (Cass. civ., SS.UU., 15 marzo 2016, n. 5068).

In realtà però può ritenersi che Caio abbia usucapito il bene. Infatti la giurisprudenza  ritiene la donazione di cosa altrui astrattamente idonea a determinare il trasferimento del diritto reale, e titolo perché possa operare l’istituto dell’usucapione abbreviata, ex art. 1159 c.c. In particolare, la giurisprudenza ha sancito che “la donazione dispositiva di un bene altrui, benché non espressamente disciplinata, deve ritenersi nulla alla luce della disciplina complessiva della donazione e, in particolare, dell’art. 771 cod. civ., poiché il divieto di donazione dei beni futuri ricomprende tutti gli atti perfezionati prima che il loro oggetto entri a comporre il patrimonio del donante. Tale donazione, tuttavia, è idonea ai fini dell’usucapione decennale prevista dall’art. 1159 cod. civ., poiché il requisito, richiesto da questa norma, dell’esistenza di un titolo che legittimi l’acquisto della proprietà o di altro diritto reale di godimento, che sia stato debitamente trascritto, deve essere inteso nel senso che il titolo, tenuto conto della sostanza e della forma del negozio, deve essere suscettibile in astratto, e non in concreto, di determinare il trasferimento del diritto reale, ossia tale che l’acquisto del diritto si sarebbe senz’altro verificato se l’alienante ne fosse stato titolare” (Cass. civ., sez. II, 5 maggio 2009, n. 10356).

Nel caso di specie, Caio può richiamare a suo favore questa giurisprudenza sussistendone tutti i requisiti:

  • l’esercizio del possesso sul bene per oltre un decennio;

  • la buona fede, in quanto lo stesso non sapeva che il terreno fosse in realtà di Mevio;

  • l’esistenza di un titolo astrattamente idoneo al trasferimento della titolarità del bene – considerato che il presente requisito va inteso nel senso che il titolo, tenuto conto della sostanza e della forma del negozio, deve essere idoneo in astratto, e non in concreto, a determinare il detto trasferimento – ossia che l’acquisto del diritto si sarebbe senz’altro verificato se l’alienante ne fosse stato il titolare;

  • la trascrizione del titolo, essendosi provveduto immediatamente alla trascrizione del negozio avente ad oggetto il menzionato bene immobile).

Per quanto concerne la questione della donazione indiretta con la quale Caio, con il denaro dell’amico Mevio (50.000,00 euro), ha acquistato la proprietà di un appartamento, Tizio sostiene che tale donazione indiretta abbia rappresentato una donazione di denaro di non modico valore, che deve ritenersi nulla per non aver rivestito la forma prescritta dalla legge.

A tal proposito, va premesso che ai sensi dell’art. 782 c.c. “la donazione deve essere fatta per atto pubblico, sotto pena di nullità”.

Tale principio non può comunque trovare applicare applicazione in tale circostanza, trattandosi per l’appunto di “donazione indiretta”.

Al riguardo, la giurisprudenza della Suprema Corte ha chiarito che “allorquando il donante elargisca del danaro al fine di permettere al donatario di procedere con l’acquisto di un determinato bene immobile -e quindi la disposizione sia specificamente finalizzata al suddetto acquisto-, si ha donazione indiretta dell’immobile e non del denaro impiegato per il suo acquisto. Per la validità delle donazioni indirette di un immobile non è richiesta la forma dell’atto pubblico, essendo sufficiente l’osservanza delle forme prescritte per il negozio tipico utilizzato per realizzare lo scopo di liberalità. Ciò in quanto l’art. 809 c.c., nello stabilire le norme sulle donazioni applicabili agli altri atti di liberalità realizzati con negozi diversi da quelli previsti dall’art. 769 c.c., non richiama l’art. 782 c.c., che prescrive l’atto pubblico per la donazione” (Cass. civ., sez. I, 10 ottobre 2014, n. 21494).

