Fideiussione bancaria in bianco? Per la Suprema Corte è abuso di bianco segno

Fideiussione bancaria in bianco? Per la Suprema Corte è abuso di bianco segno

La suprema Corte di Cassazione, chiamata nella sostanza a qualificare una fideiussione bancaria in bianco quale abuso di bianco segno o falsità materiale, con Sentenza, III Sez. Civ. n. 899 del 17 gennaio 2018 ha segnato il discrimen, potrebbe dirsi logico, esistente tra le due fattispecie.

Secondo la Corte, infatti, «deve ritenersi sussistente non un falso materiale (riempimento absque pactis), ma un abuso di biancosegno (riempimento contra pacta) in tutti i casi in cui esista un qualsivoglia accordo sugli interventi da eseguire sul testo. Un accordo sul riempimento, tuttavia, può avere sia un contenuto positivo (ad esempio: “sul documento dovrà essere apposta la data in cui verrà presentato a terzi”); sia un contenuto negativo (ad esempio: “sul documento non dovrà essere apposta nessuna data”). Nell’uno, come nell’altro caso, il sottoscrittore ed il prenditore del documento concordano che il secondo dovrà tenere una certa condotta: e non rileva, ai nostri fini, se si tratti d’una condotta positiva o negativa. Anche il patto col quale chi riceva un documento si obblighi a non completarlo è, dunque, un accordo di riempimento. La conseguenza è che chi assuma che un documento da lui sottoscritto sia stato riempito, nonostante vi fosse un accordo che lo vietasse, deduce un abuso di biancosegno (o riempimento contra pacta), e per dimostrare la fondatezza di tale assunto non ha l’onere di proporre la querela di falso».

Espresso, inoltre, il rimando della Corte ad altro precedente di  legittimità, tracciato nel 1980 dalle Sezioni Unite, nella parte cui stabiliva «che la querela di falso è necessaria quando il sottoscrittore di un foglio firmato in bianco ne lamenti l’abusivo riempimento absque pactis, cioè senza che l’autore del riempimento fosse stato autorizzato dal sottoscrittore con preventivo patto. Non è, invece, necessaria la querela di falso quando il riempimento sia avvenuto contra pacta, cioè in modo difforme da quello consentitogli dall’accordo precedentemente intervenuto (Sez. U, Sentenza n. 5459 del 13/10/1980nonché a più recente giurisprudenza significante «che il riempimento absque pactis è quello che trasforma il documento in qualcosa di diverso da quel che era in precedenza, e costituisce perciò una falsità materiale. Il riempimento contra pacta o abuso di biancosegno, invece, consiste in un inadempimento: ovvero nella violazione del mandatum ad scribendum conferito dal sottoscrittore a chi poi dovrà completare il documento (così, in particolar modo, Sez. 3, Sentenza n. 18989 del 01/09/2010)».

Ne diviene che si è in presenza di abuso di bianco segno (quindi di riempimento contra pacta e secondo i giudici di merito, come pure confermato da Cassazione, è tale il caso della fideiussione in commento) ogni qualvolta esista un qualsivoglia accordo sugli interventi da eseguire sul testo e per dimostrare la fondatezza di tale assunto non vi è l’onere di proporre la querela di falso.

Ciò detto, non può che farsi menzione della precedente fase di merito, la quale risultava permeata anche di un giudizio incidentale sulla ammissibilità della querela di falso nonché interessata dall’ intrecciarsi di differenti tematiche giuridiche idonee ad appesantire l’accertamento giudiziario. In detta fase si è assistiti dapprima al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, nel corso del quale veniva proposta dal ricorrente querela incidentale di falso che, ammessa in prime cure, veniva poi dichiarata inammissibile dal Collegio, e subito poi a quello di appello che, assunta la pronuncia del Collegio, rigettava il gravame del ricorrente spiegando che «il giudice della querela di falso incidentale, per valutarne l’ammissibilità, deve tenere conto dei fatti dedotti nel giudizio “portante” (p. 12 della sentenza d’appello)» e «nel caso la circostanza dell’abusivo riempimento del contratto di fideiussione era estranea al thema decidendum, perché tardivamente introdotta nel giudizio di opposizione».

