Figli nati fuori dal matrimonio: è legittima l’attribuzione automatica del cognome paterno?

Figli nati fuori dal matrimonio: è legittima l’attribuzione automatica del cognome paterno?

Il Tribunale di Bolzano, con ordinanza del 17 ottobre 2019, ha sollevato davanti alla Corte Costituzionale la questione di legittimità dell’art. 262, comma 1, c.c. secondo il quale per i figli nati fuori dal matrimonio, se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori, il figlio assume il cognome del padre.

La Corte Costituzionale, con ordinanza n. 18/21 depositata in data 11.02.2021 ha ritenuto che nella perdurante vigenza del sistema che fa prevalere il patronimico, l’accordo tra i genitori in ordine all’attribuzione del cognome non sembra porre rimedio allo squilibrio e alla disparità tra madre e padre.

In particolare, la Corte Costituzionale ha censurato la disposizione di cui all’art. 262, comma 1 c.c. nella parte in cui non consente ai genitori, di comune accordo, di trasmettere al figlio, al momento della nascita, il solo cognome materno.

Ciò in quanto tale preclusione si pone in contrasto con: l’art. 2 Cost., che tutela l’identità personale; l’art. 3 Cost., sotto il profilo dell’uguaglianza tra donna e uomo; l’art. 117, co. 1, Cost., in relazione agli artt. 8 e 14 della Convenzione per la salvaguardia diritti dell’uomo e libertà fondamentali, che trovano corrispondenza negli artt. 7 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

La Corte Costituzionale è già stata chiamata a valutare la legittimità di tale disciplina, in riferimento sia al principio di parità dei genitori, sia al diritto all’identità personale dei figli, sia alla salvaguardia dell’unità familiare.

Ed infatti, sin da epoca risalente, la Corte Costituzionale ha evidenziato la possibilità di introdurre sistemi diversi di determinazione del nome, ugualmente idonei a salvaguardare l’unità della famiglia, senza però comprimere l’eguaglianza e l’autonomia dei genitori (Corte Cost., n. 586/1988 e n. 176/1988).

Più recentemente, è stato espressamente riconosciuto che l’attuale sistema di attribuzione del cognome è retaggio di una concezione patriarcale della famiglia, che affonda le proprie radici nel diritto romanistico, e di una tramontata potestà maritale, non più coerente con i principi dell’ordinamento e con il valore costituzionale dell’uguaglianza tra uomo e donna (Corte Cost., n. 61/2006).

Da ultimo, con una pronuncia del 2016, ravvisando il contrasto della regola del patronimico con gli artt. 2, 3, 29, comma 2, Cost., la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità della disciplina che non consente ai genitori, di comune accordo, di trasmettere ai figli, al momento della nascita, anche il cognome materno (Corte Cost., n. 286/2016).

Tuttavia, il legislatore è rimasto sinora inadempiente agli inviti della Corte Costituzionale.

Con l’ultima decisione richiamata, pur essendo stata riaffermata la necessità di ristabilire il principio della parità dei genitori, la Corte Costituzionale ha preso atto che, in via temporanea, in attesa di un indifferibile intervento legislativo, destinato a disciplinare organicamente la materia, secondo criteri conformi al principio di parità, permane la generale previsione dell’attribuzione del cognome paterno, destinata ad operare in mancanza di accordo espresso dei genitori.

Ciò nonostante, ad oggi, gli inviti ad una sollecita rimodulazione della disciplina in grado di coniugare il trattamento paritario delle posizioni soggettive dei genitori con il diritto all’identità personale del figlio non hanno avuto ancora seguito.

Pertanto, la prevalenza del cognome paterno costituisce tuttora il presupposto delle disposizioni che declinano la regola del patronimico nelle sue diverse esplicazioni, tra le quali rientra la disposizione censurata dell’art. 262, comma 1 c.c..

Conseguentemente, anche laddove fosse riconosciuta la facoltà dei genitori di scegliere, di comune accordo, la trasmissione del solo cognome materno, la regola che impone l’acquisizione del solo cognome paterno dovrebbe essere ribadita in tutte le fattispecie in cui tale accordo non sussista, ovvero non sia stato legittimamente espresso; in questi casi, dovrebbe quindi essere riconfermata la prevalenza del cognome paterno, la cui incompatibilità con il valore fondamentale dell’uguaglianza è stata da tempo riconosciuta dalla richiamata giurisprudenza costituzionale.

Ne consegue che neppure il consenso, sul quale si fonda la limitata possibilità di deroga alla generale disciplina del patronimico, potrebbe ritenersi espressione di un’effettiva parità tra le parti, posto che una di esse non necessita dell’accordo per far prevalere il proprio cognome.

Le considerazioni sopra esposte portano a dubitare della legittimità costituzionale della disciplina dell’automatica acquisizione del solo patronimico, espressa dall’art. 262, comma 1 c.c..

Pertanto, la Consulta non può esimersi, ai fini della definizione del giudizio sollevato dal rimettente, dal risolvere pregiudizialmente le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 262, comma 1 c.c., nella parte in cui, in mancanza di diverso accordo dei genitori, impone l’automatica acquisizione del cognome paterno, anziché dei cognomi di entrambi i genitori, per contrasto con gli artt. 2, 3 e 117, comma 1 Cost., quest’ultimo in relazione agli artt. 8 e 14 CEDU.

In conclusione, con l’ordinanza richiamata, la Corte Costituzionale mette in discussione il dogma del cognome paterno, prospettando la necessità di interventi legislativi che vedano concretizzarsi un’effettiva eguaglianza tra i genitori.


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Francesca Fumagalli

Avv. Francesca Fumagalli nata a Lecco nel 1992, dopo il diploma di maturità scientifica, ha conseguito a pieni voti la laurea magistrale a ciclo unico in giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Milano Bicocca nel luglio 2016. Iscritta all'albo degli avvocati presso l'Ordine degli Avvocati di Lecco. Presta consulenza e assistenza nella fase stragiudiziale e contenziosa su tutto il territorio nazionale nell'ambito del diritto civile, con particolare riguardo alle materie di famiglia, successioni, responsabilità medica, responsabilità civile, diritti reali e condominio, contrattualistica, recupero crediti ed esecuzioni, nonché diritto penale, diritto minorile sia civile che penale e diritto dell'immigrazione.

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