Esame avvocato 2016, parere diritto penale: la soluzione alla seconda traccia

Esame avvocato 2016, parere diritto penale: la soluzione alla seconda traccia

Possibile soluzione schematica

La soluzione indicata in modo sintetico e schematico è solo una delle possibili; ha mero valore orientativo ed ha scopo di esercitazione per i praticanti che non affrontano l’esame. La redazione degli articoli con i riferimenti normativi e le soluzioni è finalizzata all’esercitazione e rientra nell’attività scientifica della Rivista.

Traccia n. 2:

Tizio, rappresentante della società Alfa, avendo saputo che sarebbe stata di lì a poco bandita una gara per l’appalto del servizio di somministrazione dei pasti all’interno dell’Ospedale pubblico Beta, contatta il suo amico di vecchia data, Mevio, preposto alla predisposizione del bando di gara, che acconsente a consegnargli indebitamente i documenti pre-gara. Grazie alle informazioni avute, la società Alfa si aggiudica l’appalto.

Successivamente, però, la Guardia di Finanza sequestra presso l’abitazione di Mevio alcuni appunti manoscritti concernenti la fase preparatoria della gara con i quali Tizio aveva dato implicazione per modificare le condizioni del bando in senso favorevole alla propria società (implicazioni poi effettivamente recepite nella versione definitiva del detto bando di gara).

Il candidato, aventi le vesti del legale di Tizio, individui le fattispecie di reato configurabili a carico di entrambi i soggetti e gli indirizzi giuridici applicabili.

Svolgimento:

Ai fini della risoluzione del presente parere occorre, preliminarmente, effettuare un inquadramento giuridico della questione. L’ambito giuridico coinvolto si riferisce alla fattispecie della “turbata libertà degli incanti”, disciplinata dall’art. 353 c.p.

Al riguardo, l’art. 353 c.p. afferma che “Chiunque, con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, impedisce o turba la gara nei pubblici incanti o nelle licitazioni private per conto di pubbliche Amministrazioni, ovvero ne allontana gli offerenti, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni e con la multa da euro 103 a euro 1.032”.

Il secondo comma della medesima norma prevede una circostanza aggravante a carico di chi è persona preposta dalla legge o dall’Autorità agli incanti o alle licitazioni suddette, con ampliamento del minimo e del massimo edittale.

Nel caso di specie, sembra che la condotta di Mevio, pubblico ufficiale, in concorso con quella di Tizio, integri proprio la fattispecie prevista dal secondo comma dell’art. 353 c.p.

Infatti, la giurisprudenza ha ribadito, a tal proposito, che “ai fini della configurabilità del reato di turbata libertà degli incanti, è rilevante anche l’accordo collusivo tra il soggetto preposto alla gara ed uno dei partecipanti alla stessa, posto che la circostanza aggravante di cui all’art. 353, comma secondo, c.p., riferita al soggetto preposto alla gara per il solo fatto della funzione ricoperta, ha riguardo a tutte le condotte previste dal primo comma del medesimo articolo” (Cass. Pen., Sez. VI, 30 giugno 2014, n. 28157).

Non può trascurasi che potrebbe ritenersi applicabile anche la fattispecie contenuta nell’art. 353-bis c.p., norma introdotta dall’art. 10 della L. n. 136/2010. Al riguardo, risolutiva appare la sentenza Cass. Pen., Sez. IV, 14 aprile 2015, n. 26840.

La Corte, nella sentenza sopra citata, afferma che è stata introdotta dal legislatore, in aggiunta al reato di turbativa d’asta (353 cod. pen.), al fine di punire quelle condotte turbative che si manifestino anche nella fase precedente la gara, condotte che non necessariamente devono raggiungere poi il loro scopo prevalente (ovvero alterare l’esito della gara stessa).

Si legge dalla sentenza: “L’art. 353 bis c.p., prevede così che, salvo che il fatto costituisca fatto più grave, abbia autonoma rilevanza penale la condotta di chiunque, alternativamente con violenza minaccia, doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti (i medesimi comportamenti considerati dalla fattispecie ex art. 353 c.p.), turba il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando ovvero di altro atto equipollente, al fine di condizionarne le modalità di scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione”.

Pertanto, il “condizionamento” del contenuto del bando è il fine specifico dell’azione, per cui il reato (si tratta di un reato di pericolo) si consuma indipendentemente dalla realizzazione del fine: basta che la correttezza della procedura amministrativa nella predisposizione del contenuto del bando sia messa concretamente in pericolo, a prescindere dall’esito della procedura.

Come è stato osservato, la finalità della condotta dell’agente in questo contesto è quella di condizionare il contenuto del bando e, di conseguenza, il reato si perfeziona indipendentemente dalla realizzazione del fine: è sufficiente per la tipizzazione della condotta che la correttezza della procedura amministrativa, volta a predisporre il contenuto del bando, sia messa concretamente in pericolo. E in questo che si consuma, di fatto, il cosiddetto “turbamento”.

Ed in questo senso, la condotta di Tizio, sembra solo apparentemente attagliarsi alla norma in parola in quanto egli ha potuto beneficiare del bando nella sua fase precedente alla pubblicazione, con la complicità di Mevio, ed ha anche potuto condizionarne il regolamento e l’iter formativo stesso dei suoi contenuti. Tanto si deduce dal sequestro dei documenti effettuato presso l‘abitazione di Mevio inerenti spunti e suggerimenti allo stesso forniti da Tizio.

La condotta descritta però, in realtà è più precipuamente inquadrabile nell’alveo dell’art 353 c.p.

Ed infatti, l’art. 353 bis c.p. assume un’autonoma rilevanza penale, specialmente quando, di fatto, non si effettui alcuna “gara”, o anche nel caso in cui il contenuto del bando risulti concretizzato senza che le condotte di “turbamento” abbiano avuto efficacia alcuna.

La fattispecie di cui all’art. 353 c.p. invece, pur prevedendo una condotta tipica identica nelle modalità operative al 353 bis c.p., si applica alle ipotesi in cui venga impedita o turbata la gara nei pubblici incanti o nelle licitazioni private per conto di pubbliche amministrazioni, ovvero alle ipotesi in cui vengano allontanati gli offerenti. (Cass. Pen., sez. VI, 25 giugno 2015, n. 26840).

Seguendo l’excursus argomentativo del Supremo collegio occorrerà allora richiamare il evidenziare il seguente principio di diritto: i comportamenti che incidono sulla formazione del bando di gara che venga successivamente emesso, devono essere inquadrati nella fattispecie prevista dall’art. 353 c.p., a nulla rilevando che gli stessi sono stati posti in essere nel periodo precedente all’introduzione dell’art. 353 bis c.p., fattispecie che trova applicazione in relazione a tutti i comportamenti diretti alla manipolazione del bando di gara nei casi in cui questa non venga successivamente bandita, purché il procedimento amministrativo abbia avuto origine.

Alla luce delle considerazioni sopra esposte, possiamo concludere affermando che Tizio risponderà del reato previsto dall’articolo 353, in concorso con Mevio (essendo evidente che Tizio ha istigato Mevio a commettere il reato e quindi ricorre l’ipotesi del concorso dell’extraneus nel reato commesso dall’intraneus).

Mevio risponderà oltre che del reato di cui all’articolo 353 aggravato ai sensi del comma 2, anche ai sensi dell’articolo 326 (rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio), eventualmente avvinti, i due reati, dal vincolo della continuazione.

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