Al cospetto di un giudizio di merito (ed anche incidentale) che si mostrava nella sua più formale e procedurale essenza preclusiva, tanto è vero che si discorre di domanda di accertamento tardivamente  promossa nonché non correttamente qualificante la causa petendi, il ricorrente promuoveva ricorso per cassazione, ritenendo che la sentenza impugnata fosse: a) affetta dal vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c. e b) dal vizio di omesso esame d’un fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c.; c) non corretta nella parte in cui riteneva tardivamente introdotta da parte del ricorrente la questione della falsità del contratto di fideiussione nonché d) affetta da nullità processuale, ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c..

Il ricorrente cercava, quindi, di procurarsi un nuovo giudizio di merito che sapesse, questa volta, essere più orientato a valutare i fatti di cui si chiedeva l’accertamento e non anche ad escluderlo in adesione alle preclusioni di cui pocanzi, ma trovava ulteriore paresi nelle parole degli Ermellini di piazza Cavour secondo i quali «Non forma dunque oggetto del contendere la questione della validità della fideiussione» e «In ogni caso la censura sarebbe altresì: (-) inammissibile per difetto di interesse, perché la nullità della fideiussione renderebbe inammissibile la querela di falso, che invece il ricorrente vuole sia dichiarata ammissibile; (-) infondato, perché estraneo alla ratio decidendi: la Corte d’appello non ha affatto accertato in facto che il fideiussore abbia prestato una garanzia illimitata; ha soltanto ritenuto tardiva la deduzione della circostanza dell’abusivo riempimento del foglio firmato in bianco, a prescindere da qualsiasi giudizio sulla veridicità di tale circostanza.»

I motivi addotti, a dire della Corte, «pur contenendo talune affermazioni in diritto non erronee, sono inammissibili per difetto di rilevanza» e, stante quanto già riferito circa la natura dell’accertamento cui la Corte di Appello è potuta giungere, «diventa irrilevante in questa sede stabilire se la Corte d’appello abbia errato o meno, nel ritenere che la questione della falsità fosse stata tardivamente introdotta nel giudizio a quo.»

Invero, però, i temi “dell’abusivo riempimento della fideiussione, della falsità o veridicità del documento impugnato e della consequenziale ammissibilità della querela di falso non venivano proprio presi in considerazione nel giudizio di merito, cedendo il passo ad un giudizio limitato (per legittime ragioni procedurali) solamente a rilevare la tardiva ed erronea qualificazione della domanda giudiziale e non anche garantista dell’accertamento dei fatti dedotti in giudizio.

I giudici di legittimità, facendo salvi i precipitati di merito, hanno quindi stabilito che fideiussione bancaria in bianco è “abuso di bianco segno” (riconducibile al solo inadempimento contrattuale per violazione del mandatum ad scribendum e non anche alla falsità materiale) in tutte le ipotesi in cui risulti espressione di riempimento contra pacta (“ed è tale in tutti i casi in cui esista un qualsivoglia accordo sugli interventi da eseguire sul testo, anche dal contenuto negativo”) per la dimostrazione della cui fondatezza non v’è l’onere di proporre la querela di falso. Inoltre, escludendo ogni altro tipo di accertamento, la Suprema Corte evidenziava non solo un difetto di rilevanza, in quanto irrilevante nel giudizio di cassazione la correttezza della pronuncia di merito circa la tardività del giudizio incidentale sulla falsità, nonché un difetto di interesse del ricorrente in quanto «la nullità della fideiussione renderebbe inammissibile la querela di falso, che invece il ricorrente vuole sia dichiarata ammissibile».

