Esiste ancora il reato di abbandono del tetto coniugale?

Esiste ancora il reato di abbandono del tetto coniugale?

L’influenza di film e di telefilm americani ha sortito un effetto devastante sul cittadino italiano, che ora ha una gran confusione in testa riguardo a quello che accade nelle aule di Tribunale.

Ci ritroviamo così convinti che esista una giuria alla Perry Mason e che si possa “non concedere” il divorzio in una moderna guerra dei Roses.

Sfatiamo subito questi miti: il procedimento penale italiano è ben diverso e separazione e divorzio seguono regole ben preciso.

Un ulteriore refuso riguarda il coniuge che abbandoni il tetto coniugale e che, pertanto, si macchierebbe di un apposito reato.

Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza.

Il codice civile impone ai coniugi specifici obblighi: tra gli altri, fedeltà, rispetto reciproco, mantenimento, assistenza e, appunto, coabitazione.

L’obbligo di coabitazione, letteralmente, presuppone che i coniugi vivano sotto lo stesso tetto.

E’ implicito che questo obbligo non potrà ritenersi violato qualora i coniugi vivano separati per un giustificato motivo (lavorativo o personale).

La violazione di quest’obbligo comporta conseguenze dal punto di vista civilistico: in sede di separazione, infatti potrà giustificare la pronuncia di addebito, la quale comporta, per il coniuge nei cui confronti venga pronunciata, la perdita del diritto all’assegno di mantenimento.

La ricerca del giustificato motivo dell’allontanamento dalla casa famigliare, in sede di separazione, rappresenta un nodo assai spinoso.

Infatti, la giurisprudenza ha stabilito che il coniuge è autorizzato ad abbandonare la casa solo al momento del deposito del ricorso per separazione, che segnerebbe dunque un punto di non ritorno.

Eppure, la stessa giurisprudenza ha allargato le maglie di questa interpretazione, ritenendo che l’allontanamento sia giustificato anche qualora la convivenza sia divenuta pericolosa o insopportabile al punto tale da recare pregiudizio ai figli minori.

Da punto di vista penale, sussiste una responsabilità, ai sensi dell’art. 570 c.p., ma solo a determinate condizioni.

Se, infatti, è vero che l’articolo inizia recitando ” Chiunque, abbandonando il domicilio domestico…” è anche vero che la stessa norma continua delineando una condotta ben precisa.

Infatti, unitamente all’abbandono, l’agente dovrà altresì sottrarsi agli obblighi di assistenza morale e materiale inerenti alla responsabilità genitoriale e /o di coniuge.


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Avv. Camilla Fasciolo

Nata il 07.09.1987 a Finale Ligure (SV), ha conseguito la laurea in Giurisprudenza nel luglio 2011 con una tesi in procedura penale, "La disciplina del patrocinio a spese dello stato nei procedimenti penali". Nel giugno 2013 si diploma presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali dell'Università di Genova, con una tesi in diritto di famiglia riguardante il nesso di causalità nell'addebito della separazione. Esercita la professione di avvocato dal Gennaio 2015.

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