Evoluzione della tutela della sfera personale del minore

Evoluzione della tutela della sfera personale del minore

Sommario: 1. Superamento di un’antica concezione – 2. La riservatezza del minore alla luce del Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196) – 3. La capacità del minore di esprimere il consenso al trattamento dei dati personali

 

1. Superamento di un’antica concezione

Riconoscere l’esistenza della sfera personale del minore e, dunque, il diritto del minore alla privacy è stato un approdo recente[1], poiché la (ormai superata) concezione tradizionale della potestà genitoriale poneva dei limiti alla libera espressione della personalità del fanciullo[2].

La riforma del diritto di famiglia del 1975[3] ha riformulato l’art. 147 c.c., riconoscendo al minore una sfera di riservatezza, in uno scenario in cui: l’obbligo del genitore di mantenere, educare, istruire i figli deve essere adempiuto tenendo presenti le capacità, le inclinazioni naturali e le aspirazioni della prole; il ruolo del genitore si arresta dinanzi agli aspetti più intimi della personalità del fanciullo, a meno che le interferenze siano finalizzate a prevenire o a dirimere situazioni nocive[4].

Si è arrivati, così, ad affermare che nel caso in cui venga violato il diritto alla riservatezza del minore, il genitore possa non soltanto essere destinatario di un provvedimento di limitazione o decadenza del ruolo (ex art. 330 ss. c.c.)[5], ma anche una tutela risarcitoria per i danni subiti dal figlio[6].

Fino a qualche decennio fa, il nucleo familiare era visto come un gruppo sociale chiuso[7], all’interno del quale non era riconosciuta al minore alcuna autonomia.

Oggi, invece, è pacifico che l’esercizio dei diritti fondamentali della persona sia svincolato dall’età del soggetto[8].

L’iter evolutivo è stato arduo, anche in ragione del fatto che il fanciullo non veniva considerato soggetto di diritto[9], ma oggetto di diritto e destinatario delle decisioni altrui, a causa del suo status di inferiorità personale e giuridica[10].

Il passaggio dalla tutela degli interessi del minore, ad opera dei propri rappresentanti legali o degli organi giudiziari, alla tutela dei suoi diritti e interessi[11] ha determinato l’esigenza di garantire i diritti fondamentali del minore sia come singolo individuo, sia all’interno delle formazioni sociali ove si manifesta la sua personalità, come la famiglia, in ossequio agli art. 2, 3 e 30 Cost.[12].

2. La riservatezza del minore alla luce del Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196)

Il diritto alla riservatezza è sorto in ritardo nel nostro ordinamento[13], a causa dell’inesistenza di una norma che ne sanciva in via diretta la tutela[14].

Il diritto al rispetto della vita privata e familiare viene sancito per la prima volta all’art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata dall’Italia con la l. 4 agosto 1955, n. 848.     Pur non essendo espressamente menzionato dalla Costituzione, il diritto alla riservatezza è poi stato elaborato dalla dottrina e dalla giurisprudenza[15] in base all’impianto del sistema costituzionale[16].

Nonostante le sue antiche origini nella cultura americana e anglosassone[17], in Italia ha avuto il suo ingresso grazie un revirement della Corte di Cassazione[18] la quale, avallando opinioni dottrinali più evolute rispetto ad altre dell’epoca[19] e una parte minoritaria della giurisprudenza di merito[20], riconobbe la tutela della riservatezza, ravvisandone il fondamento del diritto nei principi costituzionali (artt. 2 e 3, comma 2, cost.) [21].

Superata la fase embrionale del diritto alla riservatezza, si è passati a risolvere i problemi relativi all’individuazione dell’oggetto e dei limiti di tale diritto. Dalla mera intimità delle pareti domestiche, secondo una logica legata al diritto di proprietà, si è giunti a garantire una tutela che, però, necessita di essere parametrata al momento storico nel quale si cala la fattispecie concreta[22].

L’esigenza di tutela della sfera personale della persona si è manifestata, nel corso degli anni, in diverse forme, quali il diritto alla vita privata, il diritto all’intimità personale, il diritto ad essere lasciati soli. Ma, al di là delle molteplici forme della tutela della riservatezza, è emerso che le violazioni della sfera personale della persona aumentano con l’incalzare del progresso tecnologico.