In conclusione, e riassumendo:

  • la donazione del terreno è nulla, ma Tizio non potrà chiederne la restituzione, essendo stato ormai usucapito;

  • residua per Caio la possibilità di ricondurre, in sede giudiziale, la donazione del denaro alla donazione indiretta dell’immobile, sostenendo cioè che l’oggetto della seconda donazione Mevio non sia il denaro in sé, ma l’immobile. Tale soluzione è più favorevole a Tizio; infatti ai sensi dell’articolo 809 la donazione indiretta è valida se è fatta con le forme prescritte dalla legge per l’atto che si conclude. Ora, non essendoci elementi nella traccia tali da far presumere che la forma del contratto di acquisto dell’immobile non sia quella di legge, a questo punto non resterebbe da concludere con la validità della donazione in oggetto.

Riferimenti normativi

Art. 769 c.c.

Definizione di donazione

La donazione è il contratto col quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione.

Art. 771 c.c.

Donazione di beni futuri.

La donazione non può comprendere che i beni presenti del donante. Se comprende beni futuri, è nulla rispetto a questi, salvo che si tratti di frutti non ancora separati.

Qualora oggetto della donazione sia una universalità di cose e il donante ne conservi il godimento trattenendola presso di sé, si considerano comprese nella donazione anche le cose che vi si aggiungono successivamente, salvo che dall’atto risulti una diversa volontà.

Art. 782.

Forma della donazione.

La donazione deve essere fatta per atto pubblico, sotto pena di nullità. Se ha per oggetto cose mobili, essa non è valida che per quelle specificate con indicazione del loro valore nell’atto medesimo della donazione, ovvero in una nota a parte sottoscritta dal donante, dal donatario e dal notaio.

L’accettazione può essere fatta nell’atto stesso o con atto pubblico posteriore. In questo caso la donazione non è perfetta se non dal momento in cui l’atto di accettazione è notificato al donante.

Prima che la donazione sia perfetta, tanto il donante quanto il donatario possono revocare la loro dichiarazione.

Art. 1159 c.c.

Colui che acquista in buona fede da chi non è proprietario un immobile, in forza di un titolo che sia idoneo a trasferire la proprietà e che sia stato debitamente trascritto, ne compie l’usucapione in suo favore col decorso di dieci anni dalla data della trascrizione.

La stessa disposizione si applica nel caso di acquisto degli altri diritti reali di godimento sopra un immobile.

Massime della giurisprudenza

Sulla donazione del terreno

Cassazione Civile, SS.UU., 15 marzo 2016, n. 5068

La mancanza, nel codice del 1942, di una espressa previsione di nullità della donazione di cosa altrui, dunque, non può di per sé valere a ricondurre la fattispecie nella categoria del negozio inefficace. Invero, come si è notato in dottrina, il fatto stesso che il legislatore del codice civile abbia autonomamente disciplinato sia la compravendita di cosa futura che quella di cosa altrui, mentre nulla abbia stabilito per la donazione a non domino, dovrebbe suggerire all’interprete di collegare il divieto di liberalità aventi ad oggetto cose d’altri alla struttura e funzione del contratto di donazione, piuttosto che ad un esplicito divieto di legge. Pertanto, posto che l’art. 1325 c.c., individua tra i requisiti del contratto “la causa”; che, ai sensi dell’art. 1418 c.c., comma 2, la mancanza di uno dei requisiti indicati dall’art. 1325 c.c., produce la nullità del contratto; e che l’altruità del bene non consente di ritenere integrata la causa del contratto di donazione, deve concludersi che la donazione di un bene altrui è nulla.

Ne consegue che la donazione di cosa altrui deve ritenersi nulla non già in ragione di un’applicazione estensiva o analogica del divieto di donazione di cosa futura. La donazione di cosa altrui sarebbe infatti nulla per assenza della causa.

