Esame d’avvocato: in caso di bocciatura è sufficiente il solo voto numerico

Esame d’avvocato: in caso di bocciatura è sufficiente il solo voto numerico

Nota a sentenza Adunanza Plenaria Consiglio di Stato n. 7 del 20 settembre 2017

Sommario: 1. La massima; 2. La motivazione del provvedimento amministrativo; 3. L’obbligo di motivazione negli atti concorsuali; 4. Motivazione del provvedimento e bocciatura all’esame d’avvocato.

1. La massima

Recentemente l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha riaffermato la sufficienza dell’espressione numerica del voto in caso di esito negativo alle prove scritte dell’esame di avvocato, considerando adeguatamente motivati i voti numerici attribuiti sulla base di criteri predeterminati , senza necessità di ulteriori chiarimenti, in quanto da soli atti a garantire la trasparenza della valutazione.

2. La motivazione del provvedimento amministrativo

Ma cosa si intende in generale per motivazione dell’atto amministrativo? Trattasi di uno strumento attraverso il quale la Pubblica Amministrazione esterna le ragioni giuridiche e i presupposti di fatto posti a fondamento  di un determinato provvedimento: le prime non sono altro che le argomentazioni sul piano del diritto poste alla base del provvedimento, ovvero le norme e i principi ritenuti applicabili al caso di specie; i presupposti di fatto, invece, sono gli elementi e i dati fattuali acquisiti in sede istruttoria su cui si fonda il provvedimento.

L’art. 3 della legge sul procedimento amministrativo, la n. 241/1990, sancisce l’obbligo di motivare ogni provvedimento amministrativo , che non è altro che un risvolto dei principi di trasparenza e democraticità dell’azione amministrativa, necessario per accertare la correttezza dell’operato della Pubblica Amministrazione.

La previsione di un siffatto obbligo deriva dal legame esistente tra procedimento e provvedimento, caratterizzato anche dalla partecipazione procedimentale dei privati: il provvedimento amministrativo, infatti, non è più atto unilaterale, ma punto di incontro tra l’esercizio del potere autoritativo della P.A. e l’interesse dei cittadini alla correttezza dell’azione amministrativa. Dunque, la Pubblica Amministrazione non può provvedere prescindendo dalle risultanze istruttorie, ma deve necessariamente valutare tutti gli interessi, pubblici e privati, emersi in corso di istruttoria assolvendo l’onere di motivazione, che costituisce collegamento imprescindibile tra la fase istruttoria e la decisione.

L’articolo 3 della legge n. 241/ 1990, dunque, ha previsto un obbligo generale di motivazione per tutti i provvedimenti amministrativi, compresi quelli concernenti l’organizzazione amministrativa e lo svolgimento dei concorsi, con l’eccezione degli atti amministrativi a contenuto generale.

3. L’obbligo di motivazione negli atti concorsuali

Relativamente agli atti concorsuali in tema di accesso ai pubblici impieghi, controversa è la possibilità di ritenere adempiuto l’obbligo di motivazione sulla base di una mera valutazione  numerica; parte della dottrina e della giurisprudenza, infatti, ha sostenuto la necessità, a tali fini, di un giudizio esplicito, sia pur sintetico, che consenta di comprendere gli elementi valutati dalla P.A. per la decisione.

Secondo un primo orientamento, dalla coerente applicazione dell’articolo 3 discenderebbe la necessità di un’adeguata motivazione degli atti che costituiscono esito di procedure concorsuali avvenute attraverso prove scritte o orali, in modo tale da consentire al destinatario del provvedimento la comprensione delle ragioni dell’atto in questione. Pertanto, occorrerà che il voto numerico sia accompagnato da una, seppure breve, descrizione che analizzi i pregi e difetti dell’elaborato, sulla base di criteri generali di valutazione predeterminati dalla Commissione per assicurare omogeneità di trattamento dei candidati.