Al riguardo, si osserva, invece, che tanto nel merito quanto in sede di legittimità le preclusioni cennate sono state paralizzanti di ogni rilevante interesse nonché legittima aspettativa del ricorrente, considerato che, assente l’accertamento de facto, non solo non è stata accertata e dichiarata la nullità ma al contempo è stata dichiarata inammissibile la querela di falso. Giocoforza, già solo in presenza di una delle due statuizioni, per quanto astrattamente contraddittorie potrebbero apparire in diritto, il ricorrente avrebbe nella pratica, sia in via diretta che riflessa, visto comunque tutelato il suo interesse. Infatti, se  accertata e dichiarata la nullità della  fideiussione, ogni problematica avrebbe trovato soluzione in quanto il ricorrente non ha né avrebbe mai voluto attribuire detta funzione all’atto  in bianco, se ammessa la querela di falso, e quindi per assurdo valida la fideiussione, poteva in ogni caso farsi valere  absque pactis la “falsità materiale della stessa” e non solo l’inadempimento contrattuale di cui al riempimento contra pacta. Tale ultimo aspetto assume rilievo proprio in ragione dell’inattitudine dell’abuso di bianco segno, come pure della falsità materiale, a determinare l’automatica nullità dell’atto.

Sul punto, va indagata l’essenza terminologica fatta propria dalla Corte, quando significa che la «dimostrazione della fondatezza dell’abuso di bianco segno non è soggetta all’onere di querela di falso», ovvero ritiene la querela «non essere necessaria», al contempo mai sancendo la sua fisiologica inammissibilità tout court (non è quindi statuito alcun positivo ed espresso divieto circa l’ammissibilità della querela di falso in caso di abuso di bianco segno). Tanto è vero che l’inammissibilità di cui si discorre oggi trova dimora in delle preclusioni di mero rito, come già addietro significate, in assenza della quali si sarebbe approdati quantomeno ad un giudizio di accertamento in senso stretto.

Qualificare, però, con immediatezza e definitività l’una o l’altra fattispecie non è compito agevole per l’interprete e, di certo, non può dirsi de plano risolutivo il discrimen logico di cui alla sentenza in commento, non fosse altro poiché non declinante l’insieme degli univoci e cospicui elementi pratici di differenziazione. Sul punto, neppure può dirsi dirimente il rimando espresso della Corte ad altre sue precedenti statuizioni, più nello specifico alla ridetta Sentenza, Sezioni Uniti n. 5459 del 13/10/1980 nonché alla Sentenza, III Sez. Civ. n. 18989 del 01/09/2010.

Non a caso, pur segnandosi il discrimen nella presenza, tanto per negativa quanto positiva condotta, di un qualsivoglia accordo sul “testo” (il richiamo si presume essere al profilo contenutistico), non ci si può esimere dal chiedersi che ruolo abbia la “funzione del documento in bianco o che forma debba avere l’accordo su di esso incidente”. Inoltre, è necessaria, anche ai fini probatori dell’abuso o della falsità, la forma scritta o è sufficiente una intesa verbale. O meglio, cosa accade se la fideiussione bancaria in bianco non sia neppure sottoscritta, ma esista un qualsivoglia accordo verbale tra le parti, o meglio quando sia sottoscritta dalle parti, ma risulti totalmente priva di alcun riempimento. Come decifrare, nella pratica corrente, il riempimento contra pacta e quello absque pactis quando, pur esistente un accordo minimo sugli interventi futuri, il riempimento di fatto trasforma il documento in qualcosa di diverso da quel che era in precedenza, o da quella che poteva essere la ratio dell’accordo minimo, quindi costituendo una falsità materiale ?