Oggi, il titolo I del libro I del codice civile disciplina la tutela della sfera personale dell’individuo fornendo una disciplina di base[23], cui si aggiunge una legislazione speciale, rappresentata dalla Legge sul diritto d’autore (l. 633/1941) e dalla Legge sulla privacy (l. 675/1996), inglobata nel Codice in materia di protezione dei dati personali, con successive modifiche (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, entrato in vigore il 1° gennaio 2004).

Il trattamento dei dati sensibili della persona, idonei a rilevarne, ad esempio, l’origine razziale o etnica, le convinzioni religiose, filosofiche, le opinioni politiche, l’adesione ai partiti, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, lo stato di salute e la vita sessuale[24], rappresenta il «nucleo duro»[25] del trattamento informatizzato dei dati personali.

Sulla scia degli ordinamenti stranieri[26], il legislatore ha cercato di contemperare le esigenze di tutela della sfera personale dell’individuo con quelle del progresso tecnologico, la cui portata andava limitata, ma al contempo legittimata, a fronte del forte interesse all’acquisizione di dati personali, con archiviazione degli stessi in banche dati.

Il trattamento dei dati personali si traduce, inevitabilmente, nella possibilità di ricostruire parte della vita delle persone[27]; sì che, laddove tali dati non siano utilizzati per finalità meritevoli[28] da parte di chi su di essi esercita un potere di controllo, il loro uso può risultare nocivo per un sano sviluppo della personalità umana, a maggior ragione quando l’interessato sia un minore.

La tutela della riservatezza del minore è sancita, a livello internazionale, da diverse convenzioni, tra le quali le più significative sono quella di New York del 1989 sui diritti dei fanciulli, ratificata dall’Italia con l. 27 maggio 1991, n. 176, e quella di Strasburgo del 1996 sull’esercizio dei diritti dei fanciulli, ratificata dall’Italia con legge 20 marzo 200, n.77.

Come osservato dalla dottrina minorile[29], all’interno della disciplina sulla privacy, prima dell’emanazione del nuovo Codice, non era presente alcuna disposizione specifica relativa al minore.

Il d.lgs. 196/2003 ha introdotto riferimenti al trattamento dei dati sensibili del minore, lasciando, però, irrisolti dubbi ermeneutici sul soggetto tenuto ad esprimere il consenso informato per il trattamento dei dati personali che, in relazione al minore si acuiscono, specialmente nel caso in cui il genitore abbia un interesse in conflitto con lo stesso e quest’ultimo possegga già una capacità di discernimento sufficiente per esprimere tale consenso.

3. La capacità del minore di esprimere il consenso al trattamento dei dati personali

Pur partendo dal presupposto che il diritto alla riservatezza sia un diritto personalissimo, in base ad una interpretazione letterale del disposto dell’art. 23 del Codice sulla privacy (coincidente con il previgente art. 11 della l. 675/ 1996), nel caso dei minori, questo dovrebbe essere esercitato dal rappresentante legale.

In entrambe le norme, infatti, non si fa riferimento alla capacità del soggetto che presta il consenso.

Di conseguenza, andrebbe applicato l’art. 2, comma 1, c.c., in base al quale, per la prestazione del consenso al trattamento dei dati personali, occorrerebbe il compimento della maggiore età[30].

Già dai commenti dottrinali[31] relativi alla prima legge sulla privacy (l. 675/1996) emergevano divergenze di opinioni sulla necessità della piena capacità d’agire dell’interessato[32], ai fini del rilascio di una valida manifestazione di consenso al trattamento dei dati personali[33].

Un orientamento favorevole alla partecipazione diretta del minore nelle vicende personali che lo riguardano, senza l’interposizione dei genitori, era ispirato alla concezione del minore derivante dalle Convenzioni internazionali[34].

La dottrina è ormai unanime[35] nel ritenere che i fanciulli non possano essere, indistintamente, considerati soggetti incapaci d’agire.