Tuttavia, la posizione maggioritaria del Consiglio di Stato è sempre stata di rigetto di questa impostazione sulla base di due principali considerazioni: secondo la prima, i punteggi numerici rappresenterebbero di per sè una motivazione implicita, senza necessità di ulteriore specificazione, essendo la sintesi del giudizio tecnico-discrezionale della stessa commissione e rispondendo al principio di economicità dell’attività amministrativa di valutazione; la seconda considerazione dei giudici di Palazzo Spada si fonda sull’assunto che l’obbligo di motivazione previsto dall’articolo 3 riguarderebbe la sola attività provvedimentale e non quella del giudizio conseguente a valutazioni.

Tale tesi è bilanciata dal rispetto del principio di trasparenza, adempiuto tramite l’adesione ai criteri generali di valutazione predeterminati dalla Commissione giudicatrice, che mirano a chiarire la valenza del punteggio e le ragioni dell’apprezzamento espresso tramite l’indicazione numerica.

Accanto a queste due impostazioni, se ne è affermata una terza mediana secondo cui deve escludersi in linea di principio la necessità di una motivazione ultra-numerica, ma è possibile che circostanze particolari emerse nel corso dell’istruttoria implichino la necessità di una motivazione esplicita (ad esempio nel caso di macroscopiche differenze delle valutazioni di una stessa prova scritta da parte di singoli commissari).

La Corte Costituzionale, in passato, è stata investita da tre ordinanze di rimessione della valutazione di legittimità dell’articolo 3 , L. 241/1990: in particolare, si è chiesto alla Consulta  se la non necessità della motivazione extra-numerica in materia concorsuale, violerebbe il principio del giusto processo, di cui all’articolo 111 della Costituzione, posto a presidio del rispetto del contraddittorio e della parità delle parti, nonchè l’articolo 24 della Carta fondamentale, che sancisce l’inviolabilità del diritto di difesa, e l’articolo 113  Cost. che garantisce l’effettività della tutela giurisdizionale. La Corte, con sentenza n. 20 del 2009, ha dichiarato l’infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale  sollevate dai giudici rimettenti, rilevando che al candidato è in ogni caso garantita la possibilità di adire il giudice amministrativo avverso gli atti di valutazione degli elaborati, il cui obbligo di motivazione è in ogni caso soddisfatto, in via sintetica e implicita, dalla valutazione numerica.

4. Motivazione del provvedimento e bocciatura all’esame d’avvocato

Ad analoga conclusione è giunta la Consulta relativamente alla questione di legittimità costituzionale sollevata dal T.A.R. Lombardia con riferimento alla legittimità costituzionale  degli articoli 17-bis, co.1, 23,co.5 e 24, co.1, R.D. n. 37/1934, sull’ordinamento della professione di avvocato, nella parte in cui consentono che i giudizi di non ammissione dei candidati all’esame di abilitazione all’esercizio della professione forense siano motivati con l’attribuzione di un solo punteggio numerico. Anche in questo caso la Corte Costituzionale ha dichiarato l’infondatezza della questione, affermando che il punteggio numerico, oltre ad essere idoneo a costituire motivazione sintetica e sufficiente del giudizio valutativo espresso dalla commissione esaminatrice, in linea con l’art. 3, risponderebbe ad esigenze di buon andamento dell’azione amministrativa, di cui all’art. 97, co.1 Cost., oltre che di economicità ed efficacia dell’attività amministrativa, principio espresso dall’art. 1 della stessa legge sul procedimento amministrativo.

Anche l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato,con sentenza n.7 del 20 settembre 2017, ha recentemente ribadito la sufficienza del solo voto numerico ai fini di un giudizio adeguatamente motivato, in linea con la posizione pacificamente maggioritari:  ha così ribadito il principio secondo il quale i procedimenti della Commissione Esaminatrice degli aspiranti avvocati, che rivelano l’inidoneità delle prove scritte, vanno di per sè considerati sufficientemente motivati anche quando si fondano su voti numerici, senza necessità di ulteriori spiegazioni e chiarimenti, garantendo comunque il voto la trasparenza della motivazione.

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