L’interrogativo trova sicuramente terreno fertile, rilevato che in alcun caso nella pronuncia in commento si fa cenno alla “forma dell’accordo sul testo” né “alla funzione dello scritto in bianco” quando raccordata ad una sostanziale e determinate alterazione documentale. Difatti, se rispetto alla forma dell’accordo sul testo, di immagina debba essere verbale, altrimenti a nulla servirebbe parlare di falsità materiale o di abuso di bianco segno, e debba riguardare il “testo”, quindi il profilo contenutistico, dell’atto lasciato in bianco, rispetto alla “funzione” di quest’ultimo, che è cosa contrattualmente differente dalla portata letterale e contenutistica, non si comprende chiaramente quale sia la sua natura, ovvero se possa discorrersi di accordo avente funzione esterna o interna. Dire, infatti, che l’atto in bianco “non deve essere riempito”, seppur volendo ricondurlo al contra pacta, parrebbe essere cosa ben diversa dal dire “l’atto è lasciato in bianco e mai potrà essere utilizzato come fideiussione”. Detto ultimo accordo non riguarderebbe in effetti il solo profilo contenutistico, di segno positivo o negativo che voglia essere, ma riguarderebbe la funzione dell’atto, o meglio la destinazione degli effetti essenziali e causali di uno scritto vuoto, e privo di ogni  suo elemento essenziale dal punto di vista contrattuale, che,  per magia e con manipolazione verrebbe ex novo definito (per mano di una sola parte ed con indubbia mala fede) diverrebbe poi capace, stile sanatoria, di essere indirizzato a proprio piacimento.

In sintesi, si otterrà un atto produttivo di effetti per le parti ma utile e voluto da una sola di esse, ovvero dalla parte che senza l’altrui volontà ha ritenuto di trasformare l’originario atto, unilateralmente conferendogli contenuto, struttura, causa e funzione. La fattispecie, così osservata, non sembrerebbe infatti dirsi nella pratica tanto distante dalla circostanza in cui un documento sia stato oggetto di alterazione (al documento, redatto da chi ne appare autore, sono state apportate, posteriormente alla sua redazione, modifiche di qualsiasi genere da parte di altro soggetto non legittimato). Alterazione che, pur in ipotesi di riempimento contra pacta, se mutante l’essenza funzionale dell’atto in bianco non potrebbe che dirsi effettivamente trasformante l’atto originariamente lasciato in bianco.

Tornado al caso concreto, vera è la sufficienza del solo accertamento giudiziale a dimostrare la fondatezza dell’abuso di bianco segno, ma è pur vero che in astratto la Corte non ha sancito alcun espresso e positivo divieto rispetto al suo impiego per le ipotesi di riempimento contra pacta. Coerentemente a ciò, non sembrerebbe pleonastico ritenere la querela di falso sempre proponibile poiché, e di converso, se indotti a crederla sempre e comunque inammissibile, casi comunque gravi di bianco segno ovvero di errata qualificazione della falsità materiale si ritroverebbero – per il solo fatto di essere affette da minore gravità o perché precluse ritualmente in quanto erroneamente qualificate – orfani di uno strumento tutelare che, in astratto, dovrebbe potersi dire sempre assorbente di tutti gli altri rimedi civili esperibili in via sussidiaria.

Non può negarsi, ed in ciò la Corte è chiara, che l’abuso di bianco segno sia inadempimento contrattuale non rilevante quale falsità materiale (li distingue per definizione un diverso giudizio di meritevolezza ordinamenatale), ma non bisogna certo dimenticare che trattasi di fattispecie molto affini, vicine, difficili da distinguere con esattezza e che si caratterizzano, nella loro diversità, di soli elementi pratici spesso ingeneranti anche la sopravvenienza di qualificazioni giudiziali differenti da quelle addotte in prima battuta dall’attore. Allo stato, anche la scelta dello strumento più idoneo (prova dell’inadempimento contrattuale o querela di falso) all’accertamento della fondatezza della propria domanda, ad effettiva tutela dei “diritti”, resta strada impervia per l’interprete.

Pertanto, pur in presenza del fondamentale contributo interpretativo reso dalla Corte sul tema, resta viva l’attesa di altre incursioni di legittimità atte a fornire anche l’insieme degli indici pratici cui poter ricorrere per meglio coordinare le tutele esperibili.


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