È stato ritenuto ammissibile[36], al contrario, riconoscere al minore una limitata capacità negoziale, sostanziale e processuale per l’esercizio dei diritti della personalità, fra cui quello alla privacy[37].

Ci si riferisce alla c.d. capacità di discernimento[38], che può essere posseduta dal minore prima del raggiungimento della maggiore età.

Diverse norme presenti nel Codice Civile[39] e in alcune leggi speciali, fra cui quella sul divorzio, si riferiscono implicitamente alla capacità di discernimento, senza individuare in assoluto un’età precisa in cui questa possa essere riconosciuta, né criteri o parametri di valutazione per individuarla. La legge sulla adozione[40] fa riferimento alla capacità di discernimento del minore di età inferiore ai dodici anni.

Il nuovo Regolamento europeo 2016/679 (GDPR) ha fissato, con l’art. 8 (Condizioni applicabili al consenso dei minori in relazione ai servizi della società dell’informazione), una regolamentazione specifica.

All’art. 8 GDPR prevede che, nell’ambito di offerte dirette di servizi ai minori, il trattamento dei dati sia lecito ove il minore abbia almeno 16 anni ma gli Stati membri possono stabilire un’età inferiore, purché non inferiore ai 13 anni. Per i soggetti con età inferiore ai 16 anni (o quella eventualmente stabilita dagli Stati membri), l’art. 8 GDPR stabilisce che il consenso è prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale e prevede che il titolare del trattamento si adoperi in modo ragionevole per verificare che il consenso sia prestato dal titolare della responsabilità genitoriale.

A livello interno, il Decreto Legislativo del marzo 2018 recante disposizioni per l’adeguamento al GDPR, in attuazione dell’articolo 8, paragrafo 1, del Regolamento, ha stabilito che il minore che abbia compiuto quattordici anni può esprimere il consenso al trattamento dei propri dati personali in relazione all’offerta diretta di servizi della società dell’informazione. Ha stabilito, inoltre, con riguardo a tali servizi, che il trattamento dei dati personali del minore di età inferiore a quattordici anni, fondato sull’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), del Regolamento, è lecito a condizione che sia prestato da chi esercita la responsabilità genitoriale.

È stata introdotta una deroga, dunque, alla regola generale di cui all’art. 2 del Codice Civile secondo cui, come noto, la capacità di agire si acquista al compimento del diciottesimo anno d’età, salvo che non sia prevista un’età diversa.

Alla luce degli interventi legislativi in conformità alla disciplina europea, è possibile evidenziare, allora, all’attualità, un conflitto tra l’età fissata per il consenso al trattamento dei dati (16 anni a livello europeo e 14 in Italia) e l’età prevista per l’acquisizione della capacità d’agire e, quindi, per l’esercizio dei propri diritti.

 

 

 

 

 


[1] V. M. DOGLIOTTI e S. BOCCACCIO, Il diritto alla riservatezza negli orientamenti della giurisprudenza, in Nuova giur. civ. commentata, 1989, II, p. 351 ss.,
[2] P. PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale, Napoli, 1991, 2a ed., p. 497 ss.
[3] F. RUSCELLO, Dal patriarcato al rapporto omosessuale: dove va la famiglia?, in Scritti in memoria di Ernesto Cantelmo, II, Napoli, 2003, p. 664 ss.
[4] L. SACCHETTI, Problemi e prospettive fra giurisdizione e amministrazione negli interventi giudiziari a protezione dei minori, in P. DUSI (a cura di), Le procedure giudiziarie civili a tutela dell’interesse del minore (Atti del convegno «La tutela dell’interesse del minore e le procedure giudiziarie civili», Venezia 6-8 dicembre 1987), Milano, 1990, p. 101.
[5] Cfr. Trib. min. Catania, 21 giugno 1990, in Dir. fam. e pers., 1992, p. 1064 ss
[6] G. DOSI e C. DI BARTOLOMEO, Abuso della potestà genitoriale e risarcimento del danno al minore, in Fam. e dir., 1996, p. 489 ss.
[7] G. DOSI e C. DI BARTOLOMEO, Abuso della potestà genitoriale e risarcimento del danno al minore, cit., p. 493
[8] M. GIORGIANNI, Della potestà dei genitori, in Commentario al diritto italiano della famiglia, a cura di G. Cian, G. Oppo e A. Trabucchi, IV, Padova, 1992, p. 292 ss.
[9] A. PIZZORUSSO, Persone fisiche, art. 1-10, in Comm. del cod. civ. Scialoja e Branca, a cura di F. Galgano, Bologna, 1988, p. 6.
[10] L. BARBIERA, L’umanizzazione del diritto di famiglia, in Rass. dir. civ., 1992, p. 265
[11] M.E. QUADRATO, Il minore tra interessi e diritti, Bari, 1995, passim; G. DOSI,
Dall’interesse ai diritti del minore: alcune riflessioni, in Dir. fam. e pers., 1995, p. 1604 ss.
[12] R. PANE, Favor veritatis e diritto dell’adottato di conoscere le proprie origini nella recente riforma delle adozioni, in Rass. dir. civ., 2003, p. 243 ss.
[13]Corte Cost., con decisione del 12 aprile 1973, n. 38, in Foro it., 1973, I, c. 1707
[14] cfr. Cass., 22 dicembre 1956, n. 4487, in Giust. civ., 1956, I, p. 5
[15] G. GIACOBBE, Riservatezza (diritto alla), cit., p. 1259
[16] P. PERLINGIERI, La personalità umana nell’ordina- mento giuridico, Camerino-Napoli, 1972, pp. 12, 44 e 154
[17] S.D. WARREN
e L.D. BRANDEIS, The Right to Privacy, in Harvard L. Rev., 1890, p. 193 ss.; A.F. WESTIN, Privacy and Freedom, New York, 1970, p. 8 ss.; A.R. MILLER, The Assault on Privacy, Ann Arbor, 1971, p. 42 ss.; T. PROSSER, Privacy, in California L. Rev., 1960, p. 385
[18] Cass., 27 maggio 1975, n. 2129, in Foro it., 1976, I, c. 2895, con nota di G. MONTELEONE
[19] M. FERRARA SANTAMARIA, Il diritto all’illesa intimità privata, in Riv. dir. priv., 1957, I, p. 170 ss.; B. FRANCESCHELLI, Il diritto alla riservatezza, Napoli, 1960; M. GIORGIANNI, La tutela della riservatezza, in Riv. trim., 1970, p. 13 ss.; A. CATAUDELLA, La tutela civile della vita privata, Milano, 1972
[20] Trib. Roma, 14 settembre 1953, in  Foro  it., 1954, I, p. 117 ss., con nota critica  di G. PUGLIESE, Il preteso diritto alla riservatezza e le indiscrezioni cinematografiche, e replica di A. DE CUPIS, Il diritto alla riservatezza esiste, in Foro it., 1954, IV, c. 90, cui si aggiunge l’intervento R. MUSATTI, Appunti sul diritto alla riservatezza, ivi, IV, c. 184.
[21] Cass., 22 giugno 1985, n. 3769, in Foro it., 1985, I, c. 2211
[22] P. RESCIGNO, Personalità (diritti della), in Enc. giur. Treccani, XXIII, Roma, 1990, p. 2; E. ROPPO, Diritti della personalità, diritto all’identità personale e sistema dell’informazione. Quale modello di politica del diritto, in L’informazione e i diritti della persona, a cura di Alpa, Bessone, Boneschi e Chiazza, Napoli, 1983, p. 29 ss.; M. DOGLIOTTI, Le persone fisiche, in Tratt. di dir. priv. Rescigno, I, Torino, 1982, pp. 55 e 662.
[23] Il diritto alla riservatezza è stato ricavato dalla dottrina mediante l’estensione analogica della tutela di altri interessi della persona, presenti all’interno dell’ordinamento positivo nella forma di diritti soggettivi, come il diritto al nome (artt. 6 e 7 c.c.), il diritto all’immagine (art. 10 c.c.), il diritto all’inviolabilità del domicilio e della corrispondenza, utilizzando anche categorie intermedie come il diritto all’onore e alla reputazione. G. GIACOBBE, Riservatezza (diritto alla), cit., p. 1249
[24] art. 22, comma 1, l. 675/1996 ed ora nel Codice art. 4, comma 1, lett. d)
[25] . RODOTÀ, Tecnologie e diritti, Bologna, 1995, p. 208; V. CARBONE, o. c., p. 27, usa un’espressione simile, ossia nocciolo.
[26] G. ALPA, Privacy e statuto dell’informazione (il privacy act 1974 e la loi relative all’informatique, aux fichiers et aux libertés n. 78- 17 del 1978), in Riv. dir. civ., 1979, p. 65 ss. Sul- l’esperienza tedesca v. M. BESSONE, Politica dell’informazione e strategie di “Datenschutz”, in Pol. dir., 1974, p. 107 ss.
[27] S. RODOTÀ, La “privacy” tra individuo e collettività, in Pol. dir., 1974, p. 551
[28] S. RODOTÀ, Tecnologie e diritti, cit., p. 112
[29] .C. MORO, Manuale di diritto minorile, 3ª ed., Bologna, 2002, p. 360; L. SAC- CHETTI, Gli operatori minorili di fronte alla privacy, in Prosp. soc. e san., 1999, p. 7 ss. e ID., Privacy, nodi e scioglimenti con particolare riferimento alla tutela dei minori, in Fam. e dir., 1998, p. 292 ss.
[30] P. RESCIGNO, Capacità di agire, in Noviss. dig. it., II, Torino, 1958, p. 862; ID., Capacità di agire, in Dig. disc. priv., Sez. civ., II, Torino, 1988, p. 213 ss.,
[31] S. PATTI, Commento all’art. 11 della legge n. 675/1996, in Nuove leg. civ. commentate, 1999, p. 359 ss.; V. CUFFARO e V. RICCIUTO (a cura di), La disciplina del trattamento dei dati personali, Torino, 1997, p. 222 ss.
[32] Ai sensi dell’art. 4, lett. i) del Codice sulla privacy, per interessato si intende “la persona fisica, la persona giuridica, l’ente o l’associazione cui si riferiscono i dati personali”.
[33] CUFFARO, La disciplina del trattamento dei dati personali, cit., p. 222 ss.; contra S. PATTI, o. c., p. 359.
[34] A. SALZANO, La rete internazionale di protezione del fanciulli. Accordi internazionali in vigore ed in corso di ratifica a tutela della minore età, Mila- no, 1998; M.R. SAULLE (a cura di), La convenzione dei diritti del minore e l’ordinamen- to italiano, Napoli, 1994; A. FINOCCHIARO, L’audizione del minore e la convenzione sui diritti del fanciullo, in Vita not., 1991, I, p. 834; A.C. MORO, Il bambino è un cittadino. Conquista di libertà e itinerari formativi. La Convenzione dell’ONU e la sua attua- zione, Milano, 1991; A. DELL’ANTONIO, La Convenzione sui diritti del fanciullo: la stato di attuazione in Italia, in Dir. fam. e pers.,1997, p. 246; M. DOGLIOTTI, I diritti del minore e la Convenzione dell’ONU, ivi, 1992, p. 301; F. UCCELLA, Il progetto di conven- zione sui diritti del bambino, in Giur. it., 1990, IV, c. 212.
[35] CORRIERO, «L’avvocato del minore: le norme, le prassi e i problemi». Note a margine dell’ultimo convegno dell’Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia, in Rass. dir. civ., 2003, p. 1017 ss.
[36] C.M. BIANCA, Diritto civile, 1, La norma, i soggetti, Milano, 1978, p. 214
[37] P. PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale, Napoli, 1991, p. 501
[38] P. STANZIONE, Capacità e minore età nella problematica della persona umana, cit., pp. 315 ss., 362 ss.
[39] artt. 145, 244, 250, 252, 264, 273, 284, 348, 363, 774, 1389, 2580 c.c.
[40] artt. 4, comma 1 e 6, 7, comma 3, 10, comma 5, 15, comma 2 e 25, comma 1

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