Cassazione Civile, sez. II, 5 maggio 2009 n. 10356

La donazione dispositiva di un bene altrui, benché non espressamente disciplinata, deve ritenersi nulla alla luce della disciplina complessiva della donazione e, in particolare, dell’art. 771 cod. civ., poiché il divieto di donazione dei beni futuri ricomprende tutti gli atti perfezionati prima che il loro oggetto entri a comporre il patrimonio del donante; tale donazione, tuttavia, è idonea ai fini dell’usucapione decennale prevista dall’art. 1159 cod. civ., poiché il requisito, richiesto da questa norma, dell’esistenza di un titolo che legittimi l’acquisto della proprietà o di altro diritto reale di godimento, che sia stato debitamente trascritto, deve essere inteso nel senso che il titolo, tenuto conto della sostanza e della forma del negozio, deve essere suscettibile in astratto, e non in concreto, di determinare il trasferimento del diritto reale, ossia tale che l’acquisto del diritto si sarebbe senz’altro verificato se l’alienante ne fosse stato titolare”.

Cassazione civile, n. 1596 del 2001

La donazione di beni altrui non può essere ricompresa nella donazione di beni futuri, nulla ex art. 771 cod. civ., ma è semplicemente inefficace e, tuttavia, idonea ai fini dell’usucapione abbreviata ex art. 1159 cod. civ., in quanto il requisito, richiesto dalla predetta disposizione codicistica, della esistenza di un titolo che sia idoneo a far acquistare la proprietà o altro diritto reale di godimento, che sia stato debitamente trascritto, va inteso nel senso che il titolo, tenuto conto della sostanza e della forma del negozio, deve essere idoneo in astratto, e non in concreto, a determinare il trasferimento del diritto reale, ossia tale che l’acquisto del diritto si sarebbe senz’altro verificato se l’alienante ne fosse stato titolare

Sulla donazione del denaro

Cassazione Civile, sez. I, 10 ottobre 2014, n. 21494

Allorquando il donante elargisca del danaro al fine di permettere al donatario di procedere con l’acquisto di un determinato bene immobile -e quindi la disposizione sia specificamente finalizzata al suddetto acquisto-, si ha donazione indiretta dell’immobile e non del denaro impiegato per il suo acquisto. Per la validità delle donazioni indirette di un immobile non è richiesta la forma dell’atto pubblico, essendo sufficiente l’osservanza delle forme prescritte per il negozio tipico utilizzato per realizzare lo scopo di liberalità. Ciò in quanto l’art. 809 c.c., nello stabilire le norme sulle donazioni applicabili agli altri atti di liberalità realizzati con negozi diversi da quelli previsti dall’art. 769 c.c., non richiama l’art. 782 c.c., che prescrive l’atto pubblico per la donazione

Cassazione Civile, 31 gennaio 2014, n. 2149

La donazione indiretta dell’immobile non è configurabile quando il donante paghi soltanto una parte del prezzo del bene, giacché la corresponsione del denaro costituisce una diversa modalità per attuare l’identico risultato giuridico-economico dell’attribuzione liberale dell’immobile esclusivamente nell’ipotesi in cui ne sostenga l’intero costo.

Cassazione civile, 2 settembre 2014, n. 18541

Si può parlare di donazione indiretta di immobile se viene versata una somma di danaro come mezzo per l’unico e specifico fine dell’acquisto del bene. Diversamente si può parlare solo di donazione diretta di denaro anche se questo è stato successivamente utilizzato per l’acquisto di un immobile.

Cassazione civile, 14 dicembre 2000, n. 15778

Nell’ipotesi in cui un soggetto abbia erogato il danaro per l’acquisto di un immobile in capo al proprio figlio, si deve distinguere il caso della donazione diretta del danaro, in cui oggetto della liberalità rimane quest’ultimo, da quello in cui il danaro sia fornito quale mezzo per l’acquisto dell’immobile, che costituisce il fine della donazione. In tale secondo caso, il collegamento tra l’elargizione del danaro paterno e l’acquisto del bene immobile da parte del figlio porta a concludere che si è in presenza di una donazione indiretta dell’immobile stesso e non già del danaro impiegato per il suo acquisto. Ne consegue che, in tale ipotesi, il bene acquisito successivamente al matrimonio da uno dei coniugi in regime di comunione legale è compreso tra quelli esclusi da detto regime, ai sensi dell’art. 179, lett. b, c.c., senza che sia necessario che il comportamento del donante si articoli in attività tipiche, essendo, invece, sufficiente la dimostrazione del collegamento tra il negozio-mezzo con l’arricchimento di uno dei coniugi per lo spirito di liberalità.

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