Fallimento in estensione di una società a responsabilità limitata

Fallimento in estensione di una società a responsabilità limitata

Cass. civ., sez. I, 21 gennaio 2016, n. 1095

a cura di Paolo Ferone

È ammissibile il fallimento in estensione di una società a responsabilità limitata per la partecipazione di una società di persone, anche di fatto, trattandosi di attività che non esige il rispetto dell’art. 2361, comma 2, c.c., dettato per la società per azioni, e costituisce un atto gestorio dell’organo amministrativo, che non richiede – almeno ove l’assunzione della partecipazione non comporti un significativo mutamento dell’oggetto sociale – la previa decisione autorizzativa dei soci ex art. 2479, comma 2, c.c..

E’ ammissibile la partecipazione di una società di capitali (s.r.l.), in una società personale?

L’ammissibilità è sancita, in seguito alla riforma societaria del 2003, dagli artt. 2361 c.c. e 111 duodecies att. c.c.; tuttavia occorre una espressa delibera dell’assemblea.

Qual è il contenuto precettivo dell’art. 2361 c.c.?

Ad avviso della Corte nessuna disposizione sancisce il divieto di assumere la partecipazione in una società che preveda la responsabilità illimitata della compagine azionaria, né commina, ai sensi dell’art. 1418 3° comma c.c., la nullità della partecipazione stessa, per la sola mancanza della previa delibera assembleare o dell’indicazione nella nota integrativa, quest’ultima, da effettuarsi ad opera degli amministratori della società. Sul punto gli Ermellini rilevano come nemmeno la comminazione di una nullità virtuale ex art. 1418 c.c. sia ammissibile.

Nella sentenza in esame emerge la questione della totale mancanza di controllo dei soci riguardo gli atti gestori posti in essere dagli amministratori di una s.r.l. non rientrando la costituzione di una società di fatto, nell’attività amministrativa.

Sussiste, dunque, la possibilità per degli amministratori di porre in essere atti gestori di una società di fatto?

La Suprema Corte afferma “gli amministratori compiono tutte le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale; dunque sussiste il potere degli amministratori di attuare l’oggetto programmato sotto ogni aspetto, ma anche al di fuori dell’oggetto essi sono in grado di impegnare la società (…) il sistema ordinamentale della società azionaria esclude, in via di principio, la nullità o l’inefficacia dell’atto negoziale compiuto dagli amministratori in violazione delle disposizioni sull’autorizzazione assembleare”, osservando come il tutto sia stato compiuto in coerenza di una scelta di fondo della riforma del 2003 in favore di una tutela di tipo obbligatorio.

Responsabilità illimitata della società di capitali socia della società di fatto con conseguente estensibilità del fallimento.

Si deve ammettere la responsabilità di una società di capitali che, operando in società di fatto ha strutturato un siffatto contorto sistema. La Corte sottolinea che la stessa assemblea dei soci debba assumersi le conseguenze di una errata scelta dei propri organi apicali.

Riguardo l’analisi dell’estensione di responsabilità ai soci illimitatamente responsabili gli Ermellini affermano che “la partecipazione di una società di capitali in una società di persone non tanto comporta una modificazione dei diritti dei soci, quanto della società partecipante stessa, che diviene illimitatamente responsabile. I soci di questa continuano ad essere vincolati nei limiti del conferimento”. Per la Corte l’efficace assunzione della partecipazione in una società comporta tutte le implicazioni, compreso il “(…) possibile fallimento della società di fatto, cui quella di capitali abbia partecipato, e dei suoi soci illimitatamente responsabili”.

In conclusione la Suprema Corte ha affermato che la partecipazione di una società a responsabilità limitata (quale è una s.r.l.) in una società di persone (sia essa anche c.d. di fatto), non richiede il rispetto dell’art. 2361 c.c. co. 2, disciplinante le società per azioni, e costituisce un atto gestorio proprio degli organi amministrativi della società, onde per cui non si richiede (salvo che non comporti un forte mutamento dell’oggetto sociale), la previa decisione autorizzativa dei soci ex art. 2479 c.c., comma 2 n. 5.

Società di fatto: essa viene formulata dalla dottrina e dalla giurisprudenza per mezzo dell’analisi dei principi generali in materia di società e, in particolar modo, per mezzo di uno studio differenziale rispetto all’istituto della comunione d’azienda (cd. comunione di mero godimento). Infatti, la società di fatto – come ogni altra società – deve avere uno scopo lucrativo, trovare la sua causa nello svolgimento di un’attività economica e caratterizzarsi per la disponibilità di risorse economiche materiali e immateriali apportate dai soci in forza di un contratto di società. Pertanto una prima caratteristica della società di fatto si fonda sull’estrinsecazione verso i soggetti terzi dell’esistenza di un vincolo societario tra i soggetti che partecipano in qualità di soci. Carattere, questo, che permette di distinguere la società di fatto (palese) dalla società occulta, ossia dalla società che viene individuata dalla giurisprudenza (soprattutto in sede fallimentare) come esistente tra un soggetto che agisce formalmente come imprenditore individuale e altri soggetti, che non appaiono formalmente essere soci.

Sulla ammissibilità della partecipazione di società di capitali in società di persone (cfr. Cass. n. 5636/1988).

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