Esposto, denuncia, querela: quale differenza?

Esposto, denuncia, querela: quale differenza?

Nel linguaggio corrente si confondono spesso i termini esposto, denuncia, querela, fino a ritenere che siano sinonimi.

In realtà non è così e rappresentano tre diversi atti.

In primis, occorre avere a mente che il nostro ordinamento differenzia i reati anche in base alla procedibilità, cioè al modo in cui viene dato impulso al procedimento penale.

Ed infatti, si distingue tra reati perseguibili d’ufficio, per i quali il procedimento penale viene iscritto qualora la notizia di reato pervenga a conoscenza dell’autorità competente, non necessariamente dalla persona offesa e senza particolari formalità.

Sono questi, solitamente, reati più gravi per i quali lo Stato ha interesse ad agire indipendentemente dalla volontà della persona offesa.

Diversamente, i reati perseguibili a querela sono quelli per cui è necessario, per l’inizio di un procedimento penale, che la persona offesa dal reato compia un atto formale.

Dovrà pertanto sporgere querela, chiedendo la punizione per i reati configurati.

Questa classificazione riguarda reati oggettivamente più lievi rispetto ai primi: ed infatti, in questo caso, la macchina penale si mette in moto solo se vi è un interesse della persona offesa alla punizione del presunto colpevole.

Interesse che, peraltro, può venir meno e dar luogo a remissione di querela.

Da questa importante distinzione evinciamo, pertanto, che la querela è un atto formalissimo: è infatti condizione di procedibilità per alcuni reati (il che significa che, per questi, se non vi è querela il procedimento penale non può aver luogo).

Può essere presentata personalmente dalla persona offesa, oppure a mezzo di un avvocato munita di procura speciale, entro il termine di tre mesi dall’accadimento del fatto (prorogato a 6 mesi nel caso di particolari reati, come lo stalking).

La querela deve contenere le generalità del querelante, l’esposizione dei fatti e la richiesta di punizione del reato identificando.

E’, inoltre, bene indicare anche la volontà di essere informati nel caso il P.M. chieda l’archiviazione del fascicolo (diversamente, non sussiste obbligo di informazione e, conseguentemente, la persona offesa non potrà opporsi all’archiviazione).

E’ pertanto evidente la prima grande differenza tra querela e denuncia ed esposto: la prima è la condizione senza la quale non viene dato impulso al procedimento per determinati reati.

La denuncia, diversamente, è l’atto con la quale chiunque (e non, pertanto, solo la persona offesa), porta a conoscenza dell’autorità un reato perseguibile d’ufficio di cui ha avuto conoscenza e può essere fatta senza alcun termine decadenziale.

Tramite l’esposto, invece, si richiede l’intervento dell’Autorità di Pubblica Sicurezza per mediare dissidi privati tra le parti.

Se all’esito dell’incontro previsto per la conciliazione emergano dei reati deve essere informata l’Autorità giudiziaria nel caso siano perseguibili d’ufficio.

Un’ultima differenza, riguarda la possibilità di bloccare gli effetti di uno di questi tre atti.

Infatti, è possibile rimettere la sola querela. Con l’atto di remissione, infatti, la persona offesa dichiara di non aver più interesse che il procedimento si svolga e venga punito il presunto colpevole.

E’ l’unica ipotesi in cui ciò è concesso, proprio per le ragioni sopra esposte.

Perché sia valida, la rimessione deve essere accettata dal querelato, che, invece, potrebbe avere interesse a proseguire nel procedimento e ottenere una sentenza di soluzione per ipotizzare un reato di calunnia, ad esempio, a suo danno.

La remissione può essere fatta in qualsiasi momento, prima della condanna: una volta accettata, estingue il reato.

Sul punto, va segnalato che la giurisprudenza ha chiarito che, per i procedimenti innanzi il Giudice di Pace, la mancata presentazione ingiustificata della persona offesa all’udienza testimonia la mancanza di interesse della stessa al processo e, pertanto, vale come remissione tacita della querela.


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Avv. Camilla Fasciolo

Nata il 07.09.1987 a Finale Ligure (SV), ha conseguito la laurea in Giurisprudenza nel luglio 2011 con una tesi in procedura penale, "La disciplina del patrocinio a spese dello stato nei procedimenti penali". Nel giugno 2013 si diploma presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali dell'Università di Genova, con una tesi in diritto di famiglia riguardante il nesso di causalità nell'addebito della separazione. Esercita la professione di avvocato dal Gennaio 2